21 gennaio 2013

La conciliazione nel licenziamento per motivi economici, indicazioni del Ministero del lavoro

Elsa Fornero
Il Ministero del lavoro ha fornito indicazioni sulla procedura conciliativa legata ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo prevista dall’art. 7 della Legge n. 604/1966, riformulato dalla Legge n. 92/2012 (c.d. riforma Fornero). La recente disposizione affida alla commissione provinciale di conciliazione istituita ex art. 410 c.p.c., il compito di espletare il tentativo di conciliazione che deve precedere il recesso. La procedura pone un intervallo temporale tra il momento in cui il datore di lavoro manifesta la propria volontà di cessare il rapporto, comunicata al lavoratore interessato e quello nel quale il licenziamento esplica i propri effetti. Sono tenuti al rispetto della norma tutti i datori di lavoro che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo occupino alle proprie dipendenze più di 15 unità (più di 5 se imprenditori agricoli), i datori che nello stesso ambito comunale occupino più di 15 lavoratori, pur se ciascuna unità produttiva non raggiunga tali limiti (per l’imprenditore agricolo dimensionato oltre le 5 unità vale lo stesso principio) e, in ogni caso, a chi occupa più di 60 dipendenti. La motivazione del licenziamento per cui occorre attivare la procedura deve essere riferibile ad un giustificato motivo oggettivo, secondo quanto prevede l’art. 3, seconda parte, della L. n. 604/1966, ovvero a ragioni inerenti l’attività produttiva è una scelta riservata all’imprenditore. Il Ministero del Lavoro non ritiene invece ricompreso nell’ambito dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo il licenziamento avvenuto per superamento del periodo di comporto. Il datore di lavoro rientrante nel campo di applicazione della norma che intende procedere ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo è obbligato ad inviare una comunicazione scritta alla Direzione del lavoro e trasmetterla per conoscenza al diretto interessato. Il nuovo art. 7 della L. n. 604/1966  individua attraverso il solo luogo di svolgimento dell’attività del dipendente  l’organo ministeriale competente per territorio. La comunicazione datoriale va effettuata per iscritto ed indicare la motivazione del recesso e la descrizione delle misure eventuali di assistenza alla ricollocazione. La Direzione territoriale del lavoro che ha ricevuto la comunicazione datoriale deve convocare le parti avanti alla commissione provinciale di conciliazione entro il termine perentorio di 7 giorni dalla ricezione dell’istanza. In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare all’incontro procedura può essere sospesa per un massimo di quindici giorni. La procedura di conciliazione si deve concludere entro 20 giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro. In presenza di un legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare alla riunione fissata per il tentativo di conciliazione, per un periodo massimo di 15 giorni. In caso di fallimento del tentativo di conciliazione, il datore di lavoro può procedere al licenziamento del lavoratore individuato. In alternativa, se per una qualsiasi ragione non è stata effettuata la convocazione per il tentativo di conciliazione richiesto, il datore può procedere con proprio atto di recesso unilaterale, trascorsi i 7 giorni dalla ricezione della propria richiesta di incontro da parte della Direzione territoriale del lavoro. Il licenziamento adottato al termine della procedura conciliativa ha effetto “dal giorno della comunicazione con cui il procedimento è stato avviato”, ossia dal giorno di ricezione, da parte dell’Ufficio, della comunicazione datoriale relativa al “preavviso di licenziamento”, salvo l’eventuale  diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva. Ferma restando la nullità del licenziamento intervenuto in costanza di maternità/paternità, gli effetti del licenziamento rimangono sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come “preavviso lavorato”, con corrispondente riduzione della relativa indennità in ragione della retribuzione corrisposta nello stesso periodo. La risoluzione consensuale del rapporto al termine della procedura obbligatoria di conciliazione consentirebbe comunque al lavoratore il diritto al “godimento” dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego. La risoluzione consensuale del rapporto sottoscritta avanti alla commissione provinciale di conciliazione sarebbe, infine, anche esaustiva rispetto alla procedura formale prevista per garantire la genuinità delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali.