03 febbraio 2014

A LETTERATITUDINI “LA TRADUZIONE POETICA DELLA SOFFERENZA POLITICA DI DANTE”



CANCELLO ED ARNONE – Proseguendo con l’itinerario dantesco (che ha segnato i coinvolgenti approdi nel tragico destino di Francesca da Rimini e nell’indelebile monito “culturale ed etico” – “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtude e conoscenza!”, del re di Itaca, l’astuto Ulisse), il gruppo che si identifica nella “bella avventura” chiamata Letteratitudini ha voluto tornare sui versi della Divina Commedia dedicati ad una problematica che, vista la tremenda stagione politica attuale, in Italia e nel mondo, farebbero dire: sì, allora come ora, cioè ai tempi di Dante come in questa fase storica dello spurio abbraccio Renzi-Berlusconi. E quale titolo per un’opzione simile? Questo: “La traduzione poetica della ‘sofferenza politica’ di Dante”. Se, infatti, all’uomo comune le lotte fratricide e le spregiudicatezze dei potenti fanno senso, nel profondo dell’animo d’un poeta vibrano lacerazioni inguaribili. Forse non avvenne questo nel vortice delle vicende che portarono il più grande genio letterario italiano all’amarissimo esilio? Eppure, elaborando e rielaborando le sue pene, egli seppe sublimarle, lasciandoci in eredità una “traduzione lirico-didascalica” che sa parlare all’umanità contemporanea e a quella d’ogni tempo e luogo. Rigenerante, dunque, il bagno del primo incontro-2014 di Letteratitudini nel singolare “pathos” dantesco intriso della sua finale sconfitta. Tutto ciò è avvenuto, come sempre, nell’accoglientissimo “salotto buono” della fondatrice Tilde Maisto e, per vivificante aggiunta, con alcune new entry una delle quali ha risposto al nome della giovane Mirella Sciorio. Ne è venuta fuori una serata appassionante, con comparazioni e approfondimenti a iosa. Un componente del gruppo ha assunto il compito dell’introduzione e di una prima lettura di terzine tratte dal 6° Canto dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso; poi, a tutti i presenti la libertà di sviluppare, in ampiezza e in profondità, il dibattito, qui e là attingendo ad altri testi (Inferno - Canto X di Farinata degli Uberti -, De Monarchia…), ma anche introducendo ipotesi interpretative favorite, su più versanti, proprio dal desiderio di cogliere quanto di universale e di imperituro esprime la grande arte della poesia sulle pochezze umane o del vivere civile o, ancora, sulle contraddizioni che ciclicamente s’individuano nel governo della res publica. Vieppiù catturante - e facile da prevedere - la strofa che Dante riservò alla celebre invettiva: “Ahi serva Italia, di dolore ostello,/ nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello…” (Purgatorio, Canto di Sordello). Versi perennemente disarmanti e purtroppo “indovinati” per i secoli che vanno dalla Caduta dell’Impero Romano d’Occidente ai nostri tristi giorni nei quali il disorientamento è vastissimo, le catastrofi (in senso proprio e figurate) innumerevoli e la deriva quasi sempre all’orizzonte. Eppure la tenacia dantesca e la sua visione politica lasciano comunque aperti, pure al italiano d’oggi, i varchi della speranza. E su questa tastiera Letteratitudini, alla scuola delle “grandi penne”, ha inseguito fin dalla sua costituzione esegue legge sua migliore musica ed insegue il sogno, la sperimentazione di un riscatto umano e sociale in un territorio difficile qual è il Basso Volturno. Qui, per l’appunto, stanno le ragioni più autentiche dell’assiduità e dell’entusiasmo, anche conviviale, con cui il gruppo va avanti e si consolida. E dunque non a caso, nell’intervallo “non dantesco” dell’imminente incontro di febbraio, si innesterà il contributo, sicuramente avvincente, della new entry Mirella Sciorio.
                                                                                                                                                               Raffaele Raimondo