Il loro valore è troppo basso: 5,29 euro la media italianaCerto, dipende da azienda ad azienda, ma il valore medio dei buoni pasto in Italia è bloccato da 15 anni a 5,29 euro. Una cifra che spesso non basta neanche per un panino, specie nelle grandi città. Lo sostiene un’indagine dell’Adoc (Associazione per la Difesa ed Orientamento dei Consumatori), aggiungendo che in Italia i ticket sono i più scarsi d’Europa: in Spagna la media sale a 9 euro, in Francia a 7, in Portogallo a 6,70.
Dalle nostre parti, beneficiano del buono circa 2 milioni di lavoratori, per più di 100mila locali convenzionati.Tuttavia il 70% dei lavoratori ticket-muniti non riescono a nutrirsi adeguatamente. Inoltre - secondo Carlo Pileri, presidente dell’Adoc - "circa il 10% dei buoni pasto in circolazione non viene utilizzato perché scaduto, comportando così la perdita per il possessore del buono pari al 15% del suo valore per un totale di circa 200 euro annui".
L'associazione propone quindi di elevare il valore del ticket per portarlo al livello del costo della vita. O meglio, del "caro pausa pranzo" che, secondo una ricerca realizzata da Fipe-Confcommercio e Anseb (Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto), è aumentato del 141% dal 2001.Le città del nord sono ai primi posti nella classifica delle pause pranzo più care: a Pavia mangiare costa 10,58 euro, a Milano 9,86 e a Varese 9,16. Napoli (6,09 euro) e Potenza (6,13 euro) sono invece le città più economiche. Di fronte al pranzo esoso, il lavoratore si arrangia con il consueto fai-da-te all'italiana: il 16,4% si porta il cibo da casa, con un autentico boom delle insalate il cui consumo è triplicato negli ultimi dieci anni (per altro, ogni anno gli italiani spendono 700 milioni di euro per gli oltre 90 milioni di kg di verdure consumati). E la tecnologia ci si tuffa a pesce. Un fenomeno relativamente nuovo è infatti quello del lunch-box: piccoli scaldavivande che funzionano collegati alla presa usb del computer. Fra gli appassionati del nuovo device elettronico figurano segretarie (2%), ragionieri (11%), assicuratori (9%) e consulenti di vario tipo (21%).Ma attenzione, dicono gli esperti di alimentazione, prendetevi comunque una pausa: mangiare velocemente con gli occhi fissi sul monitor fa male.
Dalle nostre parti, beneficiano del buono circa 2 milioni di lavoratori, per più di 100mila locali convenzionati.Tuttavia il 70% dei lavoratori ticket-muniti non riescono a nutrirsi adeguatamente. Inoltre - secondo Carlo Pileri, presidente dell’Adoc - "circa il 10% dei buoni pasto in circolazione non viene utilizzato perché scaduto, comportando così la perdita per il possessore del buono pari al 15% del suo valore per un totale di circa 200 euro annui".
L'associazione propone quindi di elevare il valore del ticket per portarlo al livello del costo della vita. O meglio, del "caro pausa pranzo" che, secondo una ricerca realizzata da Fipe-Confcommercio e Anseb (Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto), è aumentato del 141% dal 2001.Le città del nord sono ai primi posti nella classifica delle pause pranzo più care: a Pavia mangiare costa 10,58 euro, a Milano 9,86 e a Varese 9,16. Napoli (6,09 euro) e Potenza (6,13 euro) sono invece le città più economiche. Di fronte al pranzo esoso, il lavoratore si arrangia con il consueto fai-da-te all'italiana: il 16,4% si porta il cibo da casa, con un autentico boom delle insalate il cui consumo è triplicato negli ultimi dieci anni (per altro, ogni anno gli italiani spendono 700 milioni di euro per gli oltre 90 milioni di kg di verdure consumati). E la tecnologia ci si tuffa a pesce. Un fenomeno relativamente nuovo è infatti quello del lunch-box: piccoli scaldavivande che funzionano collegati alla presa usb del computer. Fra gli appassionati del nuovo device elettronico figurano segretarie (2%), ragionieri (11%), assicuratori (9%) e consulenti di vario tipo (21%).Ma attenzione, dicono gli esperti di alimentazione, prendetevi comunque una pausa: mangiare velocemente con gli occhi fissi sul monitor fa male.