Nella memoria collettiva quella del 1°
maggio è da sempre, non solo nella terminologia ma anche nella intima
convinzione di chi la celebra, la "festa" dei lavoratori e, più in
generale, di tutti coloro i quali credono nei valori evocati. Nel nostro paese,
come in tutti quelli più evoluti, il progresso economico ha portato negli
ultimi decenni a stemperare sempre più una partecipazione convinta e
consapevole del vero significato morale e politico della giornata che si è pian
piano "ritualizzata" ed istituzionalizzata con celebrazioni sempre
meno coinvolgenti sul piano dei contenuti e sempre più tendenti alla
"kermesse" capace di attrarre folla, specie giovanile. La crisi
economica ed il progressivo indebolimento di una serie di certezze e di diritti
che, almeno in Europa, avevano consentito di realizzare un sistema di rapporti
sociali ed economici avanzati in termini di equità e tutela della dignità del
lavoro, hanno riconsegnato alla "festa dei lavoratori" pienezza di
significato restituendole soprattutto una concreta funzione di testimonianza
politica. Infatti il 1° maggio è stato sempre celebrato come simbolo
di un percorso di lotte e di sacrifici che, al di là delle ideologie delle
singole componenti, tendeva alla realizzazione di società nelle quali taluni
valori di fondo - innanzitutto la giustizia sociale e la dignità umana del
lavoratore - dovevano essere posti alla base di un nuovo e migliore progetto. Nel
nostro paese questo duro e talvolta drammatico percorso trovava concreta
realizzazione nella Costituzione e nel modello di società che, pur tra mille difficoltà
e contraddizioni, la Repubblica ha costruito. Questa tendenza al progresso ed
alla giustizia ha subito, per un processo molto più generale. una radicale
inversione anche in Europa ed in Italia con una idea di sviluppo e di società
antitetica ai valori che col 1° maggio ci prepariamo a ricordare. Ecco perchè è
necessario che la festa dei lavoratori restituisca, soprattutto a quelli
che stanno soffrendo sulla propria pelle le conseguenze della indifferenza e
dell'egoismo che per troppi anni ci hanno fatto dimenticare che le
conquiste venivano da lotte vere e sacrifici veri, il valore della
speranza. Speranza nella capacità di ricostruire la buona politica, l'unità
delle forze sindacali, un tessuto di valori civili da troppo tempo abbandonati,
la capacità di partecipare e di lottare contro ciò che ci sembra ingiusto. Per
questa "ricostruzione", al di là degli ossessivi e spesso strumentali
richiami alle necessità di una economia funzionale solo alle fortune di pochi,
occorre soprattutto un grande riscatto morale per il quale abbiamo, come
Italiani, una straordinaria guida, la Carta Costituzionale, e degli altrettanto
straordinari testimoni, gli uomini e le donne, dagli statisti ai più umili
lavoratori, che ci hanno consegnato un paese con una democrazia in costruzione
ed abitato da persone che da sudditi erano diventati cittadini ed oggi sono
stati declassati a consumatori.
c.s.