GRAZZANISE – Ed eccoci alla seconda manche, cioè all’analisi del voto
grazzanisano per la Camera dei Deputati. Altro che interpretazioni, magari
trionfalistiche, di esponenti di centro, destra e sinistra! I numeri parlano da
soli ed il quadro globale degli esiti emersi dalle urne di fine febbraio dice
che c’è poco da stare allegri. Premi per nessuna forza politica locale.
D’altronde, l’attivismo politico a Grazzanise è tuttora condizionato,
nell’insieme, da vetuste mentalità, scarsa organizzazione interna e, quindi,
poche, pochissime iniziative degne di nota o capaci di inserire il Comune nei
grossi centri decisionali, almeno a livello provinciale. Siamo ben lontani da
quella forte fusione elettorale che possa imporsi, per consistenza in voti e
percentuali, nelle sedi politiche che hanno peso sul versante della
progettualità e dell’investimento finanziario pubblico e privato. L’unico dato
nuovo e, peraltro, generalizzato vien fuori dai 533 voti (14,64%) riportati dal Movimento 5 Stelle
grillino: si suppone che si sia trattato di un’espressione di protesta
soprattutto giovanile. E sarebbe interessante in proposito vederli all’opera,
quest’impavidi, nello strutturare organigrammi ed operazioni politiche sul
territorio municipale. Finora tale aggregazione non s’è fatta vedere, se non
dai risultati elettorali. Non è escluso che i più avveduti, fra gl’impavidi, si
diano da far presto “allo scoperto”. La maggioranza assoluta dei votanti
(53,15%) resta berlusconiana; tuttavia, i 1935 voti registrati svelano un calo
di 500 voti rispetto al 2008, quando furono 2432 pari al 59% netto. Sommando i
1935 ai 353 consensi (9,69%) assegnati alla coalizione Monti (comprendente una
componente di centrodestra), ugualmente si nota una flessione. Nel serbatoio
collaterale, risulta la sostanziale tenuta dell’Udc – che ha aumentato di poco
in percentuale anche se calata di qualche unità in voti (dunque niente
potenziamento da parte delle due-tre anime locali del partito di Zinzi-Casini) –
ed appare vistoso, intanto, lo sprofondamento a 24 (0,65%) de La Destra di
Storace che invece nel 2008 raccolse 291
voti (7,1%). Ma quello -si dirà- era ancora il tempo delle rimostranze dell’allora
sindaco Enrico Parente ad An e della sua volante fuga verso la destra estrema.
Corrispondente al doppio della forza moderata montiana il risultato della
coalizione bersaniana piazzatasi al secondo posto – con 685 voti (18,81%) – nello
scenario grazzanisano. Eppure anche su tale sponda non si può cantar vittoria:
addizionati i 28 voti (0,76%) del Centro Democratico coi 116 (3,18%) della
vendoliana Sinistra e Libertà e coi 541 (14,86%) del Partito Democratico, ci si
deve chiedere se la percentuale complessiva comprende appieno il 5,12% fatto
registrare nella recente tornata dal Psi al Senato oppure i 535 voti (13%) che
il Partito di “Peppe il Rosso” contò nel 2008. In qualsiasi caso, prudentemente
dovrebbe parlarsi di una stasi, se non di vera e propria flessione su cui
farebbero bene a riflettere il trio Roberto Parente-Gerardo Rullo-Giuseppe
Raimondo, con o senza la compartecipazione dell’ex presidente Pd, Antonio
Palladino. Addirittura
risibile il crescendo delle forze minori: Rifondazione Missina 2 voti (0,05%), Forza Nuova 8 (0,21%), Lista
Amnistia Giustizia Libertà 12 (0,32%), Fermare il declino 17 (0,46%), Voto di
Protesta 20 ( 0,54%) e Rivoluzione
civile 39 ( 1,07%). In definitiva, una
sola osservazione pare attendibile: il vizietto-frantumazione, storicamente
tipico della sinistra, ha contagiato anche la destra. Sembra proprio di sì.
Allora, da oggi e per l’avvenire, la sfida è trovare, in luogo dei motivi che
dividono, le ragioni che uniscono. L’elettorato grazzanisano aspetta anche e
soprattutto questo dai leaders (reali o presunti) e dai militanti di partito.
Raffaele Raimondo