11 dicembre 2010

I MILLE DUBBI DELLA RIFORMA UNIVERSITARIA.


PIEDIMONTE MATESE. La Riforma Universitaria, sposata dal ministro Mariastella Gelmini, è stata approvata alla Camera dei Deputati a fine novembre con mio grande stupore. Mi sono chiesta, seguendo la diretta parlamentare su Rai 3, se questi nostri parlamentari fossero stati veramente aggiornati sulla situazione di disagio e protesta levatasi in tutto il Paese contro il disegno di legge, proposto ed emendato abbondantemente per attutirne l'impatto. Mi piacerebbe sapere come mai tante proteste rimangono inascoltate e si procede ostinatamente su un binario a senso unico, privo di dialogo con le forze di opposizione, che pure sono state elette dai cittadini italiani. Quando si dice che la maggioranza parlamentare è stata eletta dagli italiani, mi domando chi ha eletto le forze politiche di opposizione. Lasciamo perdere i tanti dubbi che mi possono perseguitare riguardo la vigente legge elettorale che consente di governare con un'ampia maggioranza a chi ha ottenuto poco più del 30% dei consensi. Una maggioranza siffatta può rappresentare tutto il Paese? Credo proprio di no e credo anzi che il dialogo, il confronto e la concertazione debbano essere strumenti abitualmente adottati in una vera democrazia. Ma, tornando alla Riforma Universitaria, definita epocale dal ministro Gelmini, e assolutamente inadeguata a risolvere gli annosi problemi che attanagliano gli Atenei italiani dalle forze politiche di minoranza, sembra proprio che il coro dei “no”, alzatosi a difesa della Scuola pubblica da tutta Italia, diventi ogni giorno più numeroso e rumoroso. Cosa si deve fare allora? Credo che una vera democrazia debba saper ascoltare tutti, anche studenti, docenti e precari degli atenei. Nel 1968, durante la contestazione, gli studenti universitari affiancarono le proteste dei lavoratori e tutti insieme ottennero il riconoscimento dei diritti, che oggi sono forse considerati privilegi, perché pare che il diritto al lavoro e allo studio diventino ogni giorno di più privilegio di pochi. Ricordo benissimo che la nostra Costituzione elenca diritti (quali il lavoro, lo studio e la salute) che devono appartenere a tutti i cittadini e invita i governi ad attivarsi perchè ciò avvenga. E i governi degli Anni Sessanta-Settanta si attivarono per dare agli italiani leggi più eque ed efficaci, più rispondenti ai bisogni di una democrazia in crescita. Come mai i governi dei giorni nostri, sull'esempio di quelli passati, non riescono a fare altrettanto? Può una politica, basata esclusivamente sui tagli al sistema sociale, avere sbocchi per far crescere il nostro Paese? Occorrerebbe un po' più di fantasia e di audacia per far ripartire la nostra splendida Italia e, senza dubbio ,anche una classe politica migliore.

Rosanna Onorii

Ex Segretario Cittadino dei DS