Amedo Insero |
CAIAZZO
- Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania si è
definitivamente pronunciato sul ricorso presentato da Amedo Insero
contro il comune di Caiazzo. "In considerazione della natura della
controversia e delle questioni trattate si ravvisano giusti motivi per
la compensazione delle spese", si legge sulla sentenza depositata in
segreteria il 23 maggio 2012. Visti il ricorso e gli allegati, l'atto
di costituzione in giudizio, le memorie difensive, uditi i difensori e
data per letta nell'udienza pubblica del 9 maggio la relazione del
dottor Francesco Guarracino, il Tar ha respinto le ragioni del
consigliere di opposizione, il quale aveva chiesto
l'annullamento delle deliberazioni di consiglio comunale nn. 17, 18,
19, 20, 21 e 22 del 5 agosto 2011. Tre i motivi di censura secondo
Insero: "l'avviso di
convocazione era stato sottoscritto dal presidente del consiglio in
violazione dell'art. 35 del regolamento del consiglio (per il quale la
convocazione è disposta dal sindaco), che l'avviso di convocazione non
gli era mai stato comunicato precludendogli la partecipazione alla
seduta e in subordine che essendo la seduta durata 15 minuti ciò avrebbe
reso evidente che la votazione non era stata preceduta dalla preventiva
illustrazione degli argomenti da parte dei relatori". Secondo il Tar, dunque, "la
sottoscrizione dell'avviso di convocazione è stata legittimamente
apposta dal presidente in osservanza del comma 2 dell'articolo 25, in
base al quale "il Presidente convoca, previo visto del Sindaco, il
Consiglio comunale". Per quanto riguarda la ritualità della convocazione, "è circostanza pacifica tra le parti che, stante l'assenza dal suo domicilio, essa non sarebbe stata consegnata nelle sue mani".
Al riguardo all'amministrazione ha prodotto in giudizio una
dichiarazione del responsabile del servizio amministrativo (Franco Della
Rocca) in cui egli afferma di aver contattato telefonicamente il
ricorrente in data 30 luglio (5 giorni prima della seduta) per
avvertirlo che non era stato possibile consegnare la convocazione presso
la sua abitazione e che la stessa era stata consegnata dal messo presso
l'abitazione dei genitori; nonchè una dichiarazione dell'addetto
all'ufficio protocollo (Filomena Cammarota) attestante che il giorno 3
agosto, dop aver fatto richiesta telefonica, il ricorrente aveva
ritirato presso l'ufficio tutti gli atti a corredo dell'ordine del
giorno del successivo consiglio comunale. "Per queste ragioni - si legge nella sentenza - non
potendosi ritenere provata l'affermazione che la comunicazione
dell'avviso di convocazione sia avvenuta con modalità irrispettose dal
dettato regolamentare, la censura non può essere accolta". Quanto al terzo motivo, "le
concrete modalità di svolgimento della seduta non possono aver inciso
sul corretto esercizio del mandato da parte del ricorrente, non avendo
egli partecipato a quella seduta".
Il ricorso dunque è stato respinto, una causa che è costata
all'amministrazione comunale per la difesa circa 5mila euro, circa 10
milioni delle vecchie lire attinti dalle casse comunali.
c.s.