ALIFE. Il Consigliere di opposizione Giuseppe Santagata è intervenuto sulla delibera di giunta n° 82 del 29 ottobre. La delibera in questione, ha dichiarato Santagata, che la giunta comunale ha sviluppato in materia di tutela delle fasce deboli per quel che riguarda la mensa, è argomento che voglio evidenziare e portare a discussione nel merito. Ritengo che l’amministrazione ha voluto evidenziare una sensibilità nei confronti delle persone più disagiate. Indubbiamente è un passo in avanti rispetto alla amministrazione precedente che, dalla lettura della delibera di giunta comunale n° 20 del 24 marzo 2009, cito testualmente “la giunta con voti unanimi delibera di approvare le tariffe per il servizio mensa nella misura unica equivalente al costo complessivo … fatta salva la facoltà dell’ente di prevedere interventi in favore delle fasce deboli ….”, indubbio quindi che la sensibilità massima della giunta Vitelli era la discrezionalità stessa degli amministratori. L’amministrazione di oggi invece ha abbandonato quel vecchio progetto e ha iniziato a diversificare i costi però, a mio avviso, in questo caso trascurando non formalmente ma sostanzialmente la legge e non badando realmente alle tasche di tutti i cittadini. Dico questo, continua Santagata, in quanto il comune di Alife ad oggi ancora non ha un regolamento in materia di povertà ed assistenzialismo che potrebbe far evidenziare subito le famiglie meno abbienti, e perché il Comune stesso in quanto erogatore del servizio mensa non ha tenuto conto di stabilire contribuzioni a carico degli utenti in misura non inferiore al 36% dei costi come previsto dal d.l. 359/87. Quindi, quanto appena deliberato dalla giunta comunale con delibera n° 82 del 29 ottobre, cioè di “regalare” diverse somme economiche di buoni pasto solo per le fasce deboli, anziché di far compartecipare il pubblico con il privato in tutte le fasce, è innaturale e rischia non solo di creare economicamente dei vincoli a cui si dovrà adeguare il prossimo bilancio comunale, dovuto all’apertura di un capitolo ad hoc con un ammontare di circa ventottomila euro per l’argomento, ma anche di stimolare più sottili forme di clientelismo. La delibera, conclude Santagata, interviene a favore delle persone con certificati Isee fino a 6500 euro e ci vuole poco a notare che una famiglia monoreddito con tre figli supera tale parametro. Invece, proporre di far compartecipare il cittadino con il comune darebbe la possibilità di far risparmiare tutti i cittadini e non solo una fascia peraltro limitata. Ritengo che il buono mensa deve essere pagato diversificando i costi, quindi portando un esempio, un cittadino con Isee pari a zero lo potrà pagare 50 centesimi, mentre un cittadino con un Isee pari a 6501 euro lo potrà pagare un euro e non nella sua totalità dei tre euro come accade oggi. Ultima riflessione è l’aumento del buono mensa che nel giro di tre mesi è aumentato del 20% (€ 51 a giugno - € 60 a settembre), cosa inusuale in un periodo che vede avanzare una crisi economica generale. Come dice Guccini spero che non si faccia “del qualunquismo un arte”.
Pietro Rossi