CANCELLO ED ARNONE. Credo che la forma
di umiliazione più grande per una persona sia il divenire l’imitazione
di altri individui, tanto più individui che non assurgono ad esempi da
ricordare. Posso concepire l’ idea di un bambino che imita il suo idolo calciatore,
ne copia le movenze, le gesta, ma davvero stento a digerire lo
storpiamento del proprio accento, del proprio dialetto, in favore di un
altro usato con l’intento di intimorire, prevaricare. Quanta tristezza può nascere da un pensiero così e quanto maggiormente
può crescere questa tristezza se quel pensiero è veritiero ! Non è solo una questione di ignoranza, anche se ultimamente dalle nostre
parti abbonda, è soprattutto un problema di crescita mentale. Una
crescita che fatico a trovare in questa nuova generazione. La ricerca continua di modelli completamente sbagliati da adulare è
divenuta purtroppo una forma di riconoscimento di molti, forse troppi,
giovanotti “paesani”. Tutto questo però, non deve indurre a comparazioni con la nostra “vecchia dirigenza”, ossia i nostri genitori. Il confronto a mio avviso è ingiusto, in quanto emerge una superiorità
netta, schiacciante, in favore dei nostri vecchi. Davvero non trovo
termini di paragone, eppure trent’anni dopo, con l’avvento del
benessere, della tecnologia, dello sviluppo (rapportati ai loro tempi
sia chiaro) è inverosimile. Forgiati dalla fame, (quando l’hai vissuta te la porti dentro per tutta
la vita ) hanno reagito con tenacia, con forza, un giorno alla volta,
giorno dopo giorno e cosa fondamentale non hanno mollato mai. Oggi il discorso cambia radicalmente. Oggi il credo che va per la
maggiore è l’avere tutto e subito, possibilmente diventando ricchi,
indossando abiti firmati, guidando bellissime macchine e cosa da non
sottovalutare e di primaria importanza il tutto in assenza di
sacrificio.
Senza nemmeno rendermene conto ho risposto in parte al perché è moda il dialetto altrui !
Dove trova vita questa emulazione ostentata con tanta caparbietà? Nell’ educazione? Nel quotidiano? Effettivamente una critica ad alcuni genitori sull’educazione complessiva di alcuni soggetti che fortunatamente non rappresentano il ragazzo/a medio del nostro paese la possiamo buttar giù liberamente e senza troppi patemi d’animo, come questa stessa critica la si può rivolgere verso un quotidiano che sempre più veste i panni della monotonia, della banalità e via discorrendo ma saremmo ipocriti nel soffermarci solo su questi punti in quanto a mio avviso non rispecchiano la totalità del problema che stiamo analizzando.
Credo sinceramente che il punto fondamentale del discorso invece, sia la completa assenza di personalità che fa da padrona nella stragrande maggioranza dei ragazzi (per fortuna non tutti) e che purtroppo quasi sempre ad essa vi si aggiunge l’immancabile senso di abbandono, sconcertamento, trascuratezza verso l’ adempimento dei proprio doveri.
Quel che mi preme chiedere però, tralasciando l’imposizione delle regole a cui ognuno è libero di sottostare o meno in quanto poi sfociamo nella responsabilità personale del singolo, è questo: Siamo o no stanchi di un paese dove si litiga quasi tutte le sere e per motivi futili peraltro?
Non siamo stufi di restare fermi innanzi alla nostra stessa disfatta? Il nostro stesso fallimento?
Perché è di disfatta interiore che dobbiamo parlare se a soli vent’anni hai posto limiti alle tue capacità, accontentandoti di ciò che altri ti hanno offerto e non di quello che in realtà vorresti fare.
E’ triste questa generazione e non se ne rende nemmeno conto, presi da un bicchiere di alcool (non uno solo e non solo quello) che nasconde la realtà la sera o da un paio di scarpe dal valore equivalente a cinque giornate di lavoro e che per certi versi ti fa sentire migliore.
Allora mi chiedo, guardando più in là nel tempo, tra dieci anni di tutto questo cosa ricorderemo?
Questa domanda mi riporta alla memoria il pensiero Di Hector Hugh Munro (Saki): "I giovani hanno aspirazioni che non si realizzano mai, i vecchi hanno ricordi di quello che non è mai successo." Una sorta di incitamento ad inseguire ciò che si vuole fin quando si è in tempo per evitare di avere rimpianti in futuro. Ma sono interrogativi senza risposta i giovani di Cancello ed Arnone (non tutti è quel che si spera), comparse di film in cui il finale è scontato e mai sorprendente. l’ abdicazione di persone che da motore portante quali dovrebbero essere della nostra società, a peso (e che peso! ) sempre più pressante. Un pensiero avaro, che nessuno vorrebbe fare, ma che l’onesta intellettuale e l’obiettività dei fatti ci impone, altrimenti possiamo continuare a vivere nel nostro guscio, giustificare con la spensieratezza indotta dall’età e ripeterci ancora una volta “andrà tutto bene sò ragazzi!”. Certe sere Via Settembrini sembra il Carnevale di Rio De Janeiro, solo più monotono poiché tutti adottano lo stesso travestimento, la stessa maschera ossia pecore travestite da lupi, che camminano in branco e nemmeno fianco a fianco ma per gerarchie. Dov’è la nostra forza? Dove sono finiti i nostri sogni? Forse ci si stanca ad inseguirli con lo sguardo anche da lontano!
In tutta onestà spero che il mio possa essere solo un impeto pessimistico che attraversa la mente e che la realtà mi dia quel “torto marcio” di cui sono alla ricerca. Spero …. !
Senza nemmeno rendermene conto ho risposto in parte al perché è moda il dialetto altrui !
Dove trova vita questa emulazione ostentata con tanta caparbietà? Nell’ educazione? Nel quotidiano? Effettivamente una critica ad alcuni genitori sull’educazione complessiva di alcuni soggetti che fortunatamente non rappresentano il ragazzo/a medio del nostro paese la possiamo buttar giù liberamente e senza troppi patemi d’animo, come questa stessa critica la si può rivolgere verso un quotidiano che sempre più veste i panni della monotonia, della banalità e via discorrendo ma saremmo ipocriti nel soffermarci solo su questi punti in quanto a mio avviso non rispecchiano la totalità del problema che stiamo analizzando.
Credo sinceramente che il punto fondamentale del discorso invece, sia la completa assenza di personalità che fa da padrona nella stragrande maggioranza dei ragazzi (per fortuna non tutti) e che purtroppo quasi sempre ad essa vi si aggiunge l’immancabile senso di abbandono, sconcertamento, trascuratezza verso l’ adempimento dei proprio doveri.
Quel che mi preme chiedere però, tralasciando l’imposizione delle regole a cui ognuno è libero di sottostare o meno in quanto poi sfociamo nella responsabilità personale del singolo, è questo: Siamo o no stanchi di un paese dove si litiga quasi tutte le sere e per motivi futili peraltro?
Non siamo stufi di restare fermi innanzi alla nostra stessa disfatta? Il nostro stesso fallimento?
Perché è di disfatta interiore che dobbiamo parlare se a soli vent’anni hai posto limiti alle tue capacità, accontentandoti di ciò che altri ti hanno offerto e non di quello che in realtà vorresti fare.
E’ triste questa generazione e non se ne rende nemmeno conto, presi da un bicchiere di alcool (non uno solo e non solo quello) che nasconde la realtà la sera o da un paio di scarpe dal valore equivalente a cinque giornate di lavoro e che per certi versi ti fa sentire migliore.
Allora mi chiedo, guardando più in là nel tempo, tra dieci anni di tutto questo cosa ricorderemo?
Questa domanda mi riporta alla memoria il pensiero Di Hector Hugh Munro (Saki): "I giovani hanno aspirazioni che non si realizzano mai, i vecchi hanno ricordi di quello che non è mai successo." Una sorta di incitamento ad inseguire ciò che si vuole fin quando si è in tempo per evitare di avere rimpianti in futuro. Ma sono interrogativi senza risposta i giovani di Cancello ed Arnone (non tutti è quel che si spera), comparse di film in cui il finale è scontato e mai sorprendente. l’ abdicazione di persone che da motore portante quali dovrebbero essere della nostra società, a peso (e che peso! ) sempre più pressante. Un pensiero avaro, che nessuno vorrebbe fare, ma che l’onesta intellettuale e l’obiettività dei fatti ci impone, altrimenti possiamo continuare a vivere nel nostro guscio, giustificare con la spensieratezza indotta dall’età e ripeterci ancora una volta “andrà tutto bene sò ragazzi!”. Certe sere Via Settembrini sembra il Carnevale di Rio De Janeiro, solo più monotono poiché tutti adottano lo stesso travestimento, la stessa maschera ossia pecore travestite da lupi, che camminano in branco e nemmeno fianco a fianco ma per gerarchie. Dov’è la nostra forza? Dove sono finiti i nostri sogni? Forse ci si stanca ad inseguirli con lo sguardo anche da lontano!
In tutta onestà spero che il mio possa essere solo un impeto pessimistico che attraversa la mente e che la realtà mi dia quel “torto marcio” di cui sono alla ricerca. Spero …. !
G.E.