La Corte di
Giustizia dell’Unione europea è intervenute sulle norme della
direttiva n. 2000/78, inerente il divieto di discriminazioni
fondate anche sul fattore “disabilità” nel settore
dell’occupazione. I
Giudici Comunitari hanno chiarito che può considerarsi
“disabilità”
uno stato patologico causato da una malattia diagnosticata come
curabile o incurabile ove tale malattia comporti una limitazione,
risultante da menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che può
ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona alla
vita professionale su un piano di parità con gli altri
lavoratori, e tale limitazione sia di lunga durata. In
Italia, la protezione dei disabili nel settore lavorativo non ha
portata generale secondo la nozione comunitaria, ma concerne solo
quelli che ottengono lo specifico riconoscimento previsto dalla
legge n. 68/99 con riferimento alla quote di capacità lavorativa
residua. La
Direttiva
2000/78
prevede,
inoltre, l'obbligo per i datori di lavoro di adottare soluzioni
ragionevoli per i disabili in modo da favorire lo svolgimento
delle loro mansioni. Secondo la Corte, i provvedimenti di
adattamento di devono essere intensi in senso ampio di ordine
fisico, organizzativo e formativo. L'elenco delle misure destinate
a sistemare il luogo di lavoro in funzione dell'handicap può
includere anche la riduzione dell'orario, quando tale riduzione
consenta al lavoratore di continuare a svolgere il suo lavoro e
non costituisca un onere sproporzionato per il datore di lavoro. La
Corte di Giustizia ha stabilito che la direttiva 2000/78 ostacola
una disposizione nazionale che prevede che un datore di lavoro
possa porre fine al contratto di lavoro con un preavviso ridotto
qualora il lavoratore disabile interessato sia stato assente per
malattia, con mantenimento della retribuzione, per un determinato,
quando tali assenze siano la conseguenza dell’omessa adozione,
da parte del datore di lavoro, dei provvedimenti appropriati, in
conformità all’obbligo di prevedere soluzioni ragionevoli per
consentire l'esecuzione di lavoro alle persone disabili. Un
datore di lavoro non potrebbe, dunque, licenziare un lavoratore
per sopraggiunto limite del numero massimo di assenze per malattia
in un determinato periodo di tempo, nel caso in cui tali assenze
siano state la conseguenza dell’omessa adozione da parte dello
stesso datore di lavoro delle misure di adattamento adeguate e
ragionevoli, per consentire al lavoratore disabile di lavorare. La
riduzione dell’orario di lavoro può essere considerata come una
misura di adattamento che il datore di lavoro deve adottare per
consentire ad una persona disabile di lavorare.