PIEDIMONTE
MATESE. Sarà situato in piazza Cappello il gazebo per la raccolta di firme per i referendum
sulla giustizia, organizzato dal coordinamento cittadino del Popolo della Libertà
di Piedimonte Matese. Partirà Sabato 7 e Domenica 8 settembre la raccolta delle
firme a Piedimonte Matese per la promozione del Referendum sulla riforma della
giustizia, indispensabile ad uno Stato di Diritto e liberale . Il gazebo sarà
allestito nella centralissima P.zza Cappello, dove i rappresentanti del PDL
promuoveranno l’informazione dei contenuti dei quesiti referendari, al fine di
sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi “caldi” della giustizia giusta, i diritti umani e la libertà
del nostro Paese. All’immobilismo di certa politica nazionale, può rispondere
il popolo attraverso questo strumento di democrazia diretta. L’auspicio è di
un’ampia partecipazione poiché una firma può contribuire a cambiare lo stato
delle cose. Questi in sintesi i Referendum proposti:
SEPARAZIONE DELLE CARRIERE :
L’Italia è l’unico Paese ad aver introdotto il rito accusatorio (con il nuovo
Codice di procedura penale del 1989), pur conservando nel contempo l’unicità
delle carriere. In altre parole, pm e giudici condividono i medesimi percorsi
di carriera e organi di autogoverno. “Una indubbia anomalia”, la definiva così
Giovanni Falcone. L’attuale assetto non garantisce né la terzietà del giudice
né la parità tra accusa e difesa, ovvero i cardini del giusto processo come
previsto dall’art. 111 della Costituzione. Il quesito mira a distinguere i due
percorsi istituendo anche un “Csm” dei pm.
RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI : Attualmente il cittadino può rivalersi nei confronti del magistrato solo in via indiretta – per il tramite dello Stato – e limitatamente ai casi eccezionali di dolo o colpa grave. I due quesiti in materia mirano ad estendere la responsabilità (indiretta) dei magistrati ai casi di interpretazione di norme di diritto e di valutazione di fatti e prove. La legge Vassalli varata nel 1988 ha sancito per le toghe un regime di sostanziale irresponsabilità che non ha corrispondenti in nessuna altra categoria professionale. Non è un caso che dal 1988 ad oggi, a fronte di oltre 400 cause avviate nei confronti di un magistrato attraverso la farraginosa procedura attualmente in vigore, le condanne effettivamente emesse siano state in tutto quattro.
CUSTODIA CAUTELARE : Oltre il 40 percento dei detenuti nelle galere italiane sono in attesa di giudizio (la media europea non supera il 25 percento). Da strumento di natura cautelare la carcerazione preventiva si è trasformata in una vera e propria anticipazione di pena nei confronti di presunti innocenti. La Corte europea dei diritti umani ha denunciato tale anomalia. Il quesito mira ad abolire la possibilità di disporre la carcerazione preventiva per il cosiddetto rischio di reiterazione del reato, salvo nei casi più gravi (in particolare, per i reati con pena massima non inferiore a quattro anni).
MAGISTRATI FUORI RUOLO : Il quesito mira a frenare il fenomeno dei cosiddetti “fuori ruolo”, ovvero di quei magistrati che vengono collocati presso gli uffici legislativi dei gabinetti ministeriali. Sono infatti centinaia i magistrati che, anziché occuparsi dello smaltimento dei milioni di procedimenti pendenti, occupano ruoli di vertice nella pubblica amministrazione. Rientrando nelle loro funzioni costoro darebbero un contributo concreto al lavoro dei tribunali, evitando nel contempo una perniciosa commistione tra magistratura e alta amministrazione in ossequio al principio della separazione dei poteri.
ERGASTOLO : Il quesito mira ad abolire l’ergastolo a vita. Il “fine pena mai” rispecchia una concezione della pena intesa come vendetta sociale e contrasta con la finalità rieducativa che l’art. 27 della Costituzione assegna alla pena. Va detto che molti Paesi europei non contemplano la pena del carcere a vita, mentre in Italia l’ergastolo ostativo – quello che prevede per l’appunto la detenzione fino alla morte– riguarda oltre 1500 persone. Tra i sostenitori di questo quesito c’è il professore Umberto Veronesi, secondo il quale “anche l’assassino più efferato dopo venti anni è cerebralmente differente dall’uomo che ha commesso quel delitto”.
RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI : Attualmente il cittadino può rivalersi nei confronti del magistrato solo in via indiretta – per il tramite dello Stato – e limitatamente ai casi eccezionali di dolo o colpa grave. I due quesiti in materia mirano ad estendere la responsabilità (indiretta) dei magistrati ai casi di interpretazione di norme di diritto e di valutazione di fatti e prove. La legge Vassalli varata nel 1988 ha sancito per le toghe un regime di sostanziale irresponsabilità che non ha corrispondenti in nessuna altra categoria professionale. Non è un caso che dal 1988 ad oggi, a fronte di oltre 400 cause avviate nei confronti di un magistrato attraverso la farraginosa procedura attualmente in vigore, le condanne effettivamente emesse siano state in tutto quattro.
CUSTODIA CAUTELARE : Oltre il 40 percento dei detenuti nelle galere italiane sono in attesa di giudizio (la media europea non supera il 25 percento). Da strumento di natura cautelare la carcerazione preventiva si è trasformata in una vera e propria anticipazione di pena nei confronti di presunti innocenti. La Corte europea dei diritti umani ha denunciato tale anomalia. Il quesito mira ad abolire la possibilità di disporre la carcerazione preventiva per il cosiddetto rischio di reiterazione del reato, salvo nei casi più gravi (in particolare, per i reati con pena massima non inferiore a quattro anni).
MAGISTRATI FUORI RUOLO : Il quesito mira a frenare il fenomeno dei cosiddetti “fuori ruolo”, ovvero di quei magistrati che vengono collocati presso gli uffici legislativi dei gabinetti ministeriali. Sono infatti centinaia i magistrati che, anziché occuparsi dello smaltimento dei milioni di procedimenti pendenti, occupano ruoli di vertice nella pubblica amministrazione. Rientrando nelle loro funzioni costoro darebbero un contributo concreto al lavoro dei tribunali, evitando nel contempo una perniciosa commistione tra magistratura e alta amministrazione in ossequio al principio della separazione dei poteri.
ERGASTOLO : Il quesito mira ad abolire l’ergastolo a vita. Il “fine pena mai” rispecchia una concezione della pena intesa come vendetta sociale e contrasta con la finalità rieducativa che l’art. 27 della Costituzione assegna alla pena. Va detto che molti Paesi europei non contemplano la pena del carcere a vita, mentre in Italia l’ergastolo ostativo – quello che prevede per l’appunto la detenzione fino alla morte– riguarda oltre 1500 persone. Tra i sostenitori di questo quesito c’è il professore Umberto Veronesi, secondo il quale “anche l’assassino più efferato dopo venti anni è cerebralmente differente dall’uomo che ha commesso quel delitto”.
Pietro Rossi