Il futuro nella chirurgia delle
fratture vertebrali traumatiche si chiama Osseofix, una procedura che segna
l’evoluzione rispetto alle tecniche tradizionali della vertebroplastica e della
cifoplastica. OsseoFix, infatti, permette di stabilizzare le vertebre con lo
stent, una sorta di gabbia in titanio, applicabile con un intervento
mininvasivo, riempita di cemento acrilico solidificato.
Il dispositivo di ultima
generazione, importato in Italia dalla Scient’x di Milano e dal dott. Marcello
Bartolo, Responsabile della Neuroradiologia diagnostica e terapeutica
dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli (IS), Past-Presidente della Società di
Neuroscienze Ospedaliere (SNO) e di recente eletto Consigliere della
Associazione Italiana di Neuroradiologia Diagnostica e Interventistica (AINR),
non è ancora molto diffuso nelle pratiche cliniche di molti specialisti
italiani. È per questo che il dott. M. Bartolo, che ne è stato il primo
utilizzatore in Italia, tiene semestralmente un workshop di aggiornamento
aperto ai colleghi (come ortopedici, neuroradiologi e neurochirurghi) per poter
condividere questa nuova tecnica attraverso un momento teorico e una
dimostrazione pratica in live surgery, come quello appena concluso, cui hanno
partecipato un Ortopedico laziale e quattro Neuroradiologi provenienti da
L’Aquila, Siena, Roma, Ferrara.
L’applicazione dello stent in
titanio risolve fratture particolarmente difficili da trattare, come quelle
traumatiche in soggetti giovani e quelle Osteoporotiche inveterate, garantendo
la consolidazione, per la vertebra, di una nuova e valida impalcatura che regga
nel tempo con una conseguente ristrutturazione vertebrale e stabilizzazione del
rachide. La vertebra, così trattata, risulta rialzata, solida e, soprattutto,
non dolorosa. Questo sistema, inoltre, evita il pericolo di fuoriuscita del
cemento, riducendo notevolmente la possibilità di complicanze post-operatorie.
L’Osseofix si pone dunque come una nuova arma a disposizione degli specialisti
anche contro la lombaggine da crollo vertebrale e, in taluni casi, nei
cedimenti vertebrali da osteoporosi, nonostante la procedura sia più indicata
nei pazienti di media età soggetti a crolli da trauma.
“Questa procedura interventistica
– spiega il dott. M. Bartolo - permette al neuroradiologo di alleviare il
dolore dei pazienti, riparando il segmento fratturato in poco tempo, spesso
senza procedure anestesiologiche totali e, soprattutto, con una tecnica
interventistica-chirurgica mininvasiva. La combinazione cemento-stent permette
il rialzamento della vertebra crollata, la solidificazione del cemento e la
stabilizzazione del corpo vertebrale con immediata risoluzione del dolore”.
L’intervento, eseguito quasi sempre in anestesia locale, dura circa
quarantacinque minuti e permette al paziente una ripresa molto rapida,
consentendogli di deambulare senza dolore a sole ventiquattro ore
dall’inserimento dello stent, con una degenza media di circa 2 giorni e senza
necessità di utilizzare busto ortopedico.