In questo giorno della
memoria voglio portarvi la mia testimonianza sul Campo di concentramento di Auschwitz
che ebbi modo di visitare alcuni anni fa in un mio viaggio in Polonia. Lo faro
commentando alcune foto che hanno impresso
un ricordo indelebile nella mia memoria.
IL
CANCELLO DELL’INFERNO
Varcare questo cancello per
me che lo feci da uomo “libero” è stato veramente emozionante, mentre lo facevo
pensai a quante persone deportate non sapevano che una volta passato quel varco
non sarebbero ritornate indietro vive facilmente. Quando entrai ero animato
dalla curiosità di sapere e di vedere da vicino per “toccare con mano” questa
pagina di storia aperta.
LE STRADINE
Ho
camminato tra le stradine del Campo di Auschwitz tra tanta gente silenziosa che osservava e pensava. Sentivo
solo il rumore dei miei passi nella strada polverosa ma il pensiero mi portava a qualche anno indietro, quando a camminare sui miei
passi erano solo gli stivali delle SS che spezzavano, con il loro passo
cadenzato, il silenzio d'oltretomba del Campo della morte. Una sensazione
strana, camminavo in quel posto, che porterò sempre nel cuore, da uomo “libero”
dove migliaia di persone hanno camminato da schiavi.
IL FILO SPINATO
Ho
attraversato il campo, camminavo come in
un corridoio obbligato, tra baracche abbandonate e lunghi reticolati al lato di
stradine ciottolose. Il silenzio dominava ed era spezzato dai passi lenti.
Sembrava quasi che il mondo si fosse fermato a sessanta anni prima.
LE BARACCHE
E’ veramente desolante
visitare una baracca e pensare quante persone ci sono passate. Anche se c’era
un silenzio d’oltretomba, a tratti sembrava quasi di udire i lamenti dei
deportati.
LA
MACCHINA DELLA MORTE
La mia visita continuò e mi
portò nella sezione della morte. Si proprio li, i forni, queste macchine
infernali di cui tanto si è parlato e che abbiamo visto tante volte per
televisione erano davanti a me. E’ raccapricciante pensare che proprio qui sono
stati eliminati in massa migliaia di persone. L’ingresso e la grande sala che
porta ai forni hanno un colore grigio scuro, quasi nero fumo. L’impressione
maggiore per me è stata quella di sentire ancora l’odore di carne bruciata, una
sensazione particolare che mi porterò
sempre dentro di me.
L’USCITA
Quando terminai la mia
visita al Campo di Aushwuitz e rivarcai il “Cancello maledetto” per andare via,
mi assalì un senso di tristezza per tutto quello che avevo visto. Porterò vivo
nel mio cuore il ricordo delle baracche, del filo spinato, del silenzio
d’oltretomba, l’odore del fumo e della carne bruciata, il rumore dei passi tra
le strade ciottolose, tutte cose che non si possono capire se non si vedono da
vicino. Aushwuitz non è morta. E’ viva nei nostri cuori e lo resterà in eterno.
Pietro Rossi