07 luglio 2010

Pellegrinaggio di fatica per un gruppo di fedeli di un comune casertano.


Caiazzo – Un pellegrinaggio sicuramente poco comune, per riflettere, che fa riflettere. Per certi versi commovente. Evento straordinario, che si perde nella notte dei tempi, sospeso per alcuni anni nel dopoguerra, e ripristinato con grande impegno e vigoria. Settantacinque chilometri dividono Caiazzo, provincia di Caserta dalla meta da raggiungere, il Santuario di Montevergine, in provincia di Avellino. Due province da attraversare, un gioco da ragazzi con uno dei confortevoli pulman di nuova generazione. Niente di tutto questo. Perché, per raggiungere il Santuario, i pellegrini caiatini, usano, come nell’antica tradizione, un mezzo di locomozione naturale: le proprie gambe, e una forza di volontà sicuramente eccezionale.. Esibizionismo, eccesso di protagonismo, tradizione ritenuta un’esagerata mortificazione corporale: un rito , in un paese rimasto troppo legato al passato, non più in linea con i tempi- la risposta degli immancabili moralisti di professione. Catalogabile come forma di devozione: un atto d’amore, per invocare una sorta di protezione, nel difficile cammino della vita, che non riserva sempre gioia, ma anche tante amarezze e insidie: la richiesta di un aiuto misericordioso, la speranza di un miracolo, il ringraziamento per averne ricevuto uno. Una penitenza, figlia di consuetudini familiari, situazioni umane- un sacrificio difficile da comprendere, per chi crede in niente e in nessuno, che mai potrà entrare nell’intima natura psico-religiosa di queste persone- che “infondono” simpaticamente un senso di superiorità psico-fisica, nei confronti di comuni mortali. Uomini, donne, anziani e ragazzi- che nei primi giorni di luglio, partecipano ogni anno alla Peregrinatio Caiatina- un rito voluto dalla gente, talmente compresa nel ruolo, da apparire come statue in ogni momento del faticoso e lungo percorso - che si raduna prima della partenza nella Cattedrale, per pregare e invocare protezione, sul cammino del Santuario.
IL PELLEGRINAGGIO IN PILLOLE
Una nenia accompagna la partenza, mixata a preghiere lungo la maggior parte del percorso, fatto di strade e sentieri impervi: dopo circa venti chilometri, a Sant’Agata dei Goti, prima tappa di ristoro e riposo in una scuola, tutti distesi sul pavimento. A notte inoltrata si riparte, incrociando l’alba e camminando sotto la canicola, per tutto il giorno, attraversando San Martino Valle Caudina, con approdo ai piedi del monte(Ospedaletto), scalato all’alba del giorno dopo, con breve sosta al “Sedile della Madonna”. Due ore di cammino, per arrivare alle scale del Santuario, salite in ginocchio: ingresso nel Santuario, recita del Rosario, per seguire poi la celebrazione della Messa, officiata da monsignor Antonio Chichierchia, parroco della Cattedrale.
“Statte bon Madonna mia, l’ann ch vèn c turnamm a venì”- il canto finale, che congeda i pellegrini dal Santuario, abbandonato a ritroso, senza voltare le spalle alla Madonna.
“Nell’anno del ripristino-sottolinea Gino Mirto, deus ex machina dell’evento, organizzato in collaborazione di Giuseppe Cristillo e Stefano Civitella- eravamo meno di venti: affrontammo diffidenze, incredulità e freddezze- che non fermarono la nostra volontà, di portare avanti una cosa sentita nei nostri cuori, cercata, voluta- negli anni sempre meglio progettata ed elaborata nei dettagli”. Missione esemplare, esempio da seguire, quella dei “silenziosi eroi caiatini”, mai alla ricerca di clamore , di applausi o lodi esterne- premiati dalla soddisfazione interna che la coscienza del bene regala agli uomini di buona volontà. “Pellegrini che aumentano ogni anno di più - dichiarano in sincronia Cristallo e Civitella- quest’anno i partecipanti sono stati ottantasei- con l’aiuto della madonna, tutto è filato liscio”. Un pellegrinaggio di fatica, a cui partecipa gente comune, non abituata alle maratone: uomini, donne, persone anziane, bambini-, ma la sorpresa, è rappresentata dalla numerosa presenza di giovani, sedotti dall’evento- vissuto con partecipazione. Quest’anno, 86 i partecipanti, 8 anni, il più piccolo, e 74 primavere, il più anziano
Processione-penitenza liberatoria, seguita da due safety car, che assistono i pellegrini, in caso di bisogno. Penitenza , che fa parte della cultura della vita dei cittadini di Caiazzo, qualcosa, che, forse, niente e nessuno potrà mai cambiare, snaturare o cancellare. Da quello che si respira, tra la gente di Caiazzo, sarà difficile cambiare le cose, impedendo in futuro il sacrificio: versare “il proprio sudore”, tra storia e leggenda, sofferenza e speranza, dolore e gioia, fede e folclore, disciplina e penitenza. Mai a nulla serviranno screening sociologici, antropologici: la risposta al perché di questo pellegrinaggio: “lo facciamo e lo faremo sempre Gratis et amore Dei, è nel nostro DNA questa tradizione”- la risposta sincronizzata dei partecipanti: gente, forte, laboriosa, per nulla decisa a cancellare la propria storia. Per non dimenticare. Un buon futuro si costruisce, ricordando il passato. Intanto già si pensa alla Peregrinatio Mariae edizione 2011. “Saremo in cento l’anno prossimo”- assicura entusiasta M.L.D.C. – “novizia” colpita positivamente dall’esperienza, che conta di fare anche l’anno prossimo.




Giuseppe Sangiovanni