30 aprile 2008

Tre giovani denunciati alla Procura della Repubblica per vilipendio di cadavere.


Raviscanina. Tre giovani sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere per danneggiamento e vilipendio di cadavere. Tutti incensurati, nella nottata tra venerdì e sabato, si sono introdotti nel cimitero di Raviscanina ed hanno cominciato a sfasciare tre lapidi presenti all’interno del camposanto, danneggiato altre e buttato a terra vasi portafiori. Dopo questo atto incredibile i tre, non contenti, ne hanno messo in atto un altro ancora più grave.Infatti, dopo aver preso un teschio da una bara trafugata, hanno cominciato a giocare a calcio con lo stesso.I tre, un ventenne R.D.M., un 29enne A.M. e un 30enne A.N., due disoccupati e un operaio, tutti incensurati originari di Piedimonte Matese ma due residenti a Raviscanina e uno a Sant'Angelo d’Alife, sono stati sorpresi dai carabinieri della stazione di Ailano guidati dal maresciallo Giuseppe Ratta e coordinati dalla compagnia di Piedimonte Matese diretta dal capitano Salvatore Vitiello (nella foto) all’interno del luogo sacro.I tre, probabilmente erano anche ubriachi con i militari dell'Arma, si sono giustificati dicendo di aver compiuto il raid vandalico "solo per divertirsi". Un fatto davvero incredibile che ha fatto gridare allo scandalo nella piccola comunità ai piedi del Matese. Non è possibile, infatti, che dei giovani pensino di compiere un simile gesto e, addirittura, lo mettono in atto senza alcun problema. Il rispetto per le persone defunte è alla base dell’educazione di ogni essere umano e probabilmente negli ultimi anni un simile episodio non era mai avvenuto nel nostro territorio. Il vilipendio fu introdotto nell’ordinamento giudiziario italiano nel 1889 (Codice Penale c.d. «Zanardelli»). Fino ad allora il reato previsto in casi simili era quello di blasfemìa. Questo Codice tutelava l’espressione della libertà religiosa, in forma sia individuale che collettiva, senza discriminazioni tra i culti. L’accusa sussisteva solo laddove vi era volontà di offendere la fede professata dalla persona offesa, e questa presentava querela.


Ivan Noviello Gazzetta di Caserta