12 novembre 2008

L'ACQUA: BENE COMUNE PRIMARIO.


Quarto intervento, sempre sull’acqua. Proviamo anche solo per qualche istante a riflettere su un dato di fatto. Se è vero che, come ho ripetuto fino ad annoiarvi, l’acqua è un bene comune primario, e che perciò il diritto di tutti all’uso dell’acqua va difeso ad ogni costo, poniamoci una domanda: quante volte al giorno uso l’acqua per bere? Mi riferisco naturalmente all’acqua del rubinetto. Non è paradossale che si difenda l’acqua e poi la si usi per mille scopi tranne che per quello principale: dissetarci? Perché la mania di ricorrere all’acqua minerale? È diventata ormai prassi comune che essa sia una necessità di cui non è lecito farne a meno. Se andate al bar o in un ristorante e chiedete l’acqua del rubinetto spesso capita che non ve la diano. Motivo? Potrebbe recare danno alla salute. Quanta difficoltà - un altro esempio - per me prete di parrocchia mettere a disposizione dei bambini che frequentano l’oratorio l’acqua del rubinetto. Tra parentesi: non sarebbe anche un risparmio di soldi? Perché pagare una bottiglietta di acqua minerale? So già la tua obiezione: l’acqua del rubinetto non darebbe le garanzie che invece dà l’acqua minerale. Ma chi te l’ha detto? O, meglio, chi ti ha catechizzato così bene da ingannarti? Naturalmente chi ha interesse perché tu paghi un prodotto che arricchisce le tasche di qualche ditta che distribuisce l’acqua minerale. Volete saperne di più? Lascio la parola a gente più competente di me. Dico subito che si tratta di interventi che risalgono a qualche anno fa. Tuttavia il pensiero di fondo rimane attuale. Forse bisognerebbe aggiornare i dati e le cifre ma in senso peggiorativo. Purtroppo. «È molto chiaro che fare affidamento sull’acqua in bottiglia, pensando che solo perché non viene dal rubinetto sia più pura e immune dall’inquinamento, non risolverà affatto i problemi di sicurezza e approvvigionamento», afferma Gianfranco Bologna, portavoce del WWF Italia. «Ma la migliore acqua da bere non si trova necessariamente in una bottiglia», chiarisce Bologna. «Se vogliamo bere acqua pura dobbiamo porre maggiori sforzi nel proteggere fiumi, laghi e falde idriche, e poi investire in modo che tale acqua arrivi in modo sicuro al consumatore attraverso i rubinetti». Per queste ragioni, l’acqua minerale è stata inclusa tra gli otto mali che affliggono l’acqua in Italia nel controforum organizzato a Firenze negli stessi giorni del Terzo forum mondiale dell’acqua che si è tenuto a Kyoto nel marzo 2003. Non solo: il consumo di acqua minerale è stato incluso fra i mali del «Pozzo di Antonio», il rapporto sullo stato dell'acqua in Italia, a cura di Riccardo Petrella, presidente del Comitato italiano del contratto dell'acqua, che delinea un quadro dello stato delle risorse idriche nel nostro paese e della loro gestione. E dove starebbe il male? L'acqua minerale non è forse più pura e più sana e, dunque, migliore per la salute di quella potabile? «La prima ragione del 'male' - risponde Petrella - sta per l'appunto nell'ingiustificata credenza che l'acqua minerale sia più pura e più sicura dell'acqua potabile. L'acqua minerale non è né per definizione né in pratica necessariamente più pura e più sana dell'acqua potabile, si legge nella relazione. Anzitutto l'acqua minerale non è considerata dal legislatore un'acqua potabile, ma come un'acqua terapeutica in ragione di certe caratteristiche fisico-chimiche che ne suggeriscono un uso per fini specifici. Per queste ragioni è consentito alle acque minerali di contenere sostanze come l'arsenico, il sodio, il cadmio in quantità superiori a quelle invece interdette per l'acqua potabile. Mentre non è permesso all'acqua potabile di avere più di 10µg/l (microgrammi per litro) di arsenico, è frequente che nella maggior parte delle acque minerali siano contenute 40/50µg/l di arsenico senza l'obbligo di dichiararlo sulle etichette. Lo stesso vale per altre sostanze. Una clamorosa omissione che può essere pericolosa per la salute di chi beve sistematicamente la stessa acqua minerale per anni senza controllo medico. Ricordiamo, inoltre, che nel febbraio 2000, l'Italia ha ricevuto un ammonimento da parte della Commissione dell'Unione europea, perché i valori massimi previsti per alcune sostanze tossiche e indesiderabili nelle acque minerali italiane erano superiori alle norme imposte a livello comunitario». «La seconda ragione del 'male' - aggiunge Petrella - risiede nel fatto che se - come abbiamo visto - l'acqua minerale non è né più pura né più sana della potabile è certamente molto più cara: dalle 300 alle 600 e persino 1000 volte più cara. Il successo di mercato delle acque minerali è chiaramente uno scandalo. Ci troviamo di fronte a un fenomeno di sfruttamento a fine di lucro di un bene demaniale che secondo quanto ha riconfermato la legge sull'acqua del 1994 (la legge Galli) fa parte del patrimonio inalienabile delle regioni. Lo sfruttamento avviene con il beneplacito formale ed esplicito delle autorità pubbliche. Le regioni hanno ceduto il diritto di gestione delle acque minerali a delle tariffe ridicolmente basse. Il caso della Lombardia, una delle regioni a più alta densità di fonti minerali illustra bene la situazione. Su più di 2000 miliardi di lire che rappresentano il business delle acque minerali in Lombardia per 8 miliardi di litri di acqua estratti di cui solo 2 miliardi e mezzo sono stati imbottigliati e venduti (che fine hanno fatto gli altri 5,5 miliardi di litri estratti?), la regione Lombardia ha visto arrivare nelle sue casse meno di 300 milioni di lire, una miseria rispetto agli incassi delle imprese private. Quel che è grave è che più dell’80% delle acque minerali sono imbottigliate in contenitori di plastica (in Pet), il cui costo si aggira sui 1° cent contro i 25 cent per la bottiglia di vetro. I costi dello smaltimento ricadono sulle regioni che spendono di più di quanto incassino dai canoni delle concessioni di sfruttamento delle fonti». «Non è difficile capire, ora, - precisa Petrella - perché il business dell’acqua minerale sia così lucroso e le ragioni che hanno spinto il capitale privato a influenzare, tramite la pubblicità e la potenza della grande distribuzione, il comportamento delle popolazioni occidentali a diventare dei grossi consumatori d’acqua minerale. Aneddoto che aggiunge il 'comico' a una situazione inquietante: nel febbraio 2002 un decreto del Ministero della Sanità ingiungeva agli esercizi di vendere al consumatore l’acqua minerale naturale originariamente preconfezionata in confezione integra o aperta soltanto al momento della consumazione. Una tale misura, se fosse entrata in vigore, avrebbe comportato uno sperpero inimmaginabile di bottiglie. Fortunatamente, di fronte alla numerose critiche, il Ministero ha ritirato il decreto alcuni giorni dopo averlo adottato». «La terza ragione del 'male' - continua Petrella - risiede nella mercificazione dell’acqua e nella privatizzazione dei servizi d’acqua. Questi hanno trovato nel business delle acque minerali uno strumento potente di stimolo e di 'legittimazione'. Perché non mercificare anche l’acqua potabile, si sono detti gli operatori privati? Che differenza c’è – domandano – tra l’acqua potabile e l’acqua minerale? Se la mercificazione di quest’ultima non solleva nessun problema economico, politico, sociale, etico, perché – si chiedono il consumatore e il finanziere – si deve impedire di vendere e acquistare l’acqua potabile come ogni altra merce? Perché le imprese private non dovrebbero prendersi cura anche dei relativi servizi idrici? Il mondo commerciale dell’acqua minerale sta scombussolando l’intero settore dell’acqua.
Attirate dagli alti livelli di profitto e dalle allettanti promesse future del business acqua, potenti imprese come la Coca Cola sono entrate anch’esse nel settore introducendo un nuovo tipo di 'acqua da bere', l’acqua purificata. L’acqua 'purificata' non è altro che acqua d’acquedotto sottoposta ad alcune operazioni di demineralizzazione e di declorizzazione. Piano piano, il legislatore ha autorizzato anche in Italia la vendita in bottiglia dell’acqua di rubinetto. Una grande confusione caratterizza sempre più il 'business dell’acqua' composto da un numero crescente di tipi d’acqua: acqua potabile di rubinetto, 'acqua da tavola’ (si tratta di acque da potabili in bottiglia), acqua potabile in bottiglia in bottiglia 'naturale' con 'aggiunta di anidride carbonica', acqua 'purificata', acqua naturale minerale (acqua minimamente mineralizzata, acqua oligominerale, acqua minerale terapeutica), acqua di sorgente (cioè acqua potabile prelevata alla fonte ma che non può essere clorata. Tutte le acque minerali sono di sorgente ma non tutte le acque di sorgente sono minerali), acqua di sorgente 'naturale', acqua di falda. L’espansione del 'mercato dell’acqua' ha condotto a un rimescolamento delle carte a livello delle imprese: le imprese tradizionali d’acqua minerale sono entrate nel settore dell’acqua potabile in bottiglia e, viceversa, le imprese d’acqua potabile cominciano a intervenire nel settore delle acque in bottiglia (minerali comprese). Tutto ciò in una logica commerciale e di profitto. La mercificazione dell’acqua, facilitata dal boom delle acque minerali, rappresenta uno dei mali più gravi e insidiosi».
Don Giorgio De Capitani

Fonte:dongiorgiodecapitani.it