Brillante incontro di
Letteratitudini giovedì 13 u.s., serata che è stata anche l’occasione giusta
per l’immancabile scambio degli auguri natalizi. I soci molto gioviali, in un
clima di estrema sobrietà ed amicizia hanno affrontato il tema trattato dalla
relatrice di turno Matilde Maisto, con serietà e impegno, ma, come di consueto,
in un’atmosfera di allegra convivialità. In questo incontro è stata affrontata
la vicenda d’amore e d’adulterio di Anna Karenina, eroina del romanzo “Anna
Karenina” di Lev Tolstoj. Parlando di tutte le eroine tragiche che hanno
condiviso il destino fatale di Emma Bovary e di Anna Karenina, Virginia Woolf
ha scritto che sono “le donne che hanno illuminato come fiaccole accese le
opere di tutti i poeti fin dalla notte dei tempi”. Simboli di un moderno
disagio borghese, queste due donne inquiete hanno vissuto in pieno la crisi
dell’Ottocento, tradendo tutti i codici morali ottocenteschi e minando
l’istituzione familiare per giungere infine sino al suicidio finale (l’una si
avvelena con l’arsenico, l’altra finisce sotto le ruote di un treno). La storia
di Anna Karenina è sicuramente nota, per cui qui di seguito la ricorderò
brevemente, desiderando, invece, fare alcune considerazioni che sono nate
spontanee nel corso della lettura di questo grandissimo romanzo. “Tutte le famiglie
felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo”
, così inizia il romanzo, presentando la figura di Stepan Arkad’ic Oblonskij
(“Stiva”), un ufficiale civile che ha tradito la moglie Dar’ja Aleksandrovna
(“Dolly”). La vicenda di Stiva mostra la sua personalità passionale che sembra
non poter essere repressa. Per questa ragione, Anna Karenina, la sorella
sposata di Stiva, che vive a San Pietroburgo, viene chiamata da Stiva, per
persuadere Dolly a non lasciarlo. Nel frattempo, un amico di infanzia di Stiva,
un serio aristocratico che vive in una tenuta che gestisce lui steso,
Konstantin Dmtric Levin, arriva a Mosca per chiedere la mano della sorella
minore di Dolly, Kitty rifiuta, poiché aspetta una proposta di matrimonio dall’ufficiale
dell’esercito Aleksej Kirillovic Vronskij. Ma Vronskij si infatua di Anna ed
Anna, scossa dalla propria reazione alle attenzioni di Vronskij, ritorna
immediatamente a San Pietroburgo, da suo marito Aleksei Aleksandrovic Karenin,
un ufficiale governativo, e da suo figlio Sereza. Vronskij, perdutamente
innamorato, la segue sullo stesso treno. A san Pietroburgo Anna cede alla
propria passione per Vronskij ed ha così inizio l’idillio che finirà per
tormentarla rovinosamente sino ad indurla al suicidio. Centro della vicenda è
dunque, la tragica passione di Anna, sposata senza amore a un alto funzionario,
per il brillante ma superficiale Vronskij. Parallelo a questo amore infelice è
quello felice di Kitty per Levin, un personaggio scontroso e tormentato al
quale Tolstoj ha fornito i propri tratti. Pubblicato nel 1877, il libro venne
accolto in origine piuttosto freddamente e considerato alla stregua di una
semplice storia d’amore, non ottenendo quindi grandi riconoscimenti ma solo
critiche. Successivamente rivalutato, è oggi considerato uno dei capolavori
dell’epoca. La mole non indifferente del romanzo può scoraggiare ma, in verità,
merita tutto il tempo che si impiega per leggerlo! Anna, divisa tra ciò che
reputa giusto e ciò che desidera, vive una vita perennemente in lotta con se
stessa, sempre in bilico tra ciò che prova e ciò che le convenzioni le
impongono. Romanzo introspettivo con descrizioni molto efficaci, è una storia
avvincente che descrive sentimenti forti, dall’amore coniugale a quello materno,
all’amore passionale e ancora ipocrisia, paura, attrazione e tanto altro. La
bravura di Tolstoj nel far partecipare il lettore in prima persona ai
sentimenti descritti, il grosso lavoro psicologico, il conflitto interiore
della protagonista, lo rendono un romanzo estremamente interessante, a tratti
quasi difficile da portare avanti per la sofferenza che trasuda dalle pagine. In
effetti, abbraccia diversi temi e contenuti ricorrenti nella letteratura dei
grandi classici come questo. Temi dell’amore senza regole, che infrange un
vincolo sacro come il matrimonio; quello tra Anna e il marito Aleskey
Aleskandrovich, il tema della morte, molto forte, e dell’amore fraterno
disinteressato quello tra Dmitrich e il fratello konstantin, il tema dell’amore
puro tra Dimitrich e Kitty; il tema della famiglia che traspare nella vicenda
familiare di Dolly e Stiva (fratello di Anna) che tradisce la moglie e che
viene perdonato pur di non stravolgere l’equilibrio nella famiglia. In realtà,
Anna Karenina parla dell’unico reale problema dell’uomo. Oggi come due secoli
fa. Come può perdurare l’amore? Tutto quello che occupa le nostre vite, dai
problemi politici alle piccole incombenze di tutti i giorni, non è altro che
una via molto lunga per capire come amare ed essere amati. Levin, Kitty,
Vronkji, Anna, Dolly, Stiva stanno lì al nostro posto tentando di conciliare i
desideri più profondi dell’uomo: la passione per la bellezza e l’aspirazione
alla pace. Anna, con il suo animo tormentato, le sue paure e il rifiuto verso
un mondo ipocrita che non riesce più ad accettare – portandola a compiere
scelte drastiche – entra nel cuore del lettore per non uscirne più. Ma noi
lettori dobbiamo opportunamente farci una domanda: è colpevole Anna? L’epigrafe
apposta al romanzo sembra togliere ogni dubbio in proposito “A me la vendetta, e io renderò il
dovuto” (Dt. 32,35). E’ Jahvè che parla per bocca di Mosè,
contro i disprezzatori della Legge: là dove dice pure:
Poiché il loro vitigno è della vite di Sodoma,
e dai terrazzi di Gomorra:
la loro uva è uva di veleno,
i loro grappoli sono amari.
[…]
Al tempo stabilito il loro piede
comincerà a incespicare,
poiché il giorno della loro sciagura è vicino
e gli avvenimenti preparati per loro
si affrettano, invero.
Poiché il loro vitigno è della vite di Sodoma,
e dai terrazzi di Gomorra:
la loro uva è uva di veleno,
i loro grappoli sono amari.
[…]
Al tempo stabilito il loro piede
comincerà a incespicare,
poiché il giorno della loro sciagura è vicino
e gli avvenimenti preparati per loro
si affrettano, invero.
Anna
dunque è di questa stirpe, e non ha scampo: le sue sofferenze e il suo suicidio
sono il castigo divino per l’adulterio che ha consumato con il giovane
Vrònskij, abbandonando non soltanto il marito ma anche il figlio, e dando lungo
scandalo nell’alta società pietroburghese – di cui prima della colpa, Anna era
stata un fiore ammiratissimo. L’alta società, dal canto suo, ha punito Anna con
il disprezzo e l’emarginazione, ma illegittimamente: poiché non tocca agli
uomini punire, ma a Dio soltanto, a quel terribile Dio veterotestamentario che
fa vendetta e retribuisce, e non conosce il perdono. Ma questo, in realtà, ci mostra un Tolstoj moralista, cupo e crudele, che
resiste per centinaia di pagine alla tentazione di innamorarsi di quell’Anna
dolcissima, bella, intelligente, appassionata che egli stesso va creando, fino
al culmine quando egli finalmente distrugge la sua splendida creatura –
offrendola in sacrificio, sulle rotaie, alla furia divina. “Avrebbe voluto sollevarsi, gettarsi
da un lato; ma qualcosa di enorme, d’inesorabile, la urtò alla testa e la
trascinò per la schiena. “Signore, perdonami tutto!” proferì, sentendo che era
impossibile lottare”… (Parte settima, capitolo 31). Rabbrividisci, e pensi che non è giusto, per cui il lettore si sente
automaticamente investito, dinanzi a tanta crudeltà divina, di insorgere contro
l’autore e la sua epigrafe; di prendere le parti di Anna contro quel Dio
feroce, e di difendere la colpa di lei, contro la Legge di Lui. “A me la
vendetta…”: ma quale vendetta, per cosa? Anna, in fondo, non ha fatto altro che
amare, apertamente e con coraggio; e ben più di lei meriterebbe semmai
“vendetta” quell’ambiente bigotto, ipocrita e vizioso a cui lei si è ribellata
e che le ha voltato le spalle (incapace di perdonarle non tanto l’adulterio,
quanto piuttosto il suo coraggio, la sua sincerità, la forza della sua
passione) – e innanzi a tutti il marito, lo spregevole Karénin che ricatta la
povera Anna facendo leva sul figlio. Perché Tolstoj non massacrò anche Karénin?
O Stepàn Arkàd’evic, e Betsy Tverskàja (entrambi colpevoli della stessa colpa
di Anna, ma premuratisi sempre di evitare scandali?) Tuttavia Anna è
palesemente una donna condannata: è un personaggio tragico, votato alla
tragedia, malato d’angoscia, incline all’ossessione, ed è talmente ingombrante!
Ingombrante come può esserlo un ribelle, un individuo cioè che non trova pace
nel mondo consueto, e che di nessuno può essere compagno (persino Vrònskij a un
certo punto ne è annoiato fino alla disperazione). La sua morte salva, rende
tormentosamente bello tutto ciò che in lei sarebbe divenuto insopportabile se
fosse vissuta più a lungo: il suo egoismo, il suo orgoglio, la sua malinconia,
i suoi incubi, la pena che suscita la sua situazione. Sicché la “vendetta
divina” finisce per apparire al lettore in un certo qual modo come
provvidenziale e pacificante. Un capolavoro senza tempo. Intanto
“Letteratitudini” prosegue a vele spiegate ed invita, sin d’ora, a partecipare
al convegno letterario che si terrà in data 26 Gennaio 2013 con il Prof. Mario
Damiano, filosofo e storico, che affronterà il tema seguente: “La questione
Meridionale e la figura di Don Luigi Sturzo”.
A
cura di Matilde Maisto