16 dicembre 2013

TANTI VISITATORI AL MERCATINO DI NATALE DI SAN POTITO SANNITICO





SAN POTITO SANNITICO. Un intenso fine settimana ha animato la zona del Matese e della pianura alifana.  Mercatini di Natale, musica, artigianato nei centri storici dei piccoli comuni dell’alto casertano hanno brillato con Luci, colori, suoni della tradizione offrendo ai visitatori uno spettacolo unico con la suggestiva cornice dei centri storici, luoghi da riscoprire, amare, frequentare, fotografare. A San Potito Sannitico, successo strepitoso del  mercatino promosso dalla Pro Loco Genius Loci, con  degustazioni di tartufi del Matese già dal mattino, a cura dell’associazione micologica del Matese, sezione tartufi. Nella mattinata meraviglioso spettacolo con gli sbandieratori di Limatola. Nel pomeriggio si sono svolti il concorso del dolce più buono del mercatino, con la Gara delle Torte, e una sfilza di spettacoli con i Bottari, il Gruppo Folk di Caiazzo e gli Street Dance.  Tipicità gastronomiche e artigianali sono state il punto di forza del mercatino, di consolidata tradizione, che si è snodato fra le botteghe e i cortili del bel borgo antico fino a tarda sera.  
Pietro Rossi   

UN SUCCESSO LA MOSTRA DI BICI D’EPOCA DEGLI ANTICHI MESTIERI A PIEDIMONTE MATESE








PIEDIMONTE MATESE. Il Museo Civico “Raffaele Marrocco” di Piedimonte Matese di nuovo alla ribalta grazie ad un grande evento proposto dall’Oscar Club della borgata Sepicciano che ha organizzato in queste feste natalizie una interessantissima mostra di biciclette d’epoca come artefice degli  antichi mestieri su due ruote,  curate dall’artista Roberto Leggiero. La bicicletta oggi in tutte le sue tipologie ( city bike, da corsa, mountain bike, ibrida, ecc.) è considerata uno svago, un strumento  di allenamento per il corpo, un comodo mezzo  per muoversi nelle caotiche città, specialmente del nord, dove essa è molto più diffusa che non al sud. La sua evoluzione ha raggiunto livelli tecnici straordinari attraverso sofisticati studi del materiale sempre più leggiero, pneumatici sempre più sottili per diminuire al minimo l’attrito con l’asfalto a favore della velocità. Un tempo, parliamo della prima metà del novecento, la bicicletta ha affrancato l’uomo dalla trazione animale, divenendo il primo mezzo di trasporto individuale con sempre più crescente diffusione permettendo spostamenti sempre più veloci a costo quasi zero, ad eccezione della spesa iniziale di acquisto e di manutenzione. Certamente la bici, insieme ad altre scoperte scientifiche, ha contribuito al passaggio verso una società industriale in cui l’uomo nella sua conversione da contadino ad operaio ha invaso le città soprattutto del nord, spopolando le campagne del sud, i nostri sobborghi e favorendo l’emigrazione di tante famiglie verso il settentrione d’Italia. La bicicletta in questo periodo “divenne un mezzo di trasporto usuale, parte integrante del paesaggio quotidiano nelle città, nei paesi e nelle campagne. Permetteva agli operai della nascente industria di raggiungere più facilmente il posto di lavoro e quindi la sua diffusione si legò strettamente alla nascita e alla diffusione dell’industrializzazione in Italia” ( Luca Giannelli, La bicicletta e il lavoro, Scramasax ideazioni, Firenze 2011). Ovviamente il mezzo si adeguò anche ad altri usi, ivi compresi quelli sportivi tanto da divenire per diverso tempo lo sport più popolare in Italia. A volte, sempre in questo periodo, essa si adattò come vero strumento di lavoro permettendo all’artigiano, al contadino, gente semplice, umile,  di spostarsi nel territorio o nelle strade e piazze di vari paesi e città per portare a domicilio  i propri prodotti, la propria arte casa per casa. Queste biciclette di altri tempi hanno conservato la capacità di parlare, di rivelarci  le tradizioni e  le attività dei nostri padri. Il ricordo di questi antichi mestieri poveri, figli di un mondo povero come quello della realtà delle campagne italiane, qui rappresentati  dai  prototipi sapientemente ricostruiti .dal nostro bravo e appassionato artista, Roberto Leggiero, nella loro originale fattura, frutto di approfondita ricerca di tutti gli elementi che  compongono ogni  singolo esemplare, ci lega indissolubilmente al nostro passato, con la storia del nostro territorio. Grazie alla cura e alla passione del nostro collezionista,  attraverso questi capolavori possiamo godere di queste preziose testimonianze di un mondo ormai scomparso. Roberto fin dalla sua adolescenza ha avuto la predisposizione artistica di costruire, assemblare, inventare cose nuove. Con gli amici di sempre, William, Nello, Pino, Michele, chiusi in un garage in Via Chiesa nella contrada di Sepicciano, mettevano insieme, dopo averle smontate, pezzi di biciclette costruendo dei tandem, che alla fine non funzionavano mai perché l’asse della catena non riusciva mai allineata perfettamente. Con tutto ciò si avventuravano per le strade sconnesse della borgata e alla fine tornavano nel garage sempre a piedi, sotto lo sguardo divertito di suo padre. Altre volte costruivano dei rozzi monopattini con i quali si avventuravano per la discesa di Via Sannitica, sfidando il pericolo. La sua passione per la bici, già spontanea in lui,  è stata senz’altro potenziata soprattutto dal padre, Luigi Leggiero, per gli amici “Gigino”, che per oltre quarant’anni ha lavorato presso la ditta Capuano, punto di riferimento di tutto il circondario dell’Alto Casertano quale Concessionaria “Piaggio” e dove nell’attrezzatissimo negozio in Viale Libertà di Piedimonte Matese, gestito oggi dalla Sig.ra Anna Capuano, trovi ogni tipologia di biciclette, oltre naturalmente  a scooter  di vari tipi, a Vespe, ecc. Don “Peppino” Capuano appena dopo la guerra, all’età di 26 anni, piano piano , inizia l’avventura “Piaggio” e “vespa dopo vespa” conquista il territorio. Poi arrivano i ricambi, l’officina autorizzata, ecc.  In questo negozio di Viale Libertà, sostituendo suo padre,  ormai in pensione, presta la sua opera il nostro artista Roberto, dedito  a riparare biciclette (oggi in tempo di crisi anche alle vecchie bici, tenute sospese negli oscuri garage, viene rivolta l’attenzione da parte dei proprietari), ma soprattutto, tra un intervallo e l’altro, a ripristinare antichi telai di biciclette d’epoca. Da qui nasce la passione verso gli Antichi Mestieri su due ruote. Comincia a girare per le mostre, soprattutto a Fabriano (AN) nelle Marche, dove il Comune ha allestito una mostra permanente degli Antichi Mestieri in Bicicletta, per mercatini vari allo scopo di attrezzare le sue opere di materiale originale. Prende contatto con vari collezionisti, ma soprattutto si dà alla ricerca attraverso vari canali (internet, riviste specializzate, ecc.). Da questo suo accurato lavoro nascono i prototipi, oggetto di una rassegna, che tutti ammireranno e apprezzeranno per la loro originalità e singolarità. Per la mostra si è scelto il  Museo Civico che bene si addice ad ospitare  questo scorcio  di storia italiana a partire dagli anni venti fino agli anni sessanta ed ha un valore sociale ed educativo per quanti hanno il piacere di visitarla. La collezione con amorevole cura approntata in tutti i particolari dal nostro artista e collezionista,  dal giorno 7  al giorno 15 Dicembre 2013 sarà esposta al pubblico nel suggestivo chiostro del Museo Civico di Piedimonte Matese. L’apertura della mostra sarà preceduta da una conferenza che illustrerà per brevi tratti la storia della Bicicletta dopo l’avvento dell’era industriale, con riferimenti particolari alla Ditta Capuano, punto di legame di tutto il territorio dell’Alto Casertano fin dalla sua nascita con don Antonio Capuano. Questi i prototipi oggetto della mostra: Il Lattaio, Il Falegname, Il Barbiere, Il Prete, Il Giornalaio, Il Postino, Il Militare, Il Calzolaio, L’Arrotino, Il Fotografo, Il Castagnaro, il Contadino. Ho voluto rendere un omaggio a nonno Michele– dichiara Roberto -  dedicandogli l’ultimo mio lavoro di questa collezione, il Contadino, a lui infaticabile bracciante, esperto nell’arte degli innesti e della potatura”.
Pietro Rossi

SUCCESSONE PER L’EDIZIONE 2013 DEL MERCATINO DI NATALE TARGATO VAIRANO PATENORA


VAIARANO PATENORA.Sulla scia dei più che eccellenti e risultati ottenuti con l’uscita dello scorso anno e al pressocchè perfetto lavoro organizzativo e propositivo posto in essere dai suoi curatori, successo pieno anche per l’edizione 2013 del “Mercatino di Natale” di Vairano Pateora. Si è trattato di una manifestazione davvero ben curata che, alla fine, ha premiato alla grande l’acume, le capacità e la voglia di fare di un gruppo di persone che, innamorate a più non posso della loro cittadina di residenza, anche in questa occasione, hanno saputo tirare fuori il meglio di loro stessi, regalandosi e regalando un momento di coinvolgimento del singolo e duella collettività che ha sicuramente lasciato un segno in tutti coloro che ci sono stati e che, quindi, l’hanno potuto godere in prima persona. Alla base della buona riuscita del mercatino natalizio vairanese, ancora una volta, l’ottimo lavoro dello staff di vertice dell’Associazione Pro Loco Vairano Patenora, che, dinamicamente presieduta da Arturo Marseglia, appare uno dei sodalizi del suo genere meglio messi sul territorio. Una serie di intelligenti e lungimiranti proposte degustazione di prodotti tipici locali e le originali e di ben mirate offerte dei più che conosciuti ed ambiti prodotti  dell’artigianato locale, soprattutto di quelli legati al savoir faire e alla perizia di un gruppetto di maestri(sempre più striminzito, purtroppo) che fondano il loro meraviglioso bagaglio di conoscenze anche nella vis creativa e proponendi di mestieri del passato, di cui solo loro, essendone eredi e gelosi custodi, ne conoscono l’intimo mistero, hanno costituito l’ossatura portante di una manifestazione che, repetita juvant, ha davvero sbancato, facendo riscontrare una più che notevole partecipazione popolare e commenti positivi come non si era mai visto prima. Moderne e gradite attrattive per grandi e piccini e proposte musicali di un certo rilievo hanno fatto da eccezionale corollario ad una evenienza festiva che, per quello che si è potuto vedere, può essere tranquillamente inserita nel clou delle migliori manifestazioni del suo ambito di appartenenza.
Daniele Palazzo

Nuova rimodulazione delle sezioni elettorali a Mondragone.


MONDRAGONE. Durante le prossime settimane, direttamente nelle case di circa 6.000 cittadini mondragonesi, giungeranno gli aggiornamenti di indirizzo delle tessere elettorali.  Infatti, durante la periodica revisione semestrale, e' stata effettuata una nuova ripartizione delle sezioni elettorali che aumentano nel numero da 25 a 27. Il D.P.R. n. 223 del 20 marzo 1967 prevede la possibilità di rimodulare il territorio e redistribuire i circa 23.000 elettori mondragonesi in 27 sezioni, con una media di 800 elettori per sezione. "L’obiettivo principale - commenta l'assessore delegato Valerio Corvino - è stato quello di avvicinare la sezione elettorale al cittadino, salvaguardando al meglio la sicurezza e l’ordine pubblico durante lo svolgimento delle consultazioni elettorali". Anche gli edifici scolastici coinvolti sono aumentati, prevedendo l’ubicazione di tre sezioni al plesso sito alla via Tommaso Maria Fusco che accoglieranno gli elettori della zona mare e della via Domitiana, invece all'edificio scolastico "Bruno Ciari" di via CastelVolturno andranno due sezioni cui apparterranno gli elettori della suddetta via e delle strade vicine. "Con una maggiore razionalizzazione - dichiara il Sindaco Giovanni Schiappa - non solo si è cercato di mettere a posto quelle anomalie di chi, pur abitando nelle immediate vicinanze ad una sezione elettorale, era costretto a votare in altra sezione più lontana ma, soprattutto, si è cercato di evitare file alle urne, ritardi nei conteggi e comunque disagi ai cittadini, già dalle prossime elezioni".

Il presidente dell’AIDO racconta la Storia di una donazione di rene


Guglielmo Venditti

PIEDIMONTE MATESE. Nella società di oggi, nella crisi che attanaglia le persone, con la sensazione di essere tutti contro tutti e tutto, si corre il rischio di non cogliere le azioni positive. Quei comportamenti che testimoniano la solidarietà, l’amore, che alberga nell’animo umano, qualunque sia il rapporto che unisce le persone coinvolte. La donazione degli organi post mortem è, o meglio dovrebbe essere, un gesto naturale ed ovvio. Ma la normalità ed insieme la straordinarietà, a seconda dei punti vista, sta nel decidere di donare in vita. Per esempio possiamo entrare nella banca dati nazionale dei donatori di midollo osseo, così se mai ve ne fosse la necessità, dare una speranza di vita a chi è affetto per esempio da una qualsiasi forma di Leucemia e resistente a tutte le terapie farmacologiche e che può salvarsi solo con un trapianto di midollo. Nel caso di un organo, possiamo donare da vivente un rene, più complicato sarebbe donare porzione del fegato, per esempio tra marito e moglie, padre o madre e figlio o figlia, tra sorella e fratello. La storia bellissima che vogliamo far risaltare sui media ha come attori una un fratello ed una sorella che vivono nella nostra Città. Da una parte c’era la sofferenza psichica per la dipendenza da una macchina, come è un Rene Artificiale, per un paziente affetto da una Malattia Renale Cronica. Dall’altra la metabolizzazione di quel dolore, di quel disagio fino alla condivisione di quello stato mentale che spinge alla decisione di offrire una terapia che non si compra, né si produce in laboratorio, ma è il risultato del grande affetto che  legava e che legherà ancora di più un fratello ed una sorella. In un colloquio telefonico avuto con la donatrice, alle parole di esaltazione fatte in merito al grande gesto di amore di cui si è resa protagonista, la risposta dolce, decisa ma disarmante è stata: “….ma è stato tutto normale”. Non so se si possa definire semplicemente “ normale “, la decisione di donare un proprio rene al fratello credo che sia l’espressione più alta della bontà, dell’altruismo, dell’essere solidale, del sentire l’altro parte di te. Di tutto questo credo che tu sia da oggi una testimonial d’eccezione. Mi auguro e spero che i media vogliano soffermarsi su questa storia, che non è di cronaca nera e quindi non colpisce la morbosità di chi legge o sente la notizia, ma deve si commuovere ma soprattutto lasciare una senso di pace e serenità, in società in cui i disvalori dominano su quei principi che consentono di avere speranza che un mondo buono può esistere. Grazie amica mia a nome dell’AIDO Gruppo Comunale di Piedimonte Matese e dell’AIDO Campania.
Guglielmo Venditti

PRESENTAZIONE DEL LIBRO “L’ALBERO DI STELLE”



S. MARIA CAPUA VETERE- Un albero di stelle, e una stella è da sempre simbolo incontrastato dello spirito: simbolo di eternità, di luce, di alte aspirazioni ed ideali. Simbolo del contrasto tra luce e temebre, tra sensò e spiritualità. E nella notte dell’anima, una stella illumina il cammino del sognatore, di uno spirito puro, faro proiettato nel profondo dell’inconscio. “…Non si parlò di danaro…”. E forse questo è il leit motiv del libro di Angela, amica ineguagliabile insieme a Gaetano, sensibili e protesi alla ricerca del bello e del vero. Una ricerca interiore, la sua, che si concretizza in ogni sua scelta, in gesti e valenze che rapiscono e coinvolgono quanti sensibili al bello e al metafisico. E nel suo ultimo, breve capolavoro letterario pregno di universalità, il protagonista, che resta anonimo fino alla fine del racconto, ci narra con lapidarie  metafore, dell’autrice, in modo lampante “…Scoprì in lei una seconda natura in quel suo modo di maneggiare ogni cosa con uguale cura e consapevolezza…”, ma anche, “…La frescura di un albero di gelsi lo accolse come un padrone di casa che offre ristoro all’ospite…”. E poi “…Ci sono cose a cui tu dai un valore e gli altri un prezzo…”. Ma traspare, nella lirica dell’autrice anche il significato cristiano della morte e della resurrezione. “…Era tutto incantato, imbalsamato come in attesa di un bacio liberatorio…”. Sulla prima di copertina c’è l’immagine di un albero fantastico, immagine della natura, addobbato di stelle con un uomo ingabbiato in vesti formali, che rincorre in volo una stella: un sogno.  E la nostra fantasia corre al valore simbolico di un albero, un abete, albero sempre verde, simbolo di speranza nell’animo degli uomini e del Natale. Un albero che non muore mai, neppure nel periodo più freddo e difficile dell’anno. L’unico, nel racconto a rimanere, nel dolce abbandono del set narrativo, ritto e vigile come sentinella del tempo. E Natale, proprio nel solstizio d’inverno, è il momento in cui, dalla notte dei tempi, la divinità maschile muore, per poi rinascere in primavera. Un ciclo di morte-nascita, che lo si ritrova in moltissime culture, oltre quella cristiana.  “…Già persino la morte può diventare condizione necessaria per risorgere…”. E la casa, ed ogni cosa, rivive, dopo la morte dell’amabile figura femminile dai dolci occhi azzurri, attraverso la donazione ad un uomo capace di apprezzarne i primis i valori spirituali, e in quella casa “…Non avrebbe spostato mai niente…” A Natale, la natura vive un’attesa. L’attesa di una trasformazione, e il tempo stesso pare fermarsi. L’oscuritá regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sulle brume invernali. “…Non si può tornare se non si è mai andati via…”. La nostra gioia – così conclude Angela - si impasta con il dolore degli altri e il nostro pianto ride in destini diversi:  “…c’era già dentro l’aria profumo di Natale. L’avrebbe acceso lui, quest’anno, quell’albero di stelle…”.

Recensione di Ernesto Genoni