20 novembre 2009

DICIAMO NO ALLA TEORIA DELLA COLTIVAZIONE.


PIEDIMONTE MATESE. Per esercitare al meglio la mia professione di pediatra di famiglia, giornalmente a contatto con genitori sempre più ansiosi, ho ritenuto necessario studiare la scienza della comunicazione. Mi ha incuriosito e fatto riflettere la teoria della coltivazione, che sostanzialmente teorizza e studia analiticamente gli effetti cumulativi che i mass media in generale e la televisione in particolare determinano sui comportamenti della popolazione. Personalmente verifico spesso gli effetti perversi che essa può determinare. Atterrisco quando vedo bambini e giovani ( e, spesso, purtroppo, anche i loro genitori) uniformarsi a comportamenti stereotipati e inculcati loro dai mass media con finalità e metodologie studiate a tavolino e finalizzate a reprimere l'esercizio della riflessione e della disamina critica. Inorridisco quando vedo i giovani (fortunatamente non tutti) muoversi come capre, con lo stesso taglio di capelli e lo stesso abbigliamento, seguendo passivamente la moda e l'imbonitore di turno. E, a ben pensarci, questo mio senso di ribellione è stato il principale motivo della mia discesa in campo in politica. Da padre e da pediatra, innanzitutto. Certamente nessuno meglio di Silvio Berlusconi ha saputo fare propria, interpretare e mettere a frutto la teoria della coltivazione. Traendone, allo stesso tempo, vantaggi economici, politici e giudiziari. Non sono certamente casuali ma strategiche e finalizzate ad un disegno ben preciso di obnubilamento delle coscienze l'abolizione delle preferenze, la dequalificazione delle funzioni e dell’immagine del Parlamento- troppo spesso ridotto a ratificare decreti leggi e ricattato da continui ricorsi al voto di fiducia-, gli annunci di riforme che vorrebbero consentire il voto in aula solo ai capigruppo, il tentativo di delegittimare le Istituzioni (Carta Costituzionale, Corte Costituzionale, Presidente della Repubblica) e la Magistratura. Non è un caso l’ostinata determinazione di voler condurre il Paese ad un Presidenzialismo forte. In buona sostanza, da grande venditore, imbonitore di coscienze e profondo conoscitore delle debolezze umane italiche, Silvio Berlusconi ha applicato in politica la teoria della coltivazione. A noi che ci opponiamo, con un sussulto e un moto di ribellione che ci montano irrefrenabili dalle viscere e dal cuore, a questo pensiero, che si vorrebbe unico o quanto meno dominante, ci è consentito dire che stiamo conoscendo e subendo un fascismo moderno, imposto non con la clava ma con la perversa e strategica occupazione di menti, Istituzioni, mass-media? Ci è consentito dire che tale fascismo moderno si regge ormai solo sul ricatto di quanti, giornalisti e politici (della propria parte e non solo) sono scesi a compromessi con il grande imbonitore per vantaggi personali, politici, professionali, imprenditoriali e giudiziari? E come dimenticare le intimidazioni (ricordo la vicenda Boffo, i continui attacchi a Fini, i falsi dossier sugli avversari politici) messe in atto dal braccio armato mediatico del premier e subite da quanti hanno provato a porre un freno a questa irrefrenabile volontà egemonica? E le richieste di risarcimento spropositato ai giornali che si sono permessi di porre domande, come pure l'accantonamento di giornalisti scomodi o la pretesa di imporre un uomo "affidabile" alla Presidenza della Commissione di vigilanza RAI, non sono segnali di decadimento della democrazia? Bene, se le coscienze di altri son sopite, le nostre sono ben deste e allertate. Noi non vogliamo essere nè adepti nè vittime della teoria della coltivazione. Ci fa orrore. Perciò saremo tutti al NO-BERLUSCONI-DAY e, sono certo, se davvero non ci saranno Bersani e i dirigenti del Partito Democratico, saranno invece presenti e arrabbiati tanti elettori del Partito Democratico.

EMILIO IANNOTTA
Pediatra