02 marzo 2015

Un cesto con il miele del Gruppo Cooperativo Paritetico VolAPE nelle mani di Papa Francesco



Non è ovviamente entrato da dietro le quinte il buon Papa Francesco ma ha attraversato tutta la sala e salutato la gente. Sabato, 28 febbraio, il Papa ha incontrato, nella straordinaria cornice dell’Aula Paolo VI, una delegazione dei 543mila cooperatori italiani che si ispirano alla dottrina sociale della Chiesa. Nell’invitare i presenti ad andare avanti come un “popolo in cammino” per contribuire alla “globalizzazione della solidarietà”, Papa Francesco ha raccontato la Sua visione della cooperazione, davanti a oltre settemila cooperatori arrivati da tutta Italia.  Anche una delegazione di apicoltori di VolAPE, il Gruppo che associa CoNaProA, APAM, AIACeNa, Fondazione Luigi Terriaca, Futuro Verde e FAI Molise, era presente all’evento. “Papa Francesco, ancora una volta, con semplicità ed altrettanta determinazione, ha dimostrato competenza e concretezza. Le Sue parole, come oramai ci ha abituato, sono dei veri e propri messaggi che, fuori dagli schemi tradizionali, ci raccontano il punto di vista di un Papa che rimanendo sempre nell’alveo dei principi della dottrina sociale della Chiesa, non smette mai di guardare al futuro, rifiutandosi di restare chiuso nei propri confini ed aprendosi continuamente al mondo che cammina”. Ha dichiarato Riccardo Terriaca, Presidente di VolAPE e direttore del CoNaProA, che ha guidato la delegazione di apicoltori insieme al Presidente del CoNaProA, Angelo Lombardi.   “Uno più uno fa tre!” e “Non fermatevi solo a guardare quello che avete saputo realizzare!” sono state le sue più proverbiali sollecitazioni. Una sorta di libro bianco della cooperazione racchiuso in quarantacinque minuti di intervento, le parole di Papa Francesco, in cui ha riconosciuto il grande ruolo della cooperazione per la difesa dei più deboli, senza omettere la condanna chiara ed inequivoca della falsa cooperazione. Il Papa poi, sdoganando ufficialmente il modello cooperativo dai ristretti confini dell’impresa famosa solo perché “senza finalità di lucro”, ha ricordato che senza “dinero” – come ha chiamato il capitale finanziario – i buoni investimenti non sono possibili. Dunque il Papa ha voluto evidenziare che anche le cooperative devono investire, investire bene, trasformando lo “sterco del diavolo” in strumento di bene al servizio della persona umana. Nella cooperazione autentica l’uomo deve comandare sul capitale e non viceversa. Secondo il Papa, la stessa cooperazione saprà incidere sul futuro della società, a vantaggio dei più deboli, nella misura in cui riuscirà a mettersi in gioco, a “reinventare” nuove forme cooperativistiche, puntando molto, ad esempio, sulle “empresas recuperadas”, le sempre più diffuse “workers buy out” (da dipendenti a proprietari), delle quali si è esplicitamente dichiarato un convinto “tifoso”. Un passaggio fondamentale, il Papa lo ha dedicato al processo in atto di unificazione delle Centrali cooperative (ACI – Alleanza delle Cooperative che mette insieme Confcooperative – Lega delle Cooperative e AGCI). Un percorso condivisibile che deve essere affrontato senza mai dimenticare le origini e le singole identità. Il Papa ha voluto rimarcare che la cooperazione che si ispira alla dottrina sociale della Chiesa non può restare chiusa in casa, ma quando si affaccia al mondo ed esce, deve sempre ricordarsi chi è, cosa rappresenta e da dove viene.  Per gli apicoltori il momento più emozionante è stato quando la piccola Sofia ha consegnato al Papa un cesto rappresentativo delle migliori produzioni delle imprese cooperative agricole ed agroalimentari italiane, all’interno del quale c’era anche il miele di VolAPE. Un momento indimenticabile per le apicoltrici ed apicoltori di VolAPE che, da tempo, hanno deciso di “mettersi insieme, in nome della mutualità, della responsabilità sociale, del rispetto dell’ambiente e di una apicoltura sostenibile”. E dopo aver ascoltato validi esempi di cooperazione concluse sulle note delle voci del coro non è mancata neppure la sua inconfondibile ironia: “quest’ultima è stata la cooperativa più melodiosa!”
Pietro Rossi

Da Alife a “The Voice of Italy 2015″: Amelia Villano, in arte Amy Vill, incanta il pubblico di RaiDue.


Amelia Villano

ALIFE - Lei ha soli 19 anni ma una voce da cantante navigata: ha stoffa e talento ed i severissimi giudici della nota trasmissione televisiva “The Voice of Italy”, ultima edizione del 2015 andata in onda qualche giorno fa, se ne sono subito accorti. Amelia Villano, in arte Amy Vill, è nata a Piedimonte Matese ma è di Alife, dove è cresciuta insieme ai suoi genitori (la mamma Rosalba Laurella, il papà Roberto Villano è invece di Caiazzo), e dove risiede, e sempre ad Alife ha frequentato con profitto diplomandosi lo scorso anno scolastico all‘Istituto Professionale di Stato Industria ed Artigianato “Manfredi Bosco”, indirizzo Tecnica della Moda. Un’altra particolarità: gli abiti che indossa sono per lo più da lei disegnati e creati, ed anche per questo un pò della creatività del matese ha raggiunto il pubblico televisivo di una rete nazionale, RaiDue, che ha trasmesso per intero la sua esibizione: ha interpretato, in particolare, “L’amore non mi basta”, non facile pezzo dell’artista Emma Marrone. Roberto Facchinetti, noto cantante dei Pooh, suo figlio Francesco, Piero Pelù, anima storica dell’ex gruppo rock Litfida, ed ancora Noemi, e J Ax, giudici della selezione televisiva, hanno ascoltato, stupiti ed interessati, la sua performance e le hanno dato fiducia, promuovendo la sua esibizione. Lei è una cantante, ed adora farlo (faceva sentire la sua voce in paese già all’età di otto anni), ma è anche musicista; studia canto e recitazione al Teatro Menandro di Roma. Tra le sue esibizioni anche quella alla trasmissione televisiva “Amici” nel 2013/2014, così come al Festival della Canzona di Limatola, piccolo paesino del sannio. L’artista Noemi l’ha definita “ragazza con un gran vocione”, appellandola “Amelia, la strega che ammalia”, e commentando la sua esibizione a “The Voice” già dalle prime note come una “freccia rossa dritta allo stomaco”. Roby Facchinetti ha detto di lei: “ha una vocalità ed un’estensione molto ampia”. Non ci resta che fare un grosso in bocca al lupo alla nostra Amelia, per un futuro luminoso nel campo artistico.
Pietro Rossi

I cento anni della signora Adele Tartaglia, l’Amministrazione Comunale di Piedimonte Matese omaggia la nonnina centenaria



PIEDIMONTE MATESE  - Un evento che non capita tutti i giorni di festeggiare, ma che proprio per questo assume un significato particolare, alla luce di una lunga esperienza di vita condivisa con i propri cari. La signora Adele Tartaglia, cittadina di Piedimonte Matese, classe 1915, ha spento il 26 febbraio le sue cento candeline circondata dall’affetto dei familiari e dei sentiti auguri dell’Amministrazione Comunale della città. Un traguardo raggiunto attraversando gioie e difficoltà in un secolo di storia italiana, dimostrandosi donna forte e coraggiosa, instancabile lavoratrice, soprattutto nei duri anni della Seconda Guerra Mondiale, quando il marito Nicola fu fatto prigioniero per fare poi ritorno dopo sette anni, mentre lei si occupò da sola del figlioletto di appena 15 giorni.   Nel corso della loro vita,  Adele e suo marito hanno lavorato come coltivatori diretti, con passione  e dedizione, soprattutto per quanto riguarda la coltivazione di viti e ulivi da cui sono stati ricavati sempre ottimi prodotti locali. Oggi Adele, ormai vedova, può godere dell’amore della sua famiglia, dei figli Vittorio, Mario e Luigi, e di sei nipoti: Nadia, Loredana, Adelma, Lorella, Nicola e Laura. La nonnina centenaria ha pure una pronipote di 7 anni, Matilde.  Assieme ai familiari e al sacerdote don Emilio Salvatore, c’erano con la signora il sindaco Vincenzo Cappello e Costantino Leuci, che alla festeggiata hanno voluto donare una pergamena ricordo. “Per la nostra comunità lei è un esempio di vita – le parole di augurio del Sindaco – ci stringiamo attorno a lei signora Adele, e ci promettiamo di fare tesoro della sua testimonianza di vita e del patrimonio di valori che porta con sé, affinché la sua ‘lunga giovinezza’ sia per la città motivo di compiacimento”.
Pietro Rossi