Con la
visita guidata di questo pomeriggio, presso il sito paleolitico che prende il
nome delle ormai famosissime “Ciampate del Diavlolo”, sono riprese le attività
didattico-divulgastivo-culturali curate dalla’Associazione “Le Orme”, Tora
e Piccilli,che è presieduta dalla
dinamicissima Simona Fragasso. Alle ore 16.00, un gruppetto di appassionati di
storie e paleontologia umana ed alcuni turisti, più o meno interessati allo
spirito dell’iniziativa, si sono radunati nella della cornice di piazzetta
Foresta(è quella che si trova nei pressi della Chiesa di Sant’Andrea Apostolo)
e, di lì, ottimamente supportai da brave e comptenti guide turistiche targate
“Le Orme”, sono partiti alla volta della notissima area archeologica locale.
“E’ stata un’esperienza davvero molto emozionante, ci ha detto uno dei partecipanti.
Ferma la bravura delle guide che ci hanno assistito durante il percorso stabilito,
ha continuato l’escursionista nostro interlocutore, la consapevolezza che
stavamo camminando su un terreno il cui suolo era stato calpestato da nostri
antichissimi antenati che avevano lasciato vivide prove del loro passaggio in
questi luoghi, ci ha donato emozione su emozione, trasformando l’esperienza da
noi vissuta in loco in un evento eccezionale e sicuramente ricordevole.” Secondo
lo studioso Paolo Minetto, dell’Università degli Studi di Padova, le impronte
toresi appartengono all'Homo Heidelbergensis, ominide che viveva In zona circa
350mila anni fa. Inoltre, la datazione fornita dallo stesso luminare padovano,
indica le “ciampate” in questione come le più antiche mai trovate del genere
Homo e questo è un record positivo per un cento dell’alto casertano che si è
sempre distinto per la grandezza e l’unicità del complesso di testimonianze storico-artistico
di grande presa sia sul turista che sullo studioso che anche sul semplice
viandante. Il Professor Miletto dice anche che le 56 impronte da lui esaminate appartengono
ad un gruppo di tre individui che, 350.000 anni or sono, scesero lungo il
fianco della montagna formato da fanghiglia calda. Nei punti in cui si scivolava,
gli uomini si sono aiutati anche con le mani, lasciando pure alcune impronte degli arti superiori.
Probabilmente un vento secco ha asciugato velocemente il terreno, così da conservare
nel tempo quelle preziose testimonianze. Non c’è che dire, parliamo di un luogo
che trasuda storia e cultura da ogni petra, anzi da ogni “ciampata”
Daniele Palazzo