Roma. Il prossimo Dicembre, dal 7 al 18, si terrà a Copenaghen il vertice mondiale sul clima che proverà a trovare una posizione comune sulla tematica della riduzione delle emissioni.
Nell'ambito di questo importante negoziato, che mira a trovare l'accordo sul quadro di impegni che dovrebbe sostituire il Protocollo di Kyoto, l’UE (la Commissione, ma anche il Consiglio dei Ministri dell’ambiente tenuto il 21 u.s) sta puntando ad un patto ambizioso e di ampia portata per evitare che il surriscaldamento planetario raggiunga i livelli pericolosi prospettati dalla comunità scientifica, vale a dire un aumento della temperatura di oltre 2°C rispetto alla situazione preindustriale.
I dati scientifici rivelano che, per rimanere entro questa soglia, i Paesi industrializzati dovranno ridurre le proprie emissioni di gas serra del 25â€40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020, mentre entro lo stesso anno i Paesi in via di sviluppo si vedranno costretti a limitare la rapida crescita delle proprie emissioni a circa il 15â€30% rispetto alla situazione attuale.
È necessario poi che le emissioni complessivamente a livello mondiale si riducano ulteriormente di almeno il 50% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. L’UE ha dimostrato di essere all’avanguardia in questa battaglia impegnandosi unilateralmente a ridurre entro il 2020 di almeno il 20% le proprie emissioni rispetto ai livelli del 1990 e, per raggiungere l’obiettivo fissato, sta attuando il pacchetto legislativo su clima e energia accompagnato da un programma di misure per l’efficienza energetica.
Si è inoltre impegnata ad abbattere le emissioni del 30% se altri Paesi industrializzati accetteranno di realizzare riduzioni comparabili e se i Paesi in via di sviluppo più avanzati economicamente daranno un contributo adeguato all’accordo.
Il coinvolgimento di tutte le nazioni del mondo, a partire da Usa e Cina e le altre emergenti, per un impegno globale sul problema più importante per tutte le generazioni future, costituisce la condizione indispensabile per avere risultati concreti. Si rischia in caso contrario un fallimento complessivo, analogo a quello registrato dal Protocollo di Kyoto.
Nel nostro Paese occorre poi essere coerenti, definendo le misure necessarie per la riduzione delle emissioni, per il risparmio energetico, per le rinnovabili, ripristinando i fondi per il ministero dell’Ambiente, drasticamente tagliati dalla Finanziaria. Altrimenti, come al solito su questo tema, spenderemo solo parole, senza produrre fatti, ponendoci in mora rispetto agli impegni già assunti, con conseguenti multe rilevanti. Vi alleghiamo per maggiore informazione il Documento che il Sindacato Europeo ha elaborato in vista della riunione dei Ministri dell’ambiente del 21 u.s. e del Prossimo Consiglio Europeo dei Governi che si terrà il 29â€30 ottobre su questo tema.
Fraterni saluti. CARCASSI
ALL.
Nel Comitato Esecutivo del 21 ottobre 2009, la CES (Confederazione Europea dei Sindacati) ha approvato una risoluzione Il cambiamento climatico, le nuove politiche industriali e le fuoriuscite dalla crisi’ , che sarà presentata al prossimo vertice di Copenaghen.
La CES rivendica la necessità di un accordo internazionale ambizioso e una giusta transizione sociale.
(Questi messaggi sono inviati dalla CES al ‘Consiglio Ambiente’ del 21 ottobre e al Consiglio Europeo del 29-30 ottobre).
La CES chiede:
· un accordo internazionale ambizioso, vincolante ed esaustivo finalizzato a limitare l’aumento globale delle temperature ad un massimo di 2°C, nel rispetto degli scenari stabiliti dal Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC), riducendo dal 25 al 40% i livelli del 1990 nei Paesi industrializzati;
· un accresciuto contributo europeo per finanziare la riduzione mondiale del cambiamento climatico;
· migliorare la governance europea, rafforzare l’ambizione del rilancio europeo, soprattutto attraverso l’attuazione di politiche comunitarie più forti in materia industriale e della ricerca;
· la legislazione sul cambiamento climatico deve prevedere misure significative in tema di competitività internazionale, in grado di garantire che i Paesi privi di un rigoroso programma sulle emissioni non beneficeranno di vantaggi non equi, ed in particolare:
1. la creazione di una ‘Agenzia Europea’ incaricata di fissare parametri oggettivi di riferimento (benchmarks) e di generalizzare a tutti i prodotti la tracciabilità del carbonio, ‘Agenzia’ aperta ai partners sociali;
2. la definizione, per mezzo di una Direttiva, di regole chiare insieme a strumenti legislativi appropriati per il mercato del carbonio, al fine di evitare tanto le speculazioni sulle quotazioni quanto le fluttuazioni troppo accentuate, e di costruire i legami fra il mercato europeo e gli altri mercati regionali;
3. favorire iniziative globali coordinate in materia di Ricerca e Sviluppo (R&D), condividere la conoscenze scientifiche, sviluppare e diffondere le tecnologie verdi su scala mondiale attraverso politiche di trasferimenti tecnologici e regole sulla proprietà intellettuale equilibrate, tenendo conto nello stesso tempo di questi bisogni e degli obiettivi sociali ed economici dei finanziatori della R&D.
Per il movimento sindacale europeo, è essenziale mettere in campo una politica industriale europea ‘povera di carbonio’, basata su una dinamica di coordinamento industriale comunitario, che permetta di andare oltre alle divisioni intra-europee e agli effetti perversi delle esigenze di guadagni a breve da parte degli investimenti industriali. Questa strategia europea ‘povera di carbonio’ di transizione deve basarsi sui principi della Giusta Transizione: dialogo fra Governo, industria e sindacato, e altri soggetti interessati al cambiamento economico e industriale; posti di lavoro verdi e decenti; investimenti nelle tecnologie ‘povere di carbone’; nuove professionalità ‘verdi’.
In questo contesto, i Sindacati europei chiedono:
· a livello europeo, la creazione di uno strumento (coordinando innanzitutto gli strumenti esistenti, come i ‘consigli di settore’), che permetta di assicurare un’azione preventiva sulle transizioni socio-economiche e che rafforzi il dialogo fra i partners sociali e i pubblici poteri.
In questo quadro, l’Unione Europea deve impegnarsi in merito alle sfide delle ristrutturazioni industriali sulle quali è aperto il confronto con i nuovi Stati membri;
· le piattaforme tecnologiche europee, integrando le tecnologie di prodotto e di processo ‘povere di carbone’, dovranno fare partecipare le Organizzazioni Sindacali ai loro sistemi di governance, ed anche tenere conto, nei lavori delle loro task-forces, delle valutazioni e delle proposte del suddetto ‘comitato di azione preventiva’;
· la creazione di un Fondo internazionale e di un Fondo europeo, finalizzati a facilitare lo sviluppo di tecnologie ‘a debole emissione di carbonio’, così come di tecnologie basate sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili nei Paesi in via di sviluppo, insieme alla sviluppo di politiche per l’occupazione basate sulla sicurezza sociale, sulla promozione del lavoro decente, sui servizi pubblici;
· una crescita ‘verde’ dell’economia che sia in grado di mantenere e di creare posti di lavoro di qualità e socialmente avanzati, attraverso tutta quanta l’economia.
Nell'ambito di questo importante negoziato, che mira a trovare l'accordo sul quadro di impegni che dovrebbe sostituire il Protocollo di Kyoto, l’UE (la Commissione, ma anche il Consiglio dei Ministri dell’ambiente tenuto il 21 u.s) sta puntando ad un patto ambizioso e di ampia portata per evitare che il surriscaldamento planetario raggiunga i livelli pericolosi prospettati dalla comunità scientifica, vale a dire un aumento della temperatura di oltre 2°C rispetto alla situazione preindustriale.
I dati scientifici rivelano che, per rimanere entro questa soglia, i Paesi industrializzati dovranno ridurre le proprie emissioni di gas serra del 25â€40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020, mentre entro lo stesso anno i Paesi in via di sviluppo si vedranno costretti a limitare la rapida crescita delle proprie emissioni a circa il 15â€30% rispetto alla situazione attuale.
È necessario poi che le emissioni complessivamente a livello mondiale si riducano ulteriormente di almeno il 50% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. L’UE ha dimostrato di essere all’avanguardia in questa battaglia impegnandosi unilateralmente a ridurre entro il 2020 di almeno il 20% le proprie emissioni rispetto ai livelli del 1990 e, per raggiungere l’obiettivo fissato, sta attuando il pacchetto legislativo su clima e energia accompagnato da un programma di misure per l’efficienza energetica.
Si è inoltre impegnata ad abbattere le emissioni del 30% se altri Paesi industrializzati accetteranno di realizzare riduzioni comparabili e se i Paesi in via di sviluppo più avanzati economicamente daranno un contributo adeguato all’accordo.
Il coinvolgimento di tutte le nazioni del mondo, a partire da Usa e Cina e le altre emergenti, per un impegno globale sul problema più importante per tutte le generazioni future, costituisce la condizione indispensabile per avere risultati concreti. Si rischia in caso contrario un fallimento complessivo, analogo a quello registrato dal Protocollo di Kyoto.
Nel nostro Paese occorre poi essere coerenti, definendo le misure necessarie per la riduzione delle emissioni, per il risparmio energetico, per le rinnovabili, ripristinando i fondi per il ministero dell’Ambiente, drasticamente tagliati dalla Finanziaria. Altrimenti, come al solito su questo tema, spenderemo solo parole, senza produrre fatti, ponendoci in mora rispetto agli impegni già assunti, con conseguenti multe rilevanti. Vi alleghiamo per maggiore informazione il Documento che il Sindacato Europeo ha elaborato in vista della riunione dei Ministri dell’ambiente del 21 u.s. e del Prossimo Consiglio Europeo dei Governi che si terrà il 29â€30 ottobre su questo tema.
Fraterni saluti. CARCASSI
ALL.
Nel Comitato Esecutivo del 21 ottobre 2009, la CES (Confederazione Europea dei Sindacati) ha approvato una risoluzione Il cambiamento climatico, le nuove politiche industriali e le fuoriuscite dalla crisi’ , che sarà presentata al prossimo vertice di Copenaghen.
La CES rivendica la necessità di un accordo internazionale ambizioso e una giusta transizione sociale.
(Questi messaggi sono inviati dalla CES al ‘Consiglio Ambiente’ del 21 ottobre e al Consiglio Europeo del 29-30 ottobre).
La CES chiede:
· un accordo internazionale ambizioso, vincolante ed esaustivo finalizzato a limitare l’aumento globale delle temperature ad un massimo di 2°C, nel rispetto degli scenari stabiliti dal Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC), riducendo dal 25 al 40% i livelli del 1990 nei Paesi industrializzati;
· un accresciuto contributo europeo per finanziare la riduzione mondiale del cambiamento climatico;
· migliorare la governance europea, rafforzare l’ambizione del rilancio europeo, soprattutto attraverso l’attuazione di politiche comunitarie più forti in materia industriale e della ricerca;
· la legislazione sul cambiamento climatico deve prevedere misure significative in tema di competitività internazionale, in grado di garantire che i Paesi privi di un rigoroso programma sulle emissioni non beneficeranno di vantaggi non equi, ed in particolare:
1. la creazione di una ‘Agenzia Europea’ incaricata di fissare parametri oggettivi di riferimento (benchmarks) e di generalizzare a tutti i prodotti la tracciabilità del carbonio, ‘Agenzia’ aperta ai partners sociali;
2. la definizione, per mezzo di una Direttiva, di regole chiare insieme a strumenti legislativi appropriati per il mercato del carbonio, al fine di evitare tanto le speculazioni sulle quotazioni quanto le fluttuazioni troppo accentuate, e di costruire i legami fra il mercato europeo e gli altri mercati regionali;
3. favorire iniziative globali coordinate in materia di Ricerca e Sviluppo (R&D), condividere la conoscenze scientifiche, sviluppare e diffondere le tecnologie verdi su scala mondiale attraverso politiche di trasferimenti tecnologici e regole sulla proprietà intellettuale equilibrate, tenendo conto nello stesso tempo di questi bisogni e degli obiettivi sociali ed economici dei finanziatori della R&D.
Per il movimento sindacale europeo, è essenziale mettere in campo una politica industriale europea ‘povera di carbonio’, basata su una dinamica di coordinamento industriale comunitario, che permetta di andare oltre alle divisioni intra-europee e agli effetti perversi delle esigenze di guadagni a breve da parte degli investimenti industriali. Questa strategia europea ‘povera di carbonio’ di transizione deve basarsi sui principi della Giusta Transizione: dialogo fra Governo, industria e sindacato, e altri soggetti interessati al cambiamento economico e industriale; posti di lavoro verdi e decenti; investimenti nelle tecnologie ‘povere di carbone’; nuove professionalità ‘verdi’.
In questo contesto, i Sindacati europei chiedono:
· a livello europeo, la creazione di uno strumento (coordinando innanzitutto gli strumenti esistenti, come i ‘consigli di settore’), che permetta di assicurare un’azione preventiva sulle transizioni socio-economiche e che rafforzi il dialogo fra i partners sociali e i pubblici poteri.
In questo quadro, l’Unione Europea deve impegnarsi in merito alle sfide delle ristrutturazioni industriali sulle quali è aperto il confronto con i nuovi Stati membri;
· le piattaforme tecnologiche europee, integrando le tecnologie di prodotto e di processo ‘povere di carbone’, dovranno fare partecipare le Organizzazioni Sindacali ai loro sistemi di governance, ed anche tenere conto, nei lavori delle loro task-forces, delle valutazioni e delle proposte del suddetto ‘comitato di azione preventiva’;
· la creazione di un Fondo internazionale e di un Fondo europeo, finalizzati a facilitare lo sviluppo di tecnologie ‘a debole emissione di carbonio’, così come di tecnologie basate sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili nei Paesi in via di sviluppo, insieme alla sviluppo di politiche per l’occupazione basate sulla sicurezza sociale, sulla promozione del lavoro decente, sui servizi pubblici;
· una crescita ‘verde’ dell’economia che sia in grado di mantenere e di creare posti di lavoro di qualità e socialmente avanzati, attraverso tutta quanta l’economia.
FONTE: UIL -ambiente