15 marzo 2010

L'ESPERIENZA DI UNA GIOVANE STAGISTA CASERTANA IN SPAGNA.


CASERTA. Quanto racconto è la storia di una grande opportunità, di una fantastica esperienza vissuta, di una occasione di crescita personale e professionale, che – ahimè! – non si è ancora tradotta in un positivo ingresso nel tanto agognato mondo del lavoro!! Nel mese di marzo dello scorso anno, partivo per Siviglia (nella foto), con in tasca una borsa di studio stanziata dall’Unione Europea, nell’ambito del Programma “Leonardo Da Vinci Mobilità” (obiettivo Lifelong Learning Programme) e dall’Ente Provincia di Caserta. Una immediata precisazione è d’obbligo: a disposizione avevo una esigua somma di danaro, (circa il 30% della somma prevista per ciascuna borsa) in quanto la restante parte dell’importo era andata a coprire le spese di volo, trasferimenti, alloggio per 20 settimane, nonché un corso di lingua spagnola (davvero full immersion!) di circa due settimane. In ogni caso, sono sopravvissuta per l’intero periodo, viaggiando, visitando, scoprendo la meravigliosa regione della Andalucìa. Tra l’altro, avvantaggiata da un clima splendido già nel mese di marzo, divenuto torrido, ma tollerabilissimo, nel finale di luglio. Ho svolto il mio tirocinio pratico presso una O.N.G. spagnola, denominata M.P.D.L. “Movimiento por la Paz, el Desarme y la Libertad”, molto famosa sul territorio nazionale, impegnata nella realizzazione di progetti di sviluppo, educazione giovanile, inserimento ed integrazione degli immigrati, orientamento lavorativo e aiuto umanitario tanto in loco quanto nei paesi sottosviluppati. Essendo laureata in Giurisprudenza ed avendo discusso una tesi comparata sul tema dei diritti umani, sono stata assegnata al Dipartimento Legale della organizzazione, dedito principalmente alla attività di consulenza ed assistenza burocratica – completamente gratuita! – agli utenti immigrati che si rivolgessero alla MPDL, per la risoluzione di tutte quelle problematiche legate a permessi di studio e lavoro, soggiorno, cittadinanza, richieste d’asilo, contatti con i Pubblici Registri, Ministero degli Esteri e la Pubblica Amministrazione in generale. Ma il suo fiore all’occhiello era la realizzazione del Programma di “Ritorno Volontario” ( di cui in Italia si sente poco parlare, nonostante sia in linea con la normativa internazionale ed europea che regolamenta il fenomeno migratorio).
Tale programma trova la sua ragion d’essere nella opportunità offerta, dallo Stato ospitante, agli immigrati, che siano in possesso di determinate e precise condizioni, in ordine allo stabilimento e al lavoro svolto sul territorio, di poter fare ritorno al proprio paese di provenienza, con un contributo finanziario, sebbene minino. Ciò, per consentire agli aderenti al progetto di potersi reimpiantare nella terra ove hanno fatto ritorno e ritrovare il proprio posto nel tessuto sociale. Sono tante le famiglie ed i singoli che in condizioni più o meno disperate, perché “ strozzate “ dalla crisi economica e dalla crescente disoccupazione che sta affliggendo la Spagna, hanno aderito al Programma, che – di contro – comporta la rinuncia “volontaria” a tutta una serie di diritti acquisiti, in cambio di un biglietto aereo di “sola andata” e poco più. Devo dire che, dal punto di vista umano, ho vissuto un’esperienza molto toccante. Ciò, non solo per le persone che ho incontrato durante il tirocinio: boliviani, peruviani, argentini, marocchini, africani, colombiani, cileni, russi … insomma: un melting-pot di razze e culture e ciascuno con una storia interessante da raccontare. Ma anche perché ho avuto la fortuna di trovare colleghi affabili e cordiali; un team, prevalentemente femminile, pronto ad accogliermi e ad aiutarmi a superare le difficoltà linguistiche di un linguaggio specialistico, quale quello giuridico, al quale approcciavo con un vocabolario esiguo, essendo giunta in Spagna, con un bagaglio di poche parole all’attivo ed un’ottima padronanza dell’inglese, che mi è servita a ben poco! E qui, consentitemi una digressione sulla attitudine tutta andalusa di tradurre tutto e, in qualche maniera, volta ad impedire in modo velato l’ingresso nel gergo quotidiano di termini esterofili … un esempio per tutti ? “El rattòn”, che sta per “mouse”! Devo dire che la mia fortuna è stata anche quella di aver svolto la mia pratica nel posto giusto, poiché ho rivestito un ruolo attivo nel Dipartimento Legale e l’Avvocato con cui ho lavorato, mi ha trasmesso le sue conoscenze, mi ha concesso di prendere iniziative e mi ha consentito di lavorare direttamente alle varie attività quotidiane. Insomma: non relegandomi al ruolo di stagista, che al massimo impara ad usare la fotocopiatrice! Mi sento di dirlo, poiché l’esperienza di altri Leonardini, così come degli stagisti italiani in generale, non risulta molto “edificante” da un punto di vista professionale. Ciò, tenendo conto del fatto che il programma “ Leonardo Da vinci “,così come voluto dall’Unione Europea, si rivolge a laureati e che il tirocinio internazionale dovrebbe risultare “ professionalizzante ”!
Ed ecco giunti al punto. Ad oggi, sono trascorsi circa 6 mesi dalla conclusione del programma. Ed escludendo il mese di agosto (dovuta pausa estiva) non c’è stata una vera svolta nella mia vita professionale. Con rammarico, sono qui a constatare l’insoddisfazione per l’essere “snobbata” – nonostante un curriculum di tutto rispetto, già nutrito di esperienze professionali e formative, la padronanza di due lingue straniere ed un’ottima conoscenza della mia lingua madre (il chè, non va – a mio parere – posto in secondo piano, viste le denunce giornalistiche in merito agli “strafalcioni” ortografici e sintattici, riscontrati negli scritti di affermati professionisti e specializzandi a vario titolo…). Va aggiunto anche il fatto che noi laureati in giurisprudenza sembriamo essere colpiti inesorabilmente da un pregiudizio, secondo il quale, il nostro unico destino lavorativo sembrerebbe essere l’esercizio della professione forense o tutt’al più quella di promotore finanziario (che è l’unica prospettiva che mi è stata offerta ripetutamente … ).
Per quanto concerne il mondo delle ong italiane o dei Patronati ( che svolgono una serie di attività di consulenza molto simile a quella da me realizzata presso la ong spagnola ), ti offrono al massimo posizioni di “volontario”, in alternativa a quelle che invece richiedono, tra i requisiti valutabili, “anni” – e dico : “anni”!!! - di esperienza pregressa nel ruolo a disposizione!
So, di non essere la sola a versare in questo limbo di inoccupazione … ma mi rende triste il fatto che nessuno oggi si scandalizzi di fronte a situazioni che si traducono, in realtà, in un contratto “lontano miraggio” … ultima prospettiva ( perché lo vedi dal cannocchiale?!?) di lavoro su provvigioni … e/o che ti releghino alla condizione di “volontario a vita”!
E’ vero che da una parte bisogna pur cominciare! E sono tra i sostenitori della gavetta, perché è giusta e in certi casi formativa. Ma fino a che punto accettare quella che si rivela essere una situazione di stagista per l’ennesima volta, senza che si traduca in qualcosa di più? Fino a che punto sottostare a queste regole, essendo consapevoli del fatto che, per certi versi, lo stagista finisce con lo svolgere il lavoro di un normale lavoratore regolare, essendo tuttavia inquadrato in maniera poco “adulta” , - passatemi l’attributo! -non potendo mai compiere il salto di qualità, verso il “mondo dei grandi”, di quelli che lavorano e che possono pensare di acquistare una casa, di potersi creare una famiglia, di sentirsi utili anche da un punto di vista sociale, contribuendo al progresso del paese e blà blà ….?!?
Questo è quello che mi chiedo. E che vorrei che si chiedesse chi comanda!

Linda Iadicicco