27 gennaio 2013

Un ricordo della mia Auschwitz



In questo giorno della memoria voglio portarvi la mia testimonianza sul Campo di concentramento di Auschwitz che ebbi modo di visitare alcuni anni fa in un mio viaggio in Polonia. Lo faro commentando alcune foto  che hanno impresso un ricordo indelebile nella mia memoria. 


IL CANCELLO DELL’INFERNO
Varcare questo cancello per me che lo feci da uomo “libero” è stato veramente emozionante, mentre lo facevo pensai a quante persone deportate non sapevano che una volta passato quel varco non sarebbero ritornate indietro vive facilmente. Quando entrai ero animato dalla curiosità di sapere e di vedere da vicino per “toccare con mano” questa pagina di storia aperta.

  
LE STRADINE
Ho camminato tra le stradine del Campo di Auschwitz tra tanta gente silenziosa che osservava e pensava. Sentivo solo il rumore dei miei passi nella strada polverosa ma il pensiero mi portava a qualche anno indietro, quando a camminare sui miei passi erano solo gli stivali delle SS che spezzavano, con il loro passo cadenzato, il silenzio d'oltretomba del Campo della morte. Una sensazione strana, camminavo in quel posto, che porterò sempre nel cuore, da uomo “libero” dove migliaia di persone hanno camminato da schiavi.



 IL FILO SPINATO
Ho attraversato il campo, camminavo come  in un corridoio obbligato, tra baracche abbandonate e lunghi reticolati al lato di stradine ciottolose. Il silenzio dominava ed era spezzato dai passi lenti. Sembrava quasi che il mondo si fosse fermato a sessanta anni prima.



 LE BARACCHE
E’ veramente desolante visitare una baracca e pensare quante persone ci sono passate. Anche se c’era un silenzio d’oltretomba, a tratti sembrava quasi di udire i lamenti dei deportati.

  




LA MACCHINA DELLA MORTE
La mia visita continuò e mi portò nella sezione della morte. Si proprio li, i forni, queste macchine infernali di cui tanto si è parlato e che abbiamo visto tante volte per televisione erano davanti a me. E’ raccapricciante pensare che proprio qui sono stati eliminati in massa migliaia di persone. L’ingresso e la grande sala che porta ai forni hanno un colore grigio scuro, quasi nero fumo. L’impressione maggiore per me è stata quella di sentire ancora l’odore di carne bruciata, una sensazione particolare che mi porterò  sempre dentro di me.







L’USCITA
Quando terminai la mia visita al Campo di Aushwuitz e rivarcai il “Cancello maledetto” per andare via, mi assalì un senso di tristezza per tutto quello che avevo visto. Porterò vivo nel mio cuore il ricordo delle baracche, del filo spinato, del silenzio d’oltretomba, l’odore del fumo e della carne bruciata, il rumore dei passi tra le strade ciottolose, tutte cose che non si possono capire se non si vedono da vicino. Aushwuitz non è morta. E’ viva nei nostri cuori e lo resterà in eterno.

Pietro Rossi