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ed Arnone – Circa cinquant'anni fa moriva don Luigi Sturzo,
fondatore del Partito Popolare Italiano, partito laico nelle foglie ma
cristiano nelle radici con forte impronta meridionalista, con il quale i
cattolici si inserirono nella vita politica nazionale. In don Luigi, meridionalista militante fin
dalla prima ora, lo sviluppo del Sud occupa una posizione centrale nel suo
impegno pastorale e politico. Egli analizzò la questione meridionale non con
paraocchi ideologici, ma inserita nel suo quadro storico. Sturzo già nel Congresso cattolico di Bologna
del 1903 collegò "la questione cattolica" con la "questione
meridionale" intesa come una "questione nazionale". Don Luigi Sturzo parallelamente al Congresso
Cattolico ufficiale di Bologna, tenne una conferenza nella sala dei Fiorentini,
dove si riunivano i democratici cristiani, nella quale disse: "Noi non ci
conosciamo; e lo stacco si rende tanto più reale, quanto ancora non si è
trovato una ragione specifica di lavoro di tutti i cattolici d'Italia anche a
favore di una questione che non è semplicemente politica, ma che è
fondamentalmente questione di conoscenza e di condizione di animo. Penetrare nell'intimo del nostro problema
meridionale è per molti, per moltissimi, come penetrare in una contrada
inesplorata. Di fronte alla persistenza di stereotipi che impediscono una
corretta conoscenza della realtà meridionale e che «concorrono a determinare un
urto degli animi assai più disastroso che l'urto degli interessi», egli si
propone di offrire un'analisi «accurata, coscienziosa, sobria» della questione
meridionale come «un vitalissimo problema di vita nazionale» alla cui soluzione
anche i cattolici dell'alta e media Italia devono partecipare «con senno,
solidarietà e amore fraterno».Sturzo parlando delle popolazioni del Nord li
chiama "fratelli del Nord" e non "nemici" del Sud ed invoca
il principio della "solidarietà" nazionale basata sul cristianesimo. Nel discorso pronunciato a Napoli nel 1917, in
occasione del convegno "per gli interessi del Mezzogiorno Sturzo afferma
che la questione meridionale è "un problema morale e politico di
primissimo ordine (...) che ha una decisiva importanza per il nostro avvenire e
il nostro secondo risorgimento". Il
compito a cui devono spingere "le libere e forti energie" per
contribuire validamente "alla soluzione dei problemi del Mezzogiorno"
è un impegno politico e sociale animato da un rinnovato impegno morale. Per Sturzo un rinnovamento morale doveva
presupporre una visione religiosa della vita. Questa convinzione lo spinse ad
impegnarsi per far recuperare una nuova pastoralità al clero meridionale e far
rinascere nel popolo una fede convinta, da cui derivassero coerenti
atteggiamenti morali. Egli era convinto
che per operare una profonda riforma di costume e di mentalità fra le popolazioni
diseredate e avvilite del Meridione bisognava iniziare dal prete, definito da
Gabriele De Rosa, come "il primo emarginato della storia della Sicilia
nell'età contemporanea". Sturzo
sogna un prete culturalmente preparato, spiritualmente formato al sacrificio e
ad andare contro corrente, pastoralmente attivo, difensore dei diritti degli
umili contro i potenti, pronto ad interessarsi, sull'esempio di Cristo della
salvezza integrale dell'uomo. Egli ritiene che il compito più importante della
Chiesa per aiutare a risolvere il problema meridionale è quello di insistere
sulla formazione (spirituale, culturale, pastorale) del clero e sull'educazione
religiosa e civile del popolo. Sturzo
pur apprezzando il sentimento religioso del popolo meridionale, ne conosce
anche i limiti: il sentimento, senza un'adeguata istruzione e una coerente vita
morale, degenera facilmente nell'estetismo esteriore, nel cultualismo rumoroso,
nel fanatismo arrabbiato, nel dualismo tra fede (spesso unita alla
superstizione) e condotta di vita spesso immorale. Pur non negando l'importanza
del culto, egli, lamenta che le feste religiose e la predicazione tendano più
ad accarezzare la fantasia del popolo, che a investire tutta la sua vita
morale. Sturzo, pur guardando alla
religiosità popolare non con la sufficienza dell'intellettuale, ma con la
simpatia del pastore, che vive a contatto col popolo, non manca di notarne le
ambiguità e i lati negativi, con lo scopo di purificarla e di orientarla verso
una fede convinta e una pratica sacramentale autentica, una vita morale
coerente coi principi evangelici e gli insegnamenti del magistero. A don Luigi
Sturzo, nonostante alcuni limiti della sua impostazione, andrebbe riconosciuto
il merito di avere fra i primi, profeta inascoltato, gridato in difesa
dell'ambiente , di avere denunciato il pericolo di creare mega impianti
industriali inquinanti come "cattedrali nel deserto" e di avere
lottato contro quelle che, con una reminiscenza dantesca, egli chiama le tre
"male bestie" che inquinavano anche l'ambiente umano: lo statalismo,
la partitocrazia, l'abuso del denaro pubblico. Don Sturzo , che già agli inizi
del secolo scorso aveva denunciato la presenza negativa del fenomeno mafioso,
alla fine degli anni '50 sostiene che per combattere le varie mafie non basta
superare il sottosviluppo economico , ma è necessario anche uno sviluppo
culturale, morale e religioso. Nel marzo
1959, alcuni mesi prima della morte, in un "Appello ai Siciliani"
scriveva che per un autentico sviluppo bisognava puntare sull'educazione delle
nuove generazioni con "scuole serie, scuole importanti, scuole numerose,
scuole che insegnano anche senza dare diplomi, al posto di scuole che danno
diplomi e certificati fasulli a ragazzi senza cultura". Riconoscere la validità del contributo di don
Luigi Sturzo alla soluzione delle questioni meridionali, non significa
riproporle meccanicamente , ma ispirarsi al suo insegnamento per trovarne di
nuove . Il meridionalismo di don Luigi Sturzo, attento al territorio, si
inserisce nella sua concezione autonomistica concepita non solo in chiave
economico-politica in funzione di motivazioni contingent, ma anche da una
profonda esigenza etico-religiosa basata su un'antropologia sociale ispirata ai
principi della sussidiarietà, della solidarietà e del bene comune. Il professore Mario Damiano nella sua
affascinante esposizione precisa che: "Le brutture di Tangentopoli erano
già previste nella grande e dolorosa battaglia politica e morale di Sturzo
degli anni ‘50 " . Questa affermazione di Gabriele De Rosa, il maggior
studioso di L. Sturzo e delle vicende del Partito Popolare, mi ha spinto ad
immaginare un colloquio-intervista con lo stesso Sturzo sui problemi attuali
del nostro vivere per poter ripresentare - in questo momento di crisi e di sfiducia
- le radici e le idee guida del Partito Popolare Italiano fondato da Sturzo. E passa, quindi, ad evidenziare tutte le
riflessioni, le considerazioni e le intuizioni che il Nostro ha avuto a
riguardo della "nostra cara e bella Italia" . Sturzo ha sempre
immaginato la politica dell'Italia nel contesto europeo, cioè aperta al Nord
del Continente, ma anche proiettata verso il Sud euro-afro-asiatico sia per i
contatti internazionali sia perché considerava quest’ultimo fronte "la
fonte dell'equilibrio internazionale”.Per quanto riguarda l’impegno politico e
sociale, Sturzo deve essere considerato non tanto come studioso dei problemi,
ma piuttosto quale costruttore di un nuovo assetto politico e sociale dell'
Italia ed in modo speciale del Mezzogiorno. Il suo meridionalismo più che
conseguenza di letture ideologiche è sgorgato da una profonda coscienza della
condizione umana della gente del Sud e dal desiderio di realizzare più
giustizia sociale e democrazia. In lui pensiero ed azione interagiscono. Considero attuale il suo pensiero ed impegno
politico, perché afferma che: l’epopea risorgimentale ha realizzato solo
l'unità politica dell'Italia, ma occorre ancora portarne a compimento l’ unità
economica. Guido Dorso ha definito
Sturzo "un meridionale di genio"
e mi permetto di aggiungere profeta, in quanto ha previsto e additato
soluzioni ancora attuali. Molto affascinante l’esposizione del professor Mario
Damiano che ha mantenuto vivo l’interesse della platea per circa un paio d’ore.
Rilevante la presenza di giovani che hanno preso parte all’appassionante
incontro. Intanto il gruppo di “Letteratitudini” riprende la lettura dei poeti
stranieri e si è dato appuntamento al 21 Febbraio prossimo con Victor Hugo;
relatrice dell’incontro sarà la Signora Felicetta Montella.Materiale
dell’intero dibattito è rintracciabile al seguente link: www.ilcignorosa.it (categoria
letteratitudini)
A
cura di Matilde Maisto