12 agosto 2009

IL DOTT. CHIODI FA ALCUNE PRECISAZIONI SULLA QUESTIONE DELLE COMUNITA' MONTANE.


Riceviamo dal Dott. Pasquale, Andrea Chiodi Dottorando di ricerca in Diritto Costituzionale.

alcune precisazioni in merito all’articolo, apparso su Weblog tv dell’alto casertano ed altri siti, dal titolo Clamoroso!!! Questione Comunità Montane, la Corte costituzionale boccia la riforma!


"Mi corre l’obbligo, in quanto giurista, di replicare nel merito ad alcune osservazioni formulate nel suddetto articolo, anche in relazione all’anticipazione sulla notizia riferita dal prof. Fusco. L’articolo in esame, infatti, reca alcune inesattezze, di carattere sia politico, sia propriamente giuridico, che meritano di essere corrette sul nascere, al fine di rendere ai lettori, del sito e della carta stampata, il dovuto servizio di informazione.
V’è da precisare, anzitutto, che le norme oggetto di esame da parte della Corte Costituzionale nella sentenza n° 237 depositata il 24 luglio scorso sono precisamente i commi da 17 a 22 dell’art. 2 della Legge 24 dicembre 2007, n° 244 – legge finanziaria 2008; ricorderà il lettore che il 24 dicembre 2007 al Governo era il Presidente del Consiglio Romano Prodi (G. Amato Ministro degli Interni e L. Lanzillotta Ministro per gli Affari Regionali), non già il Presidente Silvio Berlusconi. Dopo la proposizione del ricorso alla Corte Costituzionale (peraltro solo dalle Regioni Toscana e Veneto, non dalla Regione Campania), il Governo Berlusconi è intervenuto con il decreto – legge 3 giugno 2008, n° 97, modificando a vantaggio delle Regioni i termini per l’adeguamento ai principi statali in materia di riduzione dei cosiddetti “costi della politica”.
Il comma 17 citato prevede testualmente che le regioni, al fine di concorrere agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, entro il 30 settembre 2008 provvedono con proprie leggi, sentiti i consigli delle autonomie locali, al riordino della disciplina delle comunità montane, ad integrazione di quanto previsto dall’articolo 27 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in modo da ridurre a regime la spesa corrente per il funzionamento delle comunità montane stesse per un importo pari almeno ad un terzo della quota del fondo ordinario di cui al comma 16, assegnata per l’anno 2007 all’insieme delle comunità montane presenti nella regione. Il successivo comma 18 prevede pertanto i principi cui le regioni, nell’ambito della propria potestà legislativa, devono seguire nell’opera di riordino: le leggi regionali di cui al comma 17 tengono conto dei seguenti princìpi fondamentali: a) riduzione del numero complessivo delle comunità montane, sulla base di indicatori fisico-geografici, demografici e socio-economici e in particolare: della dimensione territoriale, della dimensione demografica, dell’indice di vecchiaia, del reddito medio pro capite, dell’acclività dei terreni, dell’altimetria del territorio comunale con riferimento all’arco alpino e alla dorsale appenninica, del livello dei servizi, della distanza dal capoluogo di provincia e delle attività produttive extra-agricole; b) riduzione del numero dei componenti degli organi rappresentativi delle comunità montane; c) riduzione delle indennità spettanti ai componenti degli organi delle comunità montane, in deroga a quanto previsto dall’articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.
Orbene, da quanto si legge, non si rintracciano i caratteri di una “riforma” del ruolo delle Comunità Montane nelle poche norme sopra citate, bensì un intervento puntuale orientato esclusivamente alla riduzione del costo di gestione degli enti montani. In ogni caso, tali commi, ispirati allo scopo non di eliminare le Comunità Montane, bensì al risparmio di spesa che devono comportare, sono stati dichiarati legittimi dalla Corte costituzionale nella suddetta sentenza.
La Corte ha anzitutto riconosciuto alle Regioni la competenza a legiferare in materia di Comunità Montane, tanto che solo la Regione potrebbe disporne con propria legge l’eventuale soppressione (richiamando sul punto la precedente sentenza n° 229 del 2001) proprio perché le Comunità Montane non sono enti “costituzionalmente necessari” ai sensi dell’art. 114 Cost., diversamente dai Comuni e le Province. La Corte ha ritenuto legittimo l’intervento statale, espresso dai predetti commi impugnati, dichiarando inammissibile il ricorso sul punto, fondandosi essenzialmente sul presupposto della finalità di riduzione dei costi degli Enti montani (Sulla base delle considerazioni che precedono, deve ritenersi che le disposizioni contenute nel comma 17 in esame costituiscono effettivamente espressione di princípi fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica, proprio per la chiara finalità che, mediante il divisato riordino delle comunità montane, si propongono di raggiungere e per la loro proporzionalità rispetto al fine che intendono perseguire. Ciò in quanto il loro scopo è quello di contribuire, su un piano generale, al contenimento della spesa pubblica corrente nella finanza pubblica allargata e nell'ambito di misure congiunturali dirette a questo scopo nel quadro della manovra finanziaria per l'anno 2008. Punto 23.9 del considerato in diritto della sentenza), giustificato dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, con i vincoli di equilibrio di bilancio complessivo (punto 17 del considerato in diritto).

La Corte ha ritenuto validi, inoltre, i criteri proposti dal comma 18 cui le Regioni devono attenersi, nella propria legislazione di riordino, per conseguire gli auspicati risparmi di spesa: il legislatore statale, anche con il predetto comma, in funzione dell'obiettivo di riduzione della spesa corrente per il funzionamento delle comunità montane, e senza incidere in modo particolare sull'autonomia delle Regioni nell'attuazione del previsto riordino, si limita a fornire al legislatore regionale alcuni “indicatori” che si presentano non vincolanti, né dettagliati, né autoapplicativi e che tendono soltanto a dare un orientamento di massima alle modalità con le quali deve essere attuato tale riordino. L'espressione «tengono conto», con la quale si apre il comma 18, va intesa nel senso della non vincolatività per le Regioni delle suddette indicazioni, le quali, pertanto, pur qualificate formalmente alla stregua di «princípi fondamentali», di tale categoria condividono solo la necessità per la loro attuazione dell'intervento del legislatore regionale, ma non l'obbligo per quest'ultimo di conformare la sua azione all'osservanza dei princípi stessi. Non senza ragione, infatti, la disposizione impugnata fa riferimento ad «indicatori», vale a dire ad elementi che, pur idonei a costituire un valido parametro di riordino, tuttavia, in tanto possono contribuire alla richiamata finalità di contenimento della spesa corrente, in quanto ne sia valorizzata l'adeguatezza, rispetto a tale obiettivo, in ragione delle caratteristiche di ciascun territorio regionale, secondo una valutazione operata, in piena autonomia, da ogni Regione. Punto 24.2 del considerato in diritto della sentenza).
La Corte ha dichiarato del tutto inammissibile la censura del comma 19.
Ad essere stati dichiarati illegittimi, in realtà, sono solo i commi 20, 21 (in parte) e 22 dell’art. 2 della legge 244, in quanto lesivi dell’autonomia regionale, poiché prevedevano un sistema di controllo statale sulla effettiva riduzione del costi degli enti montani conseguenti al riordino e, in caso di inadempimento delle regioni, abilitavano un intervento sostitutivo diretto ed immediato da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri (un intervento in tal senso è avvenuto con il D.P.C.M. 19 novembre 2008). La Corte (punti 26.1 – 29 del considerato in diritto).
Ne consegue che, anche dopo la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, incombe sulle Regioni la necessità di procedere al riordino delle proprie Comunità Montane; salvando parte del comma 21, la Corte ha ritenuto che spetti al Governo nazionale, sentita la Regione interessata, accertare i risparmi di spesa ottenuta dal riordino. Le conseguenze della decisione della Corte si concentrano proprio sugli effetti dell’accertamento del mancato risparmio: alla automatica soppressione delle Comunità Montane previste dalla norma annullata, si sostituirà la generale previsione dell’intervento sostitutivo del Governo, disciplinato dall’art. 120 della Costituzione e dall’art. 8, comma 1 della Legge 131/2003, cosiddetta Legge “La Loggia”, che ha attuato la riforma costituzionale del titolo V, anch’essa targata centro – sinistra: il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
Come si vede, derivando la riduzione degli oneri per le Comunità Montane da obblighi comunitari (come riconosciuto dalla stessa sentenza al n°17 del considerato in diritto), le Regioni hanno l’obbligo giuridico di provvedere al riordino, con finalità eminentemente finanziarie, pena l’intervento sostitutivo statale. Molte Regioni, comprese Veneto e Toscana, hanno intrapreso la via della riduzione ed è sub iudice la quantificazione dei risparmi realizzati. In ogni caso, lo Stato sta già intervenendo indirettamente, procedendo al progressivo ridimensionamento delle disponibilità finanziarie indirizzate alle Comunità Montane, in primis il fondo per la montagna (art. 2 L. 97/1994) nelle leggi finanziarie degli ultimi anni.
In conclusione, confermando l’impianto dell’intervento del 2007, a mio modesto parere la sentenza della Corte costituzionale andrebbe letta nel modo del tutto opposto a quanto fatto dall’egregio prof. Fusco, ossia come conferma dell’intento di riduzione dei famigerati “costi della politica”: grava sulle Regioni e sulle singole Comunità Montane l’onere della prova di dover dimostrare la persistente attualità ed utilità di questi Enti.
Non è che abbiamo letto sentenze diverse?

Dott. Pasquale, Andrea Chiodi
Dottorando di ricerca in Diritto Costituzionale.