02 maggio 2011

Intervento della Dott.ssa Raffaela Valentino impegnata con successo nella cura dei bambini con problematiche psicologiche.


CASERTA – Registriamo un Interessante intervento della Dott.ssa Raffaela Valentino. Laureata in Logopedia presso la Sapienza di Roma, Pedagogia con Specializzazione nella gestione dei servizi educativi e formativi a Napoli, Master in Pedagogia Clinica presso l'Isfar di Firenze. La dottoressa è da anni impegnata con successo nella cura dei bambini con problematiche psicologiche.

E’ oramai nota a tutti - scrive la Dott.ssa Valentino - la differenza tra mente e cervello. Quest’ultimo è composto da tutta una serie di cellule nervose che guidano il nostro corpo nei suoi movimenti, nelle sue sensazioni e nel suo apprendimento. La mente, invece, rispecchia la nostra storia individuale, la nostra unicità biologica e le nostre esperienze. Evidente, quindi, che mente e cervello non sono la stessa cosa. Nonostante ciò, però, mente e cervello si identificano. Se il cervello subisce, infatti, qualche danno neurologico, anche la mente ne risente. Se, invece, è la mente a non funzionare il cervello, attraverso gli strumenti diagnostici (Tac, Pet, Rm), si presenta perfettamente integro. Questo è ciò che avviene, ad esempio, nella maggior parte dei bambini autistici. Possiamo dire che il cervello elabora l’informazione fornitagli dal senso. Da quando nasce, ogni bambino matura le proprie potenzialità genetiche, conoscitive, psico-sociali e culturali. Tale cosa è vera sia per il bambino scevro da qualsiasi problematica che per chi ne ha. L’ambiente in cui l’infante vive, la quantità e la qualità di stimoli che riceve sono lenti di ingrandimento che farà sue e che lo formeranno o, purtroppo, deformeranno per tutta la vita. Stimolazioni poco adeguate o addirittura carenti possono condizionare eventuali potenzialità esistenti. I primi anni di vita rappresentano la base dell’apprendimento di ogni individuo; pertanto le stimolazioni educative e formative devono essere equilibrate e incentivate senza imporre precocità, senza forzare l’apprendimento individuale proprio perché un eccessivo bombardamento di informazioni produce alla mente più danni che non la carenza di stimolazioni. Il bambino che impara a parlare, agisce come una unità di senso perché l’apprendere è produzione di novità. Chi apprende si serve del concreto per andare all’astratto e da esso andare al concreto. In questo percorso è fondamentale l’intelligenza del bambino il quale è in grado di acquisire un linguaggio a partire da emissioni quotidiane disperse e di creare oggetti pieni di significato. Qui è bene aprire una parentesi. Nel 1949 Donald Hebb suggerì che l’apprendimento potesse essere basato sulla modificazione del cervello derivanti dal grado di attività connesse tra i neuroni. Mi spiego:se due neuroni tendono a diventare attivi contemporaneamente il loro legame è rinforzato, altrimenti è indebolito (la cosiddetta regola di Hebb). Il bambino che va a scuola e non vuole distaccarsi dalla mamma, piange e trema. Appena,però, l’insegnante gli tende la mano e lui l’accetta, tutto cambia. Dal caos nasce improvvisamente e miracolosamente un ordine, una struttura organizzata. Ogni atto di reale apprendimento da vita a un sistema di significati. Per questo la conoscenza può essere insegnata. La conoscenza è la vita stessa dell’uomo. Ogni esperienza provoca l’attivazione di determinati circuiti, consolidamento, collegamenti preesistenti e inducendo la creazione di nuove connessioni. La ricerca neuro scientifica (Stern 1987, Siegel 2001), indica come i rapporti interpersonali possono favorire la crescita e la salute del cervello e della mente attraverso l’indagine sulla relazione tra le diverse forme di attaccamento e le competenze del bambino a sintonizzarsi con l’altro; cioè a recepire i segnali che gli vengono trasmessi, a interpretare gli stati della mente e ad integrare i diversi processi. In definitiva – conclude la Dott.ssa Valentino - dalla matassa ingarbugliata della realtà, a un certo punto i fili cominciano a sbrogliarsi da soli e a prendere forma”.

Salvatore Candalino