sito archeologico di capo di Campo |
CASTELLO DEL MATESE. L’Amministrazione
Comunale di Castello del Matese ha provveduto alla messa in sicurezza del sito
archeologico di capo di Campo , con l'avvicinarsi delle gelate invernali il
sito archeologico è stato protetto con un telo e ricoperto di uno strato di
argilla espansa. Lo scavo, avviato nel 2010, è stato reso possibile da una collaborazione tra il Comune di Castello
del Matese, l’Università degli Studi del Molise e la Soprintendenza
Archeologica delle province di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta e rientra
in un più ampio progetto teso a definire le forme di occupazione e utilizzo in
età antica del comprensorio matesino. Il
sito di Capo di Campo è posto all’estremità sud-orientale della piana occupata
dal lago del Matese, a circa m 1050 sul livello del mare, a ridosso di un
tratturo che ricalca uno dei percorsi che in antico permettevano di scavalcare
il massiccio matesino collegando la Campania al Sannio. Esso è infatti a ridosso della strada che,
lasciata la valle del Volturno nei pressi di Alife e raggiunto il passo di
Miralago, discendeva lungo il fianco settentrionale della Serra delle Giumente
e, attraversata la piana lacustre, proseguiva lungo le pendici di Costa Catena
fino al Pozzacchio; da lì, oltrepassata la sella del Perrone, risaliva verso
Marianelle, raggiungeva le Tre Torrette, passando sotto la fortificazione
sannitica che la controllava, le girava intorno percorrendo Valle Uma e poi
ridiscendeva, attraversando il santuario di Campochiaro, fino a raggiungere la
sottostante piana di Bojano ove incrociava il tratturo Pescasseroli - Candela. Gli
scavi hanno restituito i resti di un edificio pubblico di età sannitica,
probabilmente un santuario, abbandonato nei primi anni del I secolo a.C. Esso
doveva essere parte di un più ampio insediamento del quale è auspicabile che,
con il prosieguo dei lavori, venga meglio delineata la forma e le funzioni. Sul
finire del I secolo a.C., le strutture ancora emergenti dell’edificio sannitico
furono riutilizzate per la costruzione di un nuovo impianto, verosimilmente a
vocazione pastorale come suggeriscono i numerosi pesi da telaio che sono stati
fin qui rinvenuti e che documentano una
attività di lavorazione della lana, legata all’allevamento ovino. L’impianto,
abbandonato nella seocnda metà del II secolo d.C., può essere identificato con
un saltus estivo, termine tecnico
utilizzato a Roma per indicare quelle aziende specializzate nell’allevamento
transumante, soprattutto ovino, e costituite da un pascolo montano, attrezzato
con ambienti per la lavorazione e la trasformazione dei prodotti e per ospitare la manodopera ivi impiegata,
ed un pascolo invernale a valle dove
animali e uomini svernavano; non sono noti molti impianti di questo tipo
e, di conseguenza, l’abitato di Capo di Campo riveste una grande importanza per
comprendere come fosse articolato un pascolo di alta montagna. Dopo il suo
abbandono, l’edificio rapidamente si degradò; sul finire del III secolo,
comunque, venne edificata una nuova struttura che potrebbe aver vissuto almeno una
trentina d’anni, fino ai primi anni dl IV secolo. Quanto di essa finora è stato portato alla luce non permette
di avanzare ipotesi sulla sua funzione ma non è da escludere che fosse ancora
legata ad attività di allevamento.
Pietro Rossi