Mons. Valentino Di Cerbo |
Sul Natale si sono riversati i “buoni sentimenti”, che trasformano i diritti in privilegi o concessioni; si è riversato il consumismo, che sposta l’attenzione dalle persone alle cose, dal mistero all’utile; si è riversata la logica del bene come “isola dalla vita” e non come dimensione di un’esistenza chiamata ad essere dono e ad irradiare pace e fiducia; si è riversata la crisi che trasforma questa festa in nostalgia di una sazietà spensierata e senza problemi… Da discepoli del Signore, ci domandiamo: il nostro, è ancora Natale? Serve all’uomo di oggi? Eppure, l’evento che è alla base della festa più sentita dell’anno vuole portare la nostra attenzione non sul superfluo, ma sull’essenziale, sul miracolo di quella vita umana che è così grande, al punto che lo stesso Figlio di Dio ha voluto farne parte, incarnandosi nel seno della Vergine Maria. Dio che diventa uomo ci dice che qualsiasi essere con il volto umano è grande, perché assomiglia al Figlio di Dio. Questa verità non vuole soltanto intenerirci e suscitare ricordi struggenti, ma ricordare a ciascuno che non esistono uomini e donne di serie A e di serie B; che i privilegi che alcuni si arrogano sono una vergogna e sono in contraddizione con la vita stessa; che il Natale è la festa della legalità, laddove legalità è impegnarsi per assicurare diritti reali a tutti e sentirsi umiliati quando un uomo è costretto a rendere omaggi servili ad un suo simile per difendere la propria dignità e affermare i propri diritti. Mi domando spesso se nel nostro territorio – dove pure si vanno moltiplicando incontri sulla legalità e la fede cristiana è radicata nella cultura locale – il Natale sia davvero la festa della dignità degli uomini e delle donne che qui dimorano, se dietro i volti delle brave persone che frequentano le nostre assemblee liturgiche o che in questi giorni facilmente si dichiarano cristiani si nasconde la gioia di aver rispettato sempre i diritti del dipendente o del vicino di casa meno fortunato, delle mogli o dei figli (spesso vittime di violenza psicologica e fisica), dei genitori anziani e abbandonati alla loro solitudine; di aver adempiuto quei doveri civili (pagamento delle tasse, rifiuto della raccomandazione e dei privilegi delle nostre piccole caste, rispetto dell’ambiente, orrore di vantaggi non legali, solidarietà verso chi è come noi, ma si trova nell’indigenza…), che soli rendono un’esistenza in sintonia con Colui che ha assunto la nostra natura umana per dirci che siamo tutti figli e fratelli e che soltanto la fedeltà a questa nostra identità profonda rende la vita bella… La celebrazione del Natale ritorna per coinvolgere anche noi, per essere nostra. Non sciupiamo questo invito forte, che ci viene dalla Grotta in cui un bambino, povero come tanti, ci dice che Dio si fa uomo perché tutti i poveri del mondo, anche quelli dell’Alto Casertano, possano vivere una vita degna dell’Amore che li ha generati e che vuole riscattarli da tutte le ingiustizie e le violenze. Buon Natale così, miei cari Diocesani! Con ciascuno di voi vorrei costruire nella nostra Terra un mondo più bello, sul modello di Colui che, facendosi tenerezza, ci ricorda che siamo amati e perciò possiamo osare.
+ Valentino, vescovo
+ Valentino, vescovo