AL
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI ISERNIA
A S.E.
Prefetto di Isernia
A tutte le
Autorità preposte
A tutti gli organi di informazione - loro sedi
DIVERSAMENTE
NEGATI, NEGATA LA DIVERSITÀ
Eccellenza,
autorità, sigg. direttori,
Castello Pandone di Venafro |
da
sempre sono stato convinto che la partecipazione attiva, convinta, spontanea
nella società, dovesse appartenere al sentire collettivo. Più importante delle
proprie cose, del personale, dovesse essere la condivisione dei problemi e
delle problematiche attinenti una massa più diversificata, una massa spesso più
indifesa di quello che si crede o più semplicemente timida di fronte alle
difficoltà. Ma ancora più importante, se mai fosse possibile una scala di
valori e priorità, sono le tragiche quotidiane vicende di quelle persone che
per loro sventura, durante la loro vita vengono a contatto con un destino
avverso, il quale, implacabilmente, quasi alleato con i più fortunati, i più
forti, si diverte ad avversare ancora e sempre più il soggetto oggetto delle
odiose attenzioni camuffandosi da destino. E si, noi tutti, pur di scansare,
tenerci il più possibile lontano da tali condizioni, ci trinceriamo dietro
parole senza contenuti: destino, fato, sfortuna, con l’unico obiettivo, spesso
inconsapevole ma tante volte mirato, di giustificarsi della propria riluttanza
ad occuparci dell’altro. E allora il destino, il fato, la sfortuna,
rappresentano la nostra salvezza, la scusa più banale in alcuni casi, ignobile
in altri. Eppure, in questo contesto così pregno di tristezza, siamo stati
capaci di interventi legislativi degni di grandi menti, di virtuosismi sociali
da far invidia ai Gandhi o Martin Luther King di sensibilità a comando, ci
siamo inventati i sostegni agli andicappati. Che brutta parola, la nostra
sensibilità ancora una volta si è ribellata, molto meglio disabili, anche
questa brutta, allora, diversamente abili. Vuoi mettere! Ogni nostro intervento
è così meschino e bugiardo che si vede lontano un miglio che la sola necessità
di trovare termini meno duri sono solo e reali esigenze dei “normali”, ancora
una volta impegnati ad allontanare “l’altro” addolcendo per il nostro palato,
per la nostra ipocrisia l’unica e tremenda realtà: “diversità”. Ci siamo
inventati volumi di parole, di tecnicismi sociali pur di far credere di essere
attenti ai problemi dei più “sfortunati”, salvo poi, sistematicamente,
disattendere qualsiasi aspettativa e applicazione delle regole. Mi viene da
pensare all’amico Luca che quotidianamente si agita nella sua Bojano, in
maniera anche troppo composta, al fine di richiamare i preposti all’osservanza
di quelle norme scritte (evidente in modo bugiardo) a difesa dei diversi ma
applicate solo in rari e fortunati casi. Leggi per lavarsi la faccia, tentativi
di riciclarsi la coscienza, con l’unico reale obiettivo, nemmeno celato, quello
di fare chiacchiere, di non dar corso alle parole. Proprio qui sta il punto,
nessuna legge sarà capace di sostituire quello che naturalmente dovrebbe
motivarci, il sentire collettivo aldilà di ogni impulso slegato dall’altruismo.
Eppure, in una sorta di mea culpa generale, implacabili e severi con noi
stessi, abbiamo disseminato leggi dure a sostegno dei diversi, pardon,
diversamente abili. L’abbattimento delle barrire architettoniche, grande
intendimento, qualche volta accennato, quasi sempre disatteso. Ma la coscienza
ce la siamo lavata, il resto si vedrà, non possiamo certo fare tutto noi!
Eppure, anche se di fronte all’insuperabile egoismo (personalmente credo
superabile) nulla è possibile attuare, si continua a non poter accettare la
sistematica disattenzione, diciamo così, delle leggi. Eccellenza, autorità,
direttori, assodata la diversità, dobbiamo fare qualcosa per assicurare a
queste persone almeno la possibilità di essere diversi. Ebbene si, sono diversi
consapevoli di esserlo e di trovarsi di fronte persone normali (diciamo così)
bugiarde e vigliacche. Non chiedo a nessuno la sensibilità mancata, quella o ce
l’hai o non s’inventa, chiedo a lettere cubitali il rispetto delle regole. La
cronaca ci restituisce, in questi giorni, la diversità dei migranti, chiusi in
gabbie al terzo millennio, esempio di carità e uguaglianza, ma ci restituisce
anche, nel suo piccolo (!), opere
pubbliche devastate nonostante pesanti interventi economici finanziari statali.
L’esempio del castello Pandone di Venafro è da ascrivere negli annali delle
vergogne nazionali. Un’opera finita, ultimata (e di questi tempi non è poco), pronta
ad accogliere masse di visitatori, di studenti, di fruitori culturali, pronta
lo era! Insani lavori postumi, hanno rigettato l’opera pubblica nel baratro
tanto da regalarci un percorso a ritroso nel tempo, purtroppo non fermandosi al
medioevo, bensì all’epoca dantesca e alla sua Divina Commedia! Percorsi di
accesso alle visite da paragonarsi a gironi infernali, discese agli inferi
piuttosto che a luoghi sicuri e gradevoli. Una volta tanto, pure i “normali”
sono in difficoltà! Ogni scolaresca guidata in quei luoghi finalmente potrà
studiare dal vivo il Sommo Poeta e “sperare” di poter toccare con mano il
profondo male! L’unico percorso di accesso all’antico maniero oggi è
rappresentato da un viottolo stretto, sdrucciolevole e a picco sul baratro
senza protezione! Finalmente anche i “normali” sono serviti! Telefonate
preoccupate di genitori, insegnanti, presidi, non sono al momento servite a
stimolare interventi dovuti. Eppure, anche in questo caso, gli andicappati sono
più “sfortunati”. I normali, per quanto in precarie situazioni di sicurezza,
possono decidere di affrontare l’insano pericolo, ma i diversi, quelli con
tante leggi a loro favore, come faranno, anche volendo rischiare a visitare il
castello? Semplice, attraverso l’accesso riservato ai “diversamente abili”,
anche loro rischiando, potranno recarsi al Pandone. Magari, le impietose pale
meccaniche, quelle che hanno scarnificato l’opera pubblica ultimata, hanno
tranciato di netto, a picco nel vuoto, quell’unica e ottima possibilità di
accesso! Ebbene si, non mi si dica che nessuno si era accorto di questa
volgarità sociale. Oggi quel luogo, difficile per i normali, è impossibile per
gli anormali, pardon, per i diversamente abili! Per una volta che potevamo
considerarci soddisfatti per un’opera pubblica degna di questo nome con tanto
di accesso per i diversi, dobbiamo ricrederci di fronte al suo abbattimento!
L’abbattimento delle barrire architettoniche è stato abbattuto dal suo
abbattimento! Eccellenza, autorità, direttori, qui viene negata anche la
diversità! Spero che un eventuale quanto dovuto intervento, non sia da
ricercare nella direzione del rispetto delle leggi, bensì al sentire
collettivo, ad un rispetto del sentimento e dell’uguaglianza non solo
sbandierata. Forse ancora di più in occasione dei centocinquanta anni
dell’Unità d’Italia! Per il momento uniti solo da uno sfrenato egoismo!
Il Segretario Regionale UILBAC Molise
Emilio Izzo