05 dicembre 2012

DIVERSAMENTE NEGATI, NEGATA LA DIVERSITÀ.



AL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI ISERNIA
A S.E. Prefetto di Isernia
A tutte le Autorità preposte
                                                                           A tutti gli organi di informazione - loro sedi

DIVERSAMENTE NEGATI, NEGATA LA DIVERSITÀ

Eccellenza, autorità, sigg. direttori,
Castello Pandone di Venafro
da sempre sono stato convinto che la partecipazione attiva, convinta, spontanea nella società, dovesse appartenere al sentire collettivo. Più importante delle proprie cose, del personale, dovesse essere la condivisione dei problemi e delle problematiche attinenti una massa più diversificata, una massa spesso più indifesa di quello che si crede o più semplicemente timida di fronte alle difficoltà. Ma ancora più importante, se mai fosse possibile una scala di valori e priorità, sono le tragiche quotidiane vicende di quelle persone che per loro sventura, durante la loro vita vengono a contatto con un destino avverso, il quale, implacabilmente, quasi alleato con i più fortunati, i più forti, si diverte ad avversare ancora e sempre più il soggetto oggetto delle odiose attenzioni camuffandosi da destino. E si, noi tutti, pur di scansare, tenerci il più possibile lontano da tali condizioni, ci trinceriamo dietro parole senza contenuti: destino, fato, sfortuna, con l’unico obiettivo, spesso inconsapevole ma tante volte mirato, di giustificarsi della propria riluttanza ad occuparci dell’altro. E allora il destino, il fato, la sfortuna, rappresentano la nostra salvezza, la scusa più banale in alcuni casi, ignobile in altri. Eppure, in questo contesto così pregno di tristezza, siamo stati capaci di interventi legislativi degni di grandi menti, di virtuosismi sociali da far invidia ai Gandhi o Martin Luther King di sensibilità a comando, ci siamo inventati i sostegni agli andicappati. Che brutta parola, la nostra sensibilità ancora una volta si è ribellata, molto meglio disabili, anche questa brutta, allora, diversamente abili. Vuoi mettere! Ogni nostro intervento è così meschino e bugiardo che si vede lontano un miglio che la sola necessità di trovare termini meno duri sono solo e reali esigenze dei “normali”, ancora una volta impegnati ad allontanare “l’altro” addolcendo per il nostro palato, per la nostra ipocrisia l’unica e tremenda realtà: “diversità”. Ci siamo inventati volumi di parole, di tecnicismi sociali pur di far credere di essere attenti ai problemi dei più “sfortunati”, salvo poi, sistematicamente, disattendere qualsiasi aspettativa e applicazione delle regole. Mi viene da pensare all’amico Luca che quotidianamente si agita nella sua Bojano, in maniera anche troppo composta, al fine di richiamare i preposti all’osservanza di quelle norme scritte (evidente in modo bugiardo) a difesa dei diversi ma applicate solo in rari e fortunati casi. Leggi per lavarsi la faccia, tentativi di riciclarsi la coscienza, con l’unico reale obiettivo, nemmeno celato, quello di fare chiacchiere, di non dar corso alle parole. Proprio qui sta il punto, nessuna legge sarà capace di sostituire quello che naturalmente dovrebbe motivarci, il sentire collettivo aldilà di ogni impulso slegato dall’altruismo. Eppure, in una sorta di mea culpa generale, implacabili e severi con noi stessi, abbiamo disseminato leggi dure a sostegno dei diversi, pardon, diversamente abili. L’abbattimento delle barrire architettoniche, grande intendimento, qualche volta accennato, quasi sempre disatteso. Ma la coscienza ce la siamo lavata, il resto si vedrà, non possiamo certo fare tutto noi! Eppure, anche se di fronte all’insuperabile egoismo (personalmente credo superabile) nulla è possibile attuare, si continua a non poter accettare la sistematica disattenzione, diciamo così, delle leggi. Eccellenza, autorità, direttori, assodata la diversità, dobbiamo fare qualcosa per assicurare a queste persone almeno la possibilità di essere diversi. Ebbene si, sono diversi consapevoli di esserlo e di trovarsi di fronte persone normali (diciamo così) bugiarde e vigliacche. Non chiedo a nessuno la sensibilità mancata, quella o ce l’hai o non s’inventa, chiedo a lettere cubitali il rispetto delle regole. La cronaca ci restituisce, in questi giorni, la diversità dei migranti, chiusi in gabbie al terzo millennio, esempio di carità e uguaglianza, ma ci restituisce anche, nel suo piccolo (!),  opere pubbliche devastate nonostante pesanti interventi economici finanziari statali. L’esempio del castello Pandone di Venafro è da ascrivere negli annali delle vergogne nazionali. Un’opera finita, ultimata (e di questi tempi non è poco), pronta ad accogliere masse di visitatori, di studenti, di fruitori culturali, pronta lo era! Insani lavori postumi, hanno rigettato l’opera pubblica nel baratro tanto da regalarci un percorso a ritroso nel tempo, purtroppo non fermandosi al medioevo, bensì all’epoca dantesca e alla sua Divina Commedia! Percorsi di accesso alle visite da paragonarsi a gironi infernali, discese agli inferi piuttosto che a luoghi sicuri e gradevoli. Una volta tanto, pure i “normali” sono in difficoltà! Ogni scolaresca guidata in quei luoghi finalmente potrà studiare dal vivo il Sommo Poeta e “sperare” di poter toccare con mano il profondo male! L’unico percorso di accesso all’antico maniero oggi è rappresentato da un viottolo stretto, sdrucciolevole e a picco sul baratro senza protezione! Finalmente anche i “normali” sono serviti! Telefonate preoccupate di genitori, insegnanti, presidi, non sono al momento servite a stimolare interventi dovuti. Eppure, anche in questo caso, gli andicappati sono più “sfortunati”. I normali, per quanto in precarie situazioni di sicurezza, possono decidere di affrontare l’insano pericolo, ma i diversi, quelli con tante leggi a loro favore, come faranno, anche volendo rischiare a visitare il castello? Semplice, attraverso l’accesso riservato ai “diversamente abili”, anche loro rischiando, potranno recarsi al Pandone. Magari, le impietose pale meccaniche, quelle che hanno scarnificato l’opera pubblica ultimata, hanno tranciato di netto, a picco nel vuoto, quell’unica e ottima possibilità di accesso! Ebbene si, non mi si dica che nessuno si era accorto di questa volgarità sociale. Oggi quel luogo, difficile per i normali, è impossibile per gli anormali, pardon, per i diversamente abili! Per una volta che potevamo considerarci soddisfatti per un’opera pubblica degna di questo nome con tanto di accesso per i diversi, dobbiamo ricrederci di fronte al suo abbattimento! L’abbattimento delle barrire architettoniche è stato abbattuto dal suo abbattimento! Eccellenza, autorità, direttori, qui viene negata anche la diversità! Spero che un eventuale quanto dovuto intervento, non sia da ricercare nella direzione del rispetto delle leggi, bensì al sentire collettivo, ad un rispetto del sentimento e dell’uguaglianza non solo sbandierata. Forse ancora di più in occasione dei centocinquanta anni dell’Unità d’Italia! Per il momento uniti solo da uno sfrenato egoismo!
  

                                                                                        Il Segretario Regionale UILBAC Molise
                                                                                                                                          Emilio Izzo