“Gestiremo il
Comune come un'azienda privata”. Di certo non si può accusare il Sindaco
Del Gaudio di nascondere le proprie idee e le proprie intenzioni. E di
questo il Movimento Speranza per Caserta lo ringrazia, perchè altrettanto
apertamente può criticare e contestare una tale
affermazione. Il Comune (per fortuna) non è un'azienda, né mai
lo sarà. Cosa ben diversa è la lotta serrata agli sprechi, ma anche su
questo ci sarebbe da ridire, perchè anche su questo fronte Del Gaudio ed i
suoi prendono vistose scivolate come l'assunzione di dirigenti a
150mila euro annui, oppure il mancato rispetto dei limiti di riduzione
imposti per legge per quanto riguarda il parco auto comunale, come
prontamente evidenziato dalla puntuale relazione del Collegio dei Revisori
sull'Ipotesi di Bilancio Stabilmente Riequilibrato. Un bilancio previsionale che la Giunta afferma
essere “ingessato” dallo stato di dissesto, ma che pur tuttavia contiene
punti preoccupanti, come il netto aumento dell'incasso da oneri di
urbanizzazione (quanti nuovi alloggi?). Ma al di là dei tecnicismi e dei crudi numeri,
dalle parole del Sindaco emerge come il dissesto tende ad essere visto
come il “lasciapassare” per abbandonare la città in mani diverse da quelle
della sua cittadinanza. Il Comune non può e non deve essere un'azienda
privata, perchè quest'ultima per definizione agisce nella logica del
profitto, senza spazio alcuno per una vera e concreta tutela dei più
deboli. In una logica di cassa, il cittadino rimane
assopito spettatore dell'esproprio dei suoi beni , in virtù di un piano di
alienazioni per oltre 28 milioni di euro, peraltro basato su un inventario
del patrimonio incompleto e di vetusta valorizzazione, che fa presagire
una frettolosa svendita piuttosto che una vendita oculata e limitata a
beni di limitato interesse pubblico.Peraltro, non va sottaciuto che l'alienazione di
un pezzo di patrimonio comunale è un azione senza ritorno. Quel bene non
sarà mai più nella disponibilità della città, e c'è da sperare che in un
futuro più o meno remoto, i nostri figli non debbano trovarsi nelle stesse
condizioni di oggi, altrimenti sarebbero costretti a mettere un bel
cartello di “vendesi” direttamente in piazza Dante. Ancora, nel nefasto Comune-Azienda, non c'è spazio
per i beni comuni. Anche gli spazi verdi, dalle piccole villette comunali
ai 330mila metri quadri del Macrico, finiscono per essere fette di torta
da offrire in pasto all'imprenditore di turno, che di certo non le vorrà
acquisire con lo spirito del benefattore, mentre questi spazi potrebbero
essere straordinari laboratori di coinvolgimento di una popolazione sempre
più disattenta, disillusa, scoraggiata. Su questo vorremmo richiamare e risvegliare la
coscienza dei casertani, che ora forse inizieranno ad accorgersi, con le
pesanti cartelle esattoriali delle imposte aumentate al massimo consentito
come da normativa del dissesto, che saremo noi tutti a pagare di tasca
nostra le conseguenze di quindici anni di pessima
gestione. Pur con le tasche più leggere, tuttavia, siamo
certi che la maggioranza dei cittadini preferirebbe rimanere proprietaria
della sua città.
Speranza Provinciale
Circolo di Caserta