SPARANISE. Una
giornata della memoria per ricordare ai distratti (e sono tanti) il campo di
concentramento tedesco di Sparanise. Un campo dove sono passati migliaia di
deportati, dal Casertano e dal Napoletano, molti dei quali di passaggio prima
di essere inviati ai campi di lavoro in Germania. E’ il caso di Giovanni
Desiderio di Castellammare di Stabia, deportato a Dachau, del Generale Alfonso
Cascone di Pompei, del prof. Giuseppe Spera di Sarno, di Padre Gaspare
Tessarolo di Napoli, dei presidi Gabriele Perillo di Ponticelli e Mariano
Paolozzi di Giugliano, del prof. Antonio Zannini di Carinola, di Alfonso
Lombardi di Caserta, di Vincenzo D’Urzo e Giovanni Boccardi di Torre del Greco
e di Ciro Cirillo, ex Presidente della Regione Campania, tutti deportati nel campo di concentramento
sparanisano.Come Scotto di Vetta Pietro detto Mario di Bacoli che il 25
settembre 43 nel campo sparanisano vide uccidere sotto i suoi occhi tre
internati. Un campo, nato il 14 settembre 1943, su un deposito militare
italiano costruito tre anni prima, ma sequestrato dai tedeschi all’indomani
dell’armistizio con lo scopo di radunare uomini per fortificare Cassino ed
inviare i più validi ai campi di lavoro. Il prof. Spera, il maresciallo Scialdone, Giovanni Desiderio,
Ciro Cirillo ed altri deportati, hanno dato la loro testimonianza diretta sul
campo di Sparanisano in un convegn e libri, purtroppo poco noti. Per non
perdere la memoria e ricordare che la violenza nazista ha colpito anche le nostre terre sessanta
alunni delle classi terze A, B e C,
della scuola Media “Martone” di Pignataro Maggiore arriveranno a Sparanise,
accompagnati dal Preside prof paolo mesolella autore del libro “La guerra
addosso” Spring edizioni e delle professoresse Giovanna caimano e Teresa
Lagnese del Laboratorio di storia della scuola. La visita al sito sarà
l'occasione per ricordare e riflettere sulla presenza nazista a Sparanise. “Quando arrivai nel campo di concentramento
di sparanise, spiega il prof. Spera, era il 23 ottobre 43 e c’ erano già 5000
prigionieri. Reticolati e cavalli di frisia recintavano il perimetro del campo,
sorvegliato da un nutrito numero di sentinelle che impedivano eventuali
tentativi di fuga. Non c’erano cucine da campo, né una fontana per attingervi
acqua. Si andava ad attingerla ad una cisterna, oltre i reticolati, scortati
dalle sentinelle del campo. Non esistevano servizi igienici, per cui ognuno
andava a soddisfare i propri bisogni fisiologici lungo il perimetro del campo.
Il fetore era insopportabile, l’aria pestifera. Il senso del pudore era
scomparso, essendo costretti a soddisfare i propri bisogni all’aria aperta ed
alla vista di tutti. Uno spettacolo veramente degradante e vergognoso. Eravamo
ridotti a livello delle bestie, con la biancheria intima sporca e maleodorante,
la barba non rasa da giorni ed i pidocchi che infestavano ogni parte del corpo.
Ricordo il povero Umberto Robustelli, merciaio, vestito di un leggerissimo
pigiama estivo, con ai piedi un paio di pantofole di stoffa. In quelle
condizioni era stato catturato. Non gli era stato concesso nemmeno il tempo di
indossare un vestito, i calzini o le scarpe. Ricordo poi la ressa che si
scatenò intorno al camion che trasportava il pane, sufficiente soltanto per un
decimo dei prigionieri: un maresciallo tedesco, sulla quarantina, armato di
bastone, colpiva alla cieca, con violenza estrema, chi gli capitava a tiro,
allo scopo di arginare quella marea umana. Ricordo anche una furibonda rissa,
scoppiata al centro del campo, quando un prigioniero per essersi allontanato
dal posto, ebbe l’amara sorpresa di non trovare, al ritorno, il suo pezzo di
pane, perché qualcuno glielo aveva portato via. Successe il finimondo. Aggredì
con selvaggia furia tutti i vicini. Ricordo poi le donne di Sparanise che con
ceste colme di viveri, sostavano lungo il viottolo adiacente al campo,
distribuendo qualcosa da mangiare ai prigionieri che tendevano le mani oltre i
reticolati. Ricordo una miriade di mani tese verso i gruppi di donne che
distribuivano un pò di cibo a tutti. Ma riuscire ad afferrare qualcosa, era
impresa disperata, a causa della calca che schiacciava contro il filo spinato
quelli che stavano in prima fila, i quali si producevano ferite lacere al volto
ed in altre parti del corpo” .