Riceviamo dal Dott. Ciro Costagliola, Consigliere Nazionale dell'Ordine Dottori Agronomi e Dottori Forestali del Ministero della Giustizia, il seguente articolo tecnico-scientifico sul tema dei suoli agricoli come serbatoio di carbonio. Cogliamo l'occasione per ringraziare il Dott.Costagliola per gli interessanti argomenti trattati nei suoi contributi che ci manda puntualmente.
Caserta. Il Decreto del Ministero dell’Ambiente del 1 aprile 2008 istituisce il Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agroforestali, parte integrante del Sistema nazionale per la realizzazione dell’Inventario Nazionale delle emissioni e degli assorbimenti di gas-serra. Il Registro, realizzato e tenuto dal Ministero dell’Ambiente, è costituto dall’inventario dell’uso delle terre, dall’inventario degli stock di carbonio, dal censimento degli incendi forestali, dall’inventario delle emissioni da incendi forestali ed ha il compito di quantificare il bilancio netto di gas serra generato dalla superficie nazionale in conseguenza di attività di uso delle terre, variazione di uso delle terre e della selvicoltura. Come è noto infatti, il Protocollo di Kyoto, impegna i Paesi industrializzati a ridurre tra il 2008 e il 2012 le emissioni che provocano l’effetto serra, offrendo l’opportunità di servirsi di strategie che permettano di immagazzinare il carbonio atmosferico, fra cui i cosiddetti “serbatoi” o “pozzi” di carbonio (sinks), fissando le strategie da attuare: diminuire le emissioni e aumentare la superficie forestale (sink) che assorbe CO2. Ogni Paese, perciò, deve fornire il proprio bilancio di carbonio, anche se al momento non vi è possibilità di commercializzare i crediti di carbonio derivanti da attività agro-forestale nell’ambito della direttiva 2003/87/CE denominata “emissions trading” (commercio d’emissioni) e della direttiva cosiddetta linking (2004/101/CE) che collega la direttiva ET dell’UE con i meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto. Il sistema di scambio di quote di emissioni di gas serra all’interno dei Paesi dell’U.E. prevede la fissazione di un limite massimo di emissioni prodotte da impianti industriali, attraverso un piano nazionale di allocazione che assegna delle quote di emissioni a ciascun impianto. Ogni quota (European Unit Allowance) è pari all’emissione di una tonnellata di CO2 equivalente in atmosfera nel corso dell’anno di riferimento o successivo; dal 2005, gli impianti industriali possono funzionare solo se autorizzati dal Ministero dell'Ambiente ad emettere gas serra. Il decreto, la cui operatività era stata assicurata dalla Finanziaria 2008, al momento manca della copertura finanziaria per l’intervento del decreto fiscale di maggio, (D.L. 27/5/08, n.93, - Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie) e questo ci impone di fare alcune riflessioni. Il terreno vegetale formatosi in secoli di attività agricola è costituito da una parte minerale ed una frazione organica; il lento processo di decomposizione e di rielaborazione della materia organica apportata al terreno porta alla formazione dell'humus, la parte più attiva della sostanza organica, che interagisce con la frazione minerale e con la soluzione circolante influenzando le proprietà chimiche e fisiche del terreno riducendone quei difetti fisici quali la scarsa ritenzione di acqua e di nutrienti. Il lento rilascio dei principi attivi (azoto, fosforo e potassio) consente inoltre di dare al terreno una maggiore fertilità. Le quantità di sostanza organica presente nel terreno dipendono non solo dalle quantità e qualità dei concimi organici apportati al suolo, ma anche dalla velocità e dal tipo di processi di mineralizzazione ed umificazione a cui sono sottoposti. La mineralizzazione della sostanza organica è influenzata dalla temperatura, dalla disponibilità di ossigeno ed umidità, dal pH, dall’apporto di sostanze nutritive inorganiche, dal rapporto C/N dei residui vegetali, dalle lavorazioni. La sostanza organica è la principale fonte di energia e di nutrienti per i microrganismi del suolo e per i loro processi vitali. Con la respirazione il carbonio organico ritorna nell’atmosfera, sotto forma di CO2, mentre con il processo di umificazione il carbonio permane nel terreno, sotto forma di molecole umiche. La drastica diminuzione nei Paesi industrializzati dell’impiego di concime organico ha comportato la progressiva diminuzione della sostanza organica nel terreno con conseguenze anche sensibili sull’aumento della CO2 atmosferica. E’ stato stimato che i suoli agricoli dell’U.E. possano trattenere circa 60 - 70 Mt/anno di CO2, (pari all’1,5 - 1,7 % delle emissioni di origine antropica). L’accumulo dipende ovviamente oltre che dal clima, dai tipi di suolo e dalla tipologia di sostanza organica apportata. È in questo contesto che va posta un’attenzione particolare alla frazione umida dei rifiuti domestici costituita da materiale organico che, unitamente al rifiuto verde (proveniente da mercati ortofrutticoli, supermercati, ecc.), rappresenta oltre un terzo del totale della raccolta differenziata ed ha un enorme valore economico. La sostanza organica, attraverso un processo aerobico controllato, per effetto della flora microbica si decompone ottenendo il compost che per la ricchezza in humus, in flora microbica e in microelementi è un ottimo prodotto utilizzabile in agricoltura. I processi di compostaggio mentre sono molto efficaci per il totale utilizzo della frazione umida hanno lo svantaggio di essere piuttosto lunghi e di avere la necessità di ampi spazi per effettuare la digestione aerobica della sostanza organica. Esistono tuttavia metodiche che consistono nel portare la frazione umida ad un tasso costante di umidità, una triturazione spinta per aumentare la superficie di contatto con l’ossigeno, l’impiego di microrganismi ed il sufflaggio di aria arricchita di ossigeno per accelerare il processo di maturazione. Il resto si lascia fare alla natura. Il compost ha un alto valore economico che, oggi quanto mai, di fronte al continuo aumento del costo dei prodotti chimici impiegati in agricoltura, dovuto da una parte, all’aumento del costo del petrolio e dall’altra, dalla sempre maggiore richiesta di concimi da parte di Paesi ad economia emergente, può contribuire a contenere sensibilmente la dimensione della spesa estera sia per i combustibili che per gli stessi concimi chimici. Appare evidente quindi che l’accumulo della sostanza organica nel terreno, oltre ai vantaggi quale concimante ed ammendante, determina il notevole vantaggio di immobilizzazione della CO2 divenendo il suolo un enorme serbatoio di carbonio con un vantaggio che dovrà essere direttamente quantificabile in termini di crediti di carbonio. Queste considerazioni specifiche sul ruolo del suolo agricolo ai fini del Protocollo di Kyoto, potranno essere meglio approfondite ed analizzate in vista del cosiddetto post-2012. Come ormai è noto, l’Italia, tra le attività non obbligatorie del settore agro-forestale ha eletto la sola “gestione forestale” escludendo quindi la gestione dei terreni agricoli, la gestione dei prati/pascoli e la rivegetazione per la rendicontazione del periodo 2008-2012. Visto il ruolo crescente delle attività agro-forestali nella lotta ai cambiamenti climatici e le già in atto negoziazioni in ambito UNFCCC per il post-2012, si ritiene utile approfondire il ruolo che i terreni agricoli potranno svolgere in futuro in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici.
dott. agr. Ciro Costagliola
(consigliere nazionale Conaf)