08 settembre 2012

CENTRALITA’ DELL’UOMO NELLA RICERCA.


on. Aldo Patriciello

L’on. Aldo Patriciello ha preso parte ieri alla prima sessione del corso di formazione organizzato dall’Ordine dei Medici della Provincia di Napoli dal titolo “Centralità dell’uomo: dalla bioetica all’empowerment dei servizi” tenutosi presso l’Università Federico II di Napoli, al Dipartimento di Endocrinologia Oncologia Molecolare Clinica. L’Eurodeputato, vicepresidente della Commissione ITRE (Industria, Ricerca ed Energia) in seno al Parlamento Europeo, ha discusso una relazione sulla “Centralità dell’uomo nella ricerca scientifica” enfatizzando l’indispensabilità di quest’ultima quale servizio per i bisogni del cittadino e di come la figura del rappresentante istituzionale e politico, quale interprete di quei bisogni riferiti ad una realtà territoriale, abbia un ruolo di sostegno e intermediazione. Di seguito uno stralcio dell’intervento dell’on. Patriciello.
Vorrei esprimere innanzitutto la mia gratitudine nei confronti del Presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Napoli, Dottor Zuccarelli, per avermi permesso di presentare, in questo Ordine che compie Cento Anni, le più avanzate problematiche della cultura della ricerca e della medicina che già impegnano i nostri Concittadini Europei. Il Codice Deontologico, già dalla versione del 3 ottobre 1998, non riconosce più il paziente come malato, bensì il Cittadino, ovvero l’individuo portatore di patologia. Conservare la condizione di Cittadino, quando si ha una patologia, significa riconoscere all’uomo la condizione/funzione di elemento socialmente attivo. In questi ultimi 10-15 anni l’evoluzione della cultura ha permesso al cittadino, quando portatore di patologia, di caratterizzarsi di una fisionomia sociale, e quindi giuridica, una fisionomia suis generis,  ancor più complessa, data dal sommarsi dei Diritti del ‘sano’ più quelli del ‘malato’. La sua rappresentazione all’interno delle formazioni sociali ha condotto allo sviluppo di condizioni relazionali, tra Istituzioni Sanitarie e Società Civile in generale, come anche tra singoli Istituti Sanitari ed elementi diversi della società civile, comunque con attori nazionali e/o locoregionali, inseriti all’interno degli stessi spazi assistenziali. Associazioni di pazienti, di Volontariato rappresentano oggi una forte presa di coscienza dei Diritti dell’Uomo. Questa presa di coscienza ha influito potentemente sugli iter gestionali della malattia, favorendo le scelte pro sociali, che hanno potentemente innescato il processo di revisione dei canali modali di assistenza. E faccio riferimento non solo alle caratteristiche architettoniche, per cui i nostri ospedali devono avere spazi assolutamente diversi, a quelli di solo 15 anni fa, ma anche all’aumento delle erogazioni di prestazioni in regime di day hospital rispetto ai ricoveri ordinari, come anche alla maggiore diffusione di centri ad alta specialità, riferimenti certi e di eccellenza, anche per patologie a bassa frequenza o addirittura rare. Le formazioni sociali, sostenute da Aldo Moro nel corso dell’Assemblea Costituente e che portò alla stesura dell’art.2 della Costituzione, hanno di certo contribuito ad innalzare il livello minimo e standard dell’assistenza. Queste formazioni sociali oggi rappresentano uno strumento concreto di Lobby. Anche nella ricerca sono un partner o una controparte valida e sempre più referenziata. E’ su queste Lobby che occorre porre attenzione. Da quando esistono trapianti d’organo, da quando è iniziato questo trionfo della ricerca, della tecnica e della tecnologia, la medicina stessa si è diffusa, attraverso una presenza quotidiana nelle nostre vite, si è diffusa nella sua rappresentazione come tentativo di evitare la morte evitabile. L’accettazione di questo concetto è stato istintivo, per tutti. Ma la deriva pericolosa è l’avanzamento di una ricerca, di una medicina, in cui la disponibilità delle tecniche ne vede l’uso senza alcuna finalità specifica, senza alcuna centralità, ma vede  solo il potenziamento stesso della ricerca e di un medicina, ad essa, così  asservita. La deriva pericolosa, è che troppo facilmente ricerca e medicina possano rappresentare il braccio armato della dittatura del Prodotto Interno Lordo. Possono pesantemente ‘impattare’ sui decreti attuativi delle spending rewiev che verranno. Oggi le difficoltà  della condizione economica, vengono affrontate ancora con analisi sui criteri di appropriatezza, vengono annunciate continue revisioni degli stessi al fine di evitare sprechi di risorse. Tenete presente che in Italia non sono ancora stati attaccati i principi della messa in disponibilità dei servizi al Cittadino, né sono state attuate limitazioni sanitarie, come accade in tante realtà al di fuori delle Alpi. Ed auguriamoci, per i nostri figli, che quel giorno non venga mai. Per ciò che concerne strettamente i rapporti tra Ricerca e Uomo dobbiamo renderci conto che i prodotti della ricerca e della tecnica vengono utilizzati da alcune mentalità per cercare di creare prospettive di nuove realtà e valori, non proprio nuovi, con l’intenzione che la medicina pedissequamente vi si adatti. Alcune mentalità con l’aiuto di dispositivi di propaganda, con metodi simili a quelli polizieschi relativi alla protezione terroristica, agendo sulla parte più debole e più ricattabile dell’essere umano, e cioè la paura,  vorrebbero costringere l’uomo in una rete soffocante di controlli di prevenzione medica. La disponibilità di test genetici che non solo evidenziano difetti grossolani, ma individuano anche le eccessive ripetizioni delle basi CGA come nella Còrea di Huntington, ci danno informazioni tali che permettono di individuare anche in Cittadini “sani” la suscettibilità a sviluppare malattie di cuore, cancro, malattie ematologiche, diabete. Questo fenomeno apre scenari e prospettive incredibili. Dai test genetici, oggi, possiamo avere informazioni che il nostro nascituro non può, o peggio: forse non potrà, neanche ambire ad un posizionamento di vita autonoma, nel senso che dovrà sempre dipendere da altri. Non avrà lo stesso colore degli altri e nemmeno la stessa pettinatura e non apparterrà ad un organo uniforme. Per cui  di fronte alla conoscenza di un deficit genetico dei genitori e/o del nascituro, è giusto procreare sapendo dell’anomalia? Quale sarà la vita del bambino? Quali aspettative avrà da adulto? Chi lo accudirà se sopravviverà alla morte dei genitori? È giusto, è legittimo e/o è morale lasciare il peso economico alla società? Ed in quale Società?. Possiamo mai ammettere che debba essere procreato solo un organismo che un certo tipo di mentalità vuole perfetto senza imperfezioni, senza variazioni di colore, senza punti deboli geneticamente perfetto.Una mentalità che vede l’individuo solo ed esclusivamente come una parte di un organismo. Possiamo mai ammetterlo? Voi sapete che l’alterazione genetica legata a BCRA genera una maggiore suscettibilità al cancro dell’ovaio e della mammella. Alcune mentalità vorrebbero la castrazione e l’espianto delle ghiandole mammarie nelle bambine. Drammatico… no! Altre mentalità vorrebbero che ciò avvenisse solo con la maggiore età… per una questione di consapevolezza, di responsabilità… dicono! Spero che non sia solo una questione di firma sul Consenso Informato. Se accettiamo oggi, un ‘intervento armato’ contro le bambine o donne che siano, portatrici dell’alterazione predisponente al Carcinoma Ovarico e Mammario, domani potremmo addirittura richiedere interventi analoghi contro i diabetici. Su questa suggestione ridiamoci sopra, ma non abbassiamo la guardia. Avere la disponibilità di test genetici predittivi di rischio o di suscettibilità introduce una nuova dimensione all’interno della nostra società, capace di riorganizzare i cittadini in gruppi di appartenenza che non sono proprio quelli delle preferenze nei consumi o delle scelte di comportamento e stile di vita. E’ legittimo riscrivere il diritto di partecipazione attiva alla Società secondo la valutazione del grado di eugenetica? Ecco che, sempre secondo altre mentalità, si introduce una nuova etica. Io riconosco il valore dell’Etopolitica: ovvero di quella condizione che vuole organizzare gli sforzi per modellare la condotta degli esseri umani, agendo sui loro sentimenti, sulle loro credenze e sui loro valori. Ma attenzione, a non confondere lo strumento con il risultato. Ritengo che l’etopolitica debba essere uno strumento che tenda a mantenere sveglie le coscienze, allontanando l’asservimento, ricordando la consapevolezza ed il valore dell’esercizio della scelta. Concludo con uno stralcio di un documento: ‘il pericolo è costituito dall’appiattimento culturale e dall’omologazione dei comportamenti e degli stili di vita. In questo modo viene perduto il significato profondo della cultura delle varie Nazioni, delle tradizioni dei vari popoli, entro le quali la persona si misura con le domande fondamentali dell’esistenza. Eclettismo (aggiungo io: ovvero la tendenza a combinare in modo disorganico elementi eterogenei). Eclettismo e appiattimento culturale convergono nella separazione della cultura dalla natura umana. Così, le culture non sanno più trovare la loro misura in una natura che le trascende finendo per ridurre l’uomo a solo dato culturale. Quando questo avviene, l’umanità corre nuovi pericoli di asservimento e manipolazione’. Poche righe del passo 26 dell’Enciclica Caritas in Veritate di Papa BenedettoXVI; anch’esso sulla Centralità dell’Uomo combatte certe forme di moderno medievalesimo. E’ possibile, mi domando dunque, far coincidere il bene del singolo con il bene della comunità? Questo è il mio campo d’azione e, da uomo politico impegnato nella ricerca e nella medicina, confido sia anche il vostro! Per questo penso che i medici, i professori, gli specialisti debbano rinnovare l’attenzione al futuro senza lasciarci soli”.

Ufficio Stampa On. Aldo Patriciello