Crescono l’angoscia e l’apprensione per
la sorte dell’equipaggio della petroliera ‘Savina Caydyn’, che, dallo scorso 8
febbraio, sono prigionieri di un gruppo di pirati somali. Negli ultimi sette
giorni, infatti, i sequestratori della nave stessa, si sono fatti sentire con
due minacciose telefonate, attraverso le quali hanno minacciato di iniziare a torturare
i loro prigionieri se le trattative per il pagamento del riscatto non dovessero
sbloccarsi in tempi brevi. Lo hanno fatto per bocca del capitano
dell’imbarcazione in parola, Giuseppe Lubrano, al quale è stato consentito di
chiamare la moglie Nunzia. Ed è stata proprio la consorte del marinaio tenuto
segregato dalla gang di criminali somali a dare l’allarme. La donna ha riferito
pure che il marito le ha detto che, d’ora in poi, le chiamate saranno
quotidiane. I loro aguzzini, ha sostenuto, sono intenzionati a testimoniare in
“diretta” lo stadio di avanzamento delle torture inferte alle loro vittime. E’
dallo scorso 8 febbraio che Lubrano e i 22 membri dell’equipaggio della ‘Savina
Caydyn’(è di proprietà della Compagna di Navigazione napoletana ‘Fratelli
D’Amato’), di cui 5 italiani(due sono di Procida, uno di Gaeta, uno di Piano di
Sorrento e l’ultimo di Trieste) e 17 indiani,sono nelle mani di uomini senza
scrupoli che, per tutto il tempo, hanno minacciato sevizie e violenze sui loro
corpi se le autorità italiane non dovessero aderire alle loro richieste. Per le
prossime ore, dunque, si attendono novità, che, si spera, possano essere
positive.
Daniele Palazzo