Grande,
nella sua cruda realtà! Così mi appare l’opera di Barbara Martinelli Kohler.
Sentimenti atroci popolano la vicenda narrata. Momenti di vita vissuta, lenti
sprofondamenti, ordinarie circostanze ed eventi singolari ed irripetibili:
questi gli scenari illustrati, queste le emozioni che l’Autrice ci propone. Il
vasto universo dei ricordi, dai più dolorosi a quelli segnati da una tenerezza
dolcissima, è la sostanza degli accadimenti raccontati. Da essi emerge un
ricordare che, nonostante tutto, fa bene all’anima, la addolcisce, la spinge
all’ottimismo della ragione, sebbene la navigazione della memoria non sempre si
muova sulle rotte della felicità. L’Autrice racconta tutto questo senza veli,
ma con pudicizia. La forma che Barbara predilige è quella diaristica con una
meticolosa cronologia dei fatti accaduti; fatti che suggellano la paura – il
dolore – la sofferenza ed infine, con la guarigione, la speranza e la gioia. L’approccio
epistolare agevola il dialogo, che non esita a svelare segreti, emozioni,
situazioni caratterizzate per lo più da intime fibrillazioni che non tutti sono
disposti a sciorinare con immediatezza senza riserve, ma lei desidera
rendere pubblica la sua storia, infatti dice: “In tutti questi mesi, mi sono
sempre chiesta se fosse il caso di scrivere l’ennesima storia di tumore, dopo
averne viste e lette già tante in passato. Poi mi sono detta: forse la mia
esperienza personale può servire anche ad altre donne e un libro in più o in
meno sull’argomento può fare la differenza, dato che so di molte ragazze e
donne mie conoscenti o amiche che non si fanno mai controllare da un medico,
vuoi per paura, vuoi per carattere, per un certo atteggiamento verso la vita o
che altro…” Una storia che è stata scritta sicuramente per superare il dolore,
ma anche per dare speranza alle persone afflitte dal medesimo male. E’ molto
bella la pagina che chiude il lavoro di Barbara, allorché lei dice: “Sono a
casa da sola. Sono in giardino perché Thomas e Lorenzo sono in giro in bici e
Kelly è andata a giocare da un’amichetta. Ci sono 25 °C e tutto è tranquillo
perché è la festa del lavoro per cui c’è un silenzio quasi surreale… I miei
pensieri sono andati tutto d’un tratto a una mamma del doposcuola che, come me,
aveva avuto un tumore al seno l’anno dopo di me (2009), però non dello stesso
tipo del mio, il suo è molto probabilmente ereditario perché sua nonna e sua
mamma sono purtroppo morte di quello, e che mi aveva detto, l’ottobre scorso
(2011), che purtroppo le avevano trovato delle metastasi ai polmoni… ora le
hanno trovato metastasi al fegato… Me lo ha detto un’altra mamma del nostro
gruppo e mi sono sentita davvero male per lei quando l’ho saputo. E, all’epoca
della sua operazione, mi aveva detto che i suoi linfonodi ascellari erano tutti
puliti, anche i sentinella……ma mi chiedo: perché la chemio non ha funzionato?
Non mi sembra possibile sentire un caso estremo come quello! Mi dispiace
tanto…L’altra mamma mi ha riferito che le hanno dato solo più di quindici anni
di vita, ma per dire tanto… potrebbero anche essere solo dieci! O anche meno…
(e lei ha trentotto anni e una figlia di sette!!!) E mi chiedo se, con una
giornata così bella, non mi debba sentire in colpa per essere felice…Sono qui,
penso al suo destino, penso che oggi anche lei vede e vive questa giornata, ma
forse non riesce ad essere felice come lo sono io ora, al sole, in giardino, al
silenzio, ascoltando solo il canto degli uccellini qui intorno… Come si fa a
non amare una giornata così? Come si fa a non amare la vita? Lei forse, adesso
non ce la fa ad amare questa splendida giornata… O forse si, proprio per il suo
destino infame… forse sì… la ama, forse ancora di più e non pensa al futuro.
Matilde Maisto