Da
diversi anni, tutti ne richiedevano l’abolizione poiché
nell’immaginario collettivo venivano e vengono identificate come grossi
carrozzoni voluti dalla politica necessarie a drenare denaro pubblico e
fornire vitalizi a buon mercato, eppure, adesso che il governo Monti
intende razionalizzarle, è tutto un fiorire di proteste e distinguo che
si alzano da ogni angolo dello stivale. Ovviamente stiamo parlando delle
province e del loro carico di consigli, giunte, scorte, uffici, utenze,
pasti e prebende; parliamo di quegli enti che
con la manovra di Ferragosto di un anno fa Silvio Berlusconi, con
analoga riforma, non aveva trovato il coraggio di ridurre ed
armonizzare. Prima di farlo abbiamo dovuto digerire l’Iva al 21%, la
pensione a 67 anni e l’esodo dai nostri posti di lavoro e tutto perché
diventare provincia era diventato un simbolo laico da sfoggiare,
paragonabile ad un’amante giovane per un uomo di successo. In Italia ne
scompariranno parecchie, in Campania sicuramente sparirà Benevento, che
sarà probabilmente accorpata ad Avellino, e forse sparirà anche Caserta,
la città, troppo vicina al capoluogo Partenopeo, difficilmente manterrà
il suo status. Sarà questa l’occasione per mettere una pietra tombale
sulle decotte polemiche del becero campanilismo italiano post-bellico:
nessuno chiederà più di staccarsi e di andare col Molise e la cantilena
del napolicentrismo, buona sempre per strappare qualche facile applauso
in tutte le occasioni ed in tutte le salse passerà tra i ricordi del
tempo. Chissà, magari si troveranno i soldi per costruire finalmente
l’aeroporto di Grazzanise e qualcuno comincerà finalmente a comprendere
che sono finiti i tempi delle rendite di posizione. Ai Presidenti di
provincia eletti in quegli stessi partiti che sventolano l’abolizione
delle province come il toccasana per risolvere tutti i problemi
dell’Italia, agli stessi che sedendo in parlamento e mantenendo doppi e
tripli ruoli votano in maggioranza le stesse misure che a Roma
sostengono ed in periferia attaccano chiediamo maggiore serietà.
Finalmente, la razionalizzazione dei costi dello stato statali, promessa
sin dal 1994, arriva anche a casa nostra, e c’è solo da rallegrarsi.
Mimmo Testa
Rcn