04 settembre 2009

AMARA TESTIMONIANZA DI UNA GIOVANE DISABILE IN CERCA DI LAVORO.


Piedimonte Matese. Tutti i giorni noi operatori dell’informazione, sempre più attenti ai problemi sociali, scriviamo e raccontiamo delle storie che scaturiscono dalle condizioni di vita delle fasce più deboli, ma spesso le parole non bastano ci vogliono anche i fatti. Ecco perché oggi vi sottoponiamola l’amara storia di Angela una ragazza di Piedimonte Matese, diversamente abile, che vuole lavorare ma non riesce a trovare un lavoro nonostante la grande volontà. Ho trentadue anni, ci racconta Angela, e mi ritengo una delle, purtroppo, tante persone diversamente abili dimenticate dalle istituzioni. Sembra ieri quando ho iniziato questa lunga e sofferente battaglia per la ricerca della tanto agognata indipendenza economica, diventata ormai un’utopia per tanti giovani. Sono dieci anni che busso tante porte per chiedere un semplice posto di lavoro. Nel mio caso, visto che non ho pretese, mi sarei accontentata di un tranquillo posto da centralinista. Ora, qualcuno mi può spiegare quali enormi requisiti sono richiesti per ricoprire questo ruolo? Oltre all’essere educati, comunicativi, e aver superato, con il voto di 48/60,gli esami di maturità? La mia disabilita è fisica, essendo nata con una paraparesi spastica agli arti inferiori, tuttavia, mi tocca sentirmi dire, dopo due mesi di prova, che non sono “idonea” per il posto di centralinista, mansione tra l’altro dedicata proprio alle categorie protette. Unica giustificazione: “mancato superamento della prova”. Eppure credo di meritare una briciola di risposta concreta. In cosa ho mancato? Ho sempre rispettato gli orari i lavoro, non ho mai mancato del rispetto ai miei colleghi. E, a detta degli stessi datori di lavoro, mi sono comportata sempre bene ma bisognava dare l’opportunità anche ad altre persone. Cosa che mi starebbe anche bene se solo non si facessero promesse di un posto a tempo indeterminato quando poi si pensa premeditatamente che l’assunzione non avverrà per “mancato superamento della prova”. Mi è difficile capire, conclude Angela, perché esistono delle leggi, come la famosa legge 68/99, che cerchino di dare dignità e pari opportunità anche a chi è diversamente abile per poi scoprire che queste leggi rimangono solo sulla carta e nelle buone intenzioni di pochi. Coloro che dovrebbero garantire il rispetto delle norme per le pari opportunità dove sono? Cosa fanno? Sempre più persone, nelle mie stesse condizioni, si sentono raggirate, abbandonate e dimenticate. In verità, molto si deve ancora fare per migliorare la vita di tutti i disabili secondo il principio delle pari opportunità. In particolare, una delle barriere da abbattere, a costo zero per lo stato e per chiunque, è quella “mentale”. Perché non si è ancora pensato di aggiungere all’elenco delle belle e toccanti “pubblicità progresso” una che inviti i cittadini ad eliminare i pregiudizi contro chi è altrettanto abile, magari con tempi e modalità differenti ma non per questo “manchevole o incompetente”?


Pietro Rossi