01 novembre 2009

ANTICIPAZIONE DOSSIER CARITAS/MIGRANTES .


Può accadere che le persone migranti a causa delle difficili condizioni di vita siano portate a commettere dei reati, un fenomeno la cui lettura si presenta abbastanza complessa, anche a causa di dati scarsi e frammentati. Cercare di mettere ordine in questo delicato ambito è l’obiettivo della ricerca “La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi”, promossa dall’Agenzia Redattore Sociale e realizzata dall’équipe del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, di cui un’anticipazione è stata data ieri a Roma presso la Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi). Il testo sarà parzialmente riportato nel “Dossier Statistico Immigrazione”, che verrà presentato a fine ottobre, mentre la sua versione integrale sarà pubblicata nella prossima edizione della “Guida per l’informazione sociale 2010” a cura di Redattore Sociale, prevista per la fine di novembre. Uno dei risultati emersi dall’indagine è che, nonostante condizioni sociali e normative sfavorevoli, il “tasso di criminalità” degli immigrati regolari nel nostro Paese è solo leggermente più alto di quello degli italiani (tra l’1,23% e l’1,40%, contro lo 0,75%) e, se si tiene conto della differenza di età, questo tasso è uguale a quello degli italiani. A influire sulle dinamiche del fenomeno, infatti, sono le fasce di età più giovani, mentre il tasso di criminalità degli stranieri è addirittura inferiore tra le persone oltre i 40 anni. Gli stranieri regolari incidono sulle denunce all’incirca nella stessa misura percentuale in cui incidono sulla popolazione residente, come si legge anche nel “Rapporto sulla criminalità straniera in Italia” del Ministero dell’Interno. “Come si vede dai dati – ha commentato Franco Pittau, coordinatore Dossier Immigrazione Caritas-Migrantes – la crescita della popolazione immigrata non si traduce automaticamente in un’impennata della criminalità”. Infatti non esiste alcuna corrispondenza tra l’aumento degli immigrati regolari e l’aumento dei reati in Italia: tra il 2001 e il 2005, mentre essi sono cresciuti di più del 100%, le denunce nei loro confronti hanno conosciuto un aumento del 45,9%. Il Capo della Squadra Mobile di Roma, Vittorio Rizzi ha citato le cifre risultanti dall’attività investigativa sottolineando che, per quanto riguarda la città di Roma, sul totale delle denunce circa il 59% ha riguardato italiani e il 40% stranieri, mentre in merito agli arresti nel 43,63% dei casi si è trattato di italiani e nel 56,34% di stranieri. “Stiamo svolgendo un lavoro di rete con il pubblico e il privato sociale – ha aggiunto il Capo della Mobile – ma quello che ci preoccupa è il calo degli interventi di protezione sociale, scesi dai 109 del 2005 ai 31 di oggi”. Il coinvolgimento degli immigrati in attività criminose è legato in maniera preponderante alla condizione di irregolarità: oscilla infatti tra il 70 e l’80% la quota di irregolari tra le persone denunciate. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha precisato che, tra quanti entrano irregolarmente via terra o via mare, più della metà vengono riconosciuti come richiedenti asilo e meritevoli di protezione umanitaria. Laura Boldrini, portavoce Unhcr Italia ha precisato che “i rifugiati in Europa sono circa due milioni e mezzo, in Asia 17 milioni e in Africa 10 milioni”. Inoltre, nonostante sia molto alto il numero delle persone “di passaggio” in Italia per vari scopi, sia regolari (in esenzione non solo del permesso di soggiorno ma anche del visto) che irregolari, non esistono cifre attendibili sul loro turn over e dunque tale platea non viene inclusa nei calcoli sul tasso di criminalità che, di conseguenza, viene maggiorato rispetto al reale. La precauzione a non equiparare gli irregolari con i delinquenti viene suggerita anche dal fatto che, tra gli attuali 4 milioni di cittadini stranieri residenti in Italia, almeno 2 milioni siano stati irregolari per un periodo più o meno lungo a causa della complessità della normativa sugli stranieri e della capacità di attrazione del circuito del lavoro nero.


Fonte: ISFOL