S. MARIA CAPUA VETERE- Un albero di stelle, e una
stella è da sempre simbolo incontrastato dello spirito: simbolo di eternità, di
luce, di alte aspirazioni ed ideali. Simbolo del contrasto tra luce e temebre,
tra sensò e spiritualità. E nella notte dell’anima, una stella illumina il
cammino del sognatore, di uno spirito puro, faro proiettato nel profondo
dell’inconscio. “…Non si parlò di
danaro…”. E forse questo è il leit motiv del libro di Angela, amica
ineguagliabile insieme a Gaetano, sensibili e protesi alla ricerca del bello e
del vero. Una ricerca interiore, la sua, che si concretizza in ogni sua scelta,
in gesti e valenze che rapiscono e coinvolgono quanti sensibili al bello e al
metafisico. E nel suo ultimo, breve capolavoro letterario pregno di
universalità, il protagonista, che resta anonimo fino alla fine del racconto,
ci narra con lapidarie metafore,
dell’autrice, in modo lampante “…Scoprì
in lei una seconda natura in quel suo modo di maneggiare ogni cosa con uguale
cura e consapevolezza…”, ma anche, “…La
frescura di un albero di gelsi lo accolse come un padrone di casa che offre
ristoro all’ospite…”. E poi “…Ci sono
cose a cui tu dai un valore e gli altri un prezzo…”. Ma traspare, nella lirica
dell’autrice anche il significato cristiano della morte e della resurrezione. “…Era tutto incantato, imbalsamato come in
attesa di un bacio liberatorio…”. Sulla prima di copertina c’è l’immagine di
un albero fantastico, immagine della natura, addobbato di stelle con un uomo
ingabbiato in vesti formali, che rincorre in volo una stella: un sogno. E la nostra fantasia corre
al valore simbolico di un albero, un abete, albero sempre verde, simbolo di
speranza nell’animo degli uomini e del Natale. Un albero che non muore mai,
neppure nel periodo più freddo e difficile dell’anno. L’unico, nel racconto a
rimanere, nel dolce abbandono del set narrativo, ritto e vigile come sentinella
del tempo. E
Natale, proprio nel solstizio d’inverno, è il momento in cui, dalla notte dei
tempi, la divinità maschile muore, per poi rinascere in primavera. Un ciclo di
morte-nascita, che lo si ritrova in moltissime culture, oltre quella
cristiana. “…Già persino la morte può diventare condizione necessaria per
risorgere…”. E
la casa, ed ogni cosa, rivive, dopo la morte dell’amabile figura femminile dai
dolci occhi azzurri, attraverso la donazione ad un uomo capace di apprezzarne i
primis i valori spirituali, e in quella casa “…Non avrebbe spostato mai niente…” A Natale, la natura vive un’attesa.
L’attesa di una trasformazione, e il tempo stesso pare fermarsi. L’oscuritá
regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo cede alla luce che, lentamente,
inizia a prevalere sulle brume invernali. “…Non
si può tornare se non si è mai andati via…”. La
nostra gioia – così conclude Angela - si impasta con il dolore degli altri e il
nostro pianto ride in destini diversi:
“…c’era già dentro l’aria profumo di Natale. L’avrebbe acceso lui,
quest’anno, quell’albero di stelle…”.
Recensione
di Ernesto Genoni