Giuseppe D’Abbraccio “Cuore Sannita” |
PIEDIMONTE MATESE. Dopo gli incendi scoppiati per cause ancora imprecisate nei giorni
scorsi nei territori del Matese le polemiche
ancora non si sono spente a parlare questa volta è Giuseppe D’Abbraccio Presidente dell’Associazione culturale “Cuore Sannita”. Le fiamme, racconta D’Abbraccio, hanno devastato il Parco
Archeologico del Monte Cila in una calda giornata estiva mentre ci trovavamo ai
piedi del monte Cila parte, non secondaria, della antica Allifae (o Alliba)
sannitica. Abbiamo assistito allo spettacolo, indegno, dell’ennesimo rogo
devastatore della nostra cultura e della nostra civiltà. Uno spettacolo che va
in scena ogni anno, dopo ferragosto, con una precisione tale da sembrare quasi
sospetta. Il Monte Cila è stato devastato da un rogo continuo, che distrugge la
vegetazione e , con essa, le tracce di civiltà ivi insistenti sin dal 10.000
a.c.. Ma a chi interessa bloccare i soliti e puntualissimi piromani che
innescano il circo degli interventi e dell’emergenza incendi? Il monte Cila è
stato definito di grande attualità alla conclusione dei lavori del P.I.T.
(progetti integrati territoriali) Trebulani Matese, nell’ambito del POR
2000-2006. Importo dei lavori 1.200.000,00 Euro. I lavori venivano consegnati
“con la serenità dei giusti” ai posteri affinché preservassero, valorizzassero,
tramandassero la memoria di quanto saputo e voluto dare; gli stessi lavori,
poi, avrebbero previsto la tutela e la valorizzazione delle mura megalitiche
esistenti. Ci chiediamo perché e per chi il patrimonio culturale del Cila
sarebbe stato valorizzato (sarebbe meglio dire che sono stati sperperati dei
soldi). Il cittadino, anche quello matesino, dovrebbe sentire come proprio
diritto e propria responsabilità la partecipazione all’eredità culturale in
modo da contribuire alla divulgazione dello stesso patrimonio. Occorrerebbe uno
sviluppo sinergico basato su un approccio partecipativo tra cittadini privati,
istituzioni, associazioni tale da rendere realmente fruibile il patrimonio per
la cui tutela vengono stanziati i fondi.
Invece, ribatte Giuseppe
D’Abbraccio, in un territorio già degradato sotto il profilo urbanistico
dalla malattia del mattone, dobbiamo assistere, noi pochi realmente
appassionati di cultura italica, allo scempio delle pale eoliche che vengono
inserite sulle apicali spesso ricche di antiche architetture. Quanto valgono in
termini di cultura le vestigia contenute in questo monte che, vero e proprio
scrigno della civiltà pentra, conserva come pochissimi altri luoghi del mondo
italico opere poligonali di notevolissima estensione (circa 7000 metri). Gli
studiosi Mommsen, Majuri e Marrocco si agitano nel loro sonno eterno pensando a
cosa sia servito spendere delle somme ingenti per restaurare il “parco archeologico del Monte Cila”. A
cosa è servito se i camminamenti sono ostruiti da recinzioni e materiali vari
che né impediscono la corretta fruizione nonostante le molteplici segnalazioni?
Perché i camminamenti/interpoderali non vengono puliti se non da qualche volenteroso
appassionato? Perché non vengono apposti cartelli segnalatori del sito? a cosa
servono i fondi P.I.T. se non si è in grado di fermare qualche piromane seriale
che distrugge quanto faticosamente costruito nel corso degli anni? I terrazzamenti del Monte Cila rappresentano
non solo la nostra storia e la nostra cultura, ma anche la fatica dei nostri
progenitori che sino a poche anni fa hanno terrazzato con sudore e sangue la
collina oltre che per difenderla, anche per coltivarla ed abitarla. Il Cila è parte
di noi ed è nostro dovere preservarlo ed in un paese civile occorre isolare chi
devasta il territorio pena il rischio di divenire conniventi. Aldilà dei circhi
Barnum delle inaugurazioni, dei video propagandistici e delle dichiarazioni di
principio, chiediamo alle istituzioni di adoperarsi per fermare lo scempio del
nostro territorio ma, prima ancora, dobbiamo chiederlo a noi stessi. Per
rispetto della nostra cultura, della nostra storia, della nostra identità; in
una parola sola “PER NOI STESSI”.
Pietro Rossi