24 giugno 2010

NEUCLEARE, IMPORTANTE SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE. I GIUDICI COSTITUZIONALISTI BOCCIANO UNA PARTE DELLA LEGGE 102/2009


FONTEGRECA. Sul Nucleare si è aperto un dibattito veramente interessante in Italia, non privo di posizioni ideologiche che, a volte, pregiudicano il senso dialettico delle discussioni. Ma ora è giunta la sentenza numero 215 del 22 giugno 2010 della Corte Costituzionale che sposta, di molto, i termini della questione. Si può dire che le Regioni, commenta il Prof. Marco Fusco (nella foto) ex Presidente del Consiglio Generale della Comunità Montana del Matese, con il pronunciamento dell’alta Corte, si sono aggiudicate il primo round sul nucleare. La Corte Costituzionale, stando ai primi commenti di autorevoli esponenti della giurisprudenza italiana, ha bocciato, di fatto, una parte sostanziale del decreto legge riguardante l’installazione delle centrali sul territorio nazionale. In particolare, la sentenza appena uscita dal Palazzo dei Marescialli di Roma, ha dichiarato incostituzionale il quarto articolo della legge numero 102 del 3 agosto 2009, reputando incompatibile l’urgenza della costruzione delle centrali nucleari con il ricorso a capitali privati. A sollevare questa questione di incostituzionalità le regioni Umbria, Toscana, Emilia Romagna e provincia autonoma di Trento. Secondo la suprema Corte, in caso di materie strategiche occorre “l’assunzione diretta, da parte dello Stato, della realizzazione delle opere medesime”. E che non c’è motivo, conclude il Prof. Fusco, di sottrarre alle regioni la competenza nella realizzazione degli interventi. Intanto, è imminente un altro pronunciamento della Corte Costituzionale, sempre sulla stessa materia, sui ricorsi presentati da ben dieci regioni. L’istanza fu presentata circa un anno fa perché, nella scelta dei siti che avrebbero dovuto ospitare le centrali, non sarebbe stato chiesto il parere alle regioni stesse. Si ricomincia daccapo? Sembrerebbe proprio di sì. Il nostro auspicio è che, in materia di energia, l’Italia si adegui al resto dell’Europa.

Pietro Rossi