San Nicola la Strada. Sono note a tutti le “arringhe” che hanno visti protagonisti in questi ultimi anni gli esponenti del Comitato Emergenza Rifiuti al cospetto degli organi istituzionali per condannare gli scempi perpetrati all’ambiente e difendere il diritto alla salute di duecentomila cittadini del comprensorio San Nicola la Strada-Caserta-Maddaloni-San Marco Evangelista.L’ultima è datata mercoledì 15 luglio e si è tenuta davanti alla Commissione parlamentare sui rifiuti, dove il ComER è stato ammesso ad una importante audizione che la dice tutta su quanto siano riconosciute, e pesino, le sue competenze in materia.Ecco, in tutta la sua intierezza, il comunicato stampa che Antonio Roano, il recente nuovo presidente della storica associazione ambientalista, ha diramato per sancire un’altra fondamentale tappa per la definitiva “conquista”, da parte dei residenti che ne respirano l’aria, di un territorio che sembra ancora appartenere al diavolo.
«Tra le associazioni ambientaliste del territorio casertano, anche il Comitato emergenza rifiuti è stato ammesso all’audizione davanti la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, che si è tenuta il 15 luglio presso la prefettura di Caserta. Quali rappresentanti accreditati sono intervenuti l’agronomo dott. Giuseppe Messina, e la sig.ra Giovanna Maietta. Nel presentare alcuni documenti concernenti la situazione delle discariche casertane, ed in particolare quella già sequestrata de Lo Uttaro, e quella della Cava Mastroianni, prevista nel decreto 90/08, i rappresentanti delle associazioni hanno fatto presente che ogni soluzione del problema ambiente non può che passare attraverso il coinvolgimento delle popolazioni interessate, sia nella fase di progettazione sia nella fase di attuazione delle linee programmatiche decise dagli organi istituzionali, quali la regione, la provincia e i comuni. La scelta dei siti da destinare a discarica o ad altri impianti collegati al ciclo dei rifiuti non deve essere più frutto di un imposizione “legislativa” calata dall’alto e priva di concreti elementi di verifica sulla idoneità tecnica dei siti destinati ad ospitare un impianto di rilevante impatto sulle popolazioni interessate, anche perché se organi dello Stato accertano la inidoneità di una zona, fino a inserirla tra i “siti di interesse nazionale” da bonificare, non è possibile che altri organi (o addirittura in alcuni casi gli stessi in tempi diversi) continuino a prevedere in quelle stesse zone altri e nuovi siti di raccolta e deposito rifiuti, come è successo per Lo Uttaro e per la Cava Mastroianni. Le associazioni ambientaliste non intendono perpetuare la logica del “NIMBY” (non nel mio giardino), ma farsi promotore di una corretta logica ambientale, che va dalla diminuzione della produzione e del consumo del materiale non riciclabile, all’accelerazione di una spinta raccolta differenziata, per evitare i possibili rischi alla salute derivanti dall’utilizzo di discariche non controllate ed abusive, come ne esistono a migliaia in questa regione, e dall’incenerimento come unica conclusione del ciclo dei rifiuti. E’ stata quindi sollecitata la Commissione parlamentare non solo a verificare l'attuazione delle normative vigenti in materia di rifiuti, ma anche ad analizzare i comportamenti della pubblica amministrazione e le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali, nonché ad indagare sul rapporto tra il ciclo dei rifiuti e le organizzazioni criminali, che come è stato evidenziato dalle ultime indagini della magistratura campana, spesso è intervenuta non solo nella gestione degli impianti, ma anche ed addirittura nell’individuazione dei siti in cui impiantare i siti di stoccaggio, le discariche o gli stessi inceneritori, e tutto ciò ovviamente contribuisce a minare la credibilità delle istituzioni da parte della collettività. E’ stato poi chiesto una modifica della legislazione sia in termini di ripristino di una normale logica partecipativa, come richiesto dalle normative comunitarie, sia in termini di cancellazione della Cava Mastroianni dall’elenco delle discariche da aprirsi, e ciò a seguito di un accurato esame, pure consegnato alla Commissione, da cui si deduce che l’impiantistica già in essere in Campania, ed in particolare nella Provincia di Caserta, è ampiamente sufficiente per contenere rifiuti indifferenziati, e rifiuti di altro genere, nonostante la limitata percentuale di raccolta differenziata ancora raggiunta in Campania. E’ questo comunque ancora lo snodo fondamentale da cui partire per evitare ulteriori crisi emergenziali: far rispettare le leggi non solo, per la costruzione di discariche e bruciatori, ma anche e soprattutto per imporre più alte percentuali di raccolta differenziata. Nella relazione si è infine accennato al problema delle cave e dei cementifici che circondano in particolare la città di Caserta, che, seppure sottoposte a vincoli legislativi ambientali e paesaggistici, continuano ad essere interessate ad attività estrattive incontrollate ed addirittura di incenerimento, e rischiano così di produrre ulteriori elementi di inquinamento del territorio, che interessano gran parte della popolazione di Caserta e delle zone limitrofe». L’agronomo Giuseppe Messina, il pluriacclamato cofondatore del ComER nonché responsabile di Legambiente Caserta, noto anche per diverse pubblicazioni sul “fenomeno” rifiuti in Campania, ha, ovviamente, portato a corredo del suo intervento una serie di documenti che, spiegando dettagliatamente, come suo solito, tutti gli aspetti della vicenda rifiuti nella nostra regione, specialmente in Terra di Lavoro, sfociano in proposte concrete che sarebbe un delitto trascurare.«Sento la necessità di considerare che ci troviamo di fronte a due Italie che non si conoscono e non si capiscono», dice Messina rivolgendosi ai membri della commissione bicamerale di inchiesta in una mail, successiva all’incontro, in cui annuncia l’invio degli atti completi dell'audizione e delle proposte del Comitato. «La questione principale da noi è la malavita organizzata (abbiamo un unico datore di lavoro che è la camorra) che abita con noi e non risparmia con la sua presenza nessun Palazzo, così come l'informazione. Se volete fare subito qualcosa, proponete al parlamento di approvare una legge nella quale si stabilisca che se una persona è riconosciuta come mafiosa, bisogna togliergli automaticamente la patria potestà (la famiglia è la loro forza) e allontanare i figli e affidarli a famiglie sconosciute e lontane. Nel Gattopardo, ad un certo punto il Principe Salina disse a proposito del cambiamento dei siciliani che già ad undici anni era troppo tardi. Togliere la patria potestà ha la stessa valenza che togliergli i soldi. Sulla scia dell'operato di Falcone e Borsellino ritengo questa legge essenziale. Sono convinto, tuttavia, che per la così grande e articolata partecipazione e consenso sociale che viene attribuito alle mafie, non si potrà sconfiggerla con i soli sistemi che il metodo democratico ci impone. Dovete capire che qui siamo in guerra. Una vera guerra e chi è sconfitto paga con la vita».
«Tra le associazioni ambientaliste del territorio casertano, anche il Comitato emergenza rifiuti è stato ammesso all’audizione davanti la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, che si è tenuta il 15 luglio presso la prefettura di Caserta. Quali rappresentanti accreditati sono intervenuti l’agronomo dott. Giuseppe Messina, e la sig.ra Giovanna Maietta. Nel presentare alcuni documenti concernenti la situazione delle discariche casertane, ed in particolare quella già sequestrata de Lo Uttaro, e quella della Cava Mastroianni, prevista nel decreto 90/08, i rappresentanti delle associazioni hanno fatto presente che ogni soluzione del problema ambiente non può che passare attraverso il coinvolgimento delle popolazioni interessate, sia nella fase di progettazione sia nella fase di attuazione delle linee programmatiche decise dagli organi istituzionali, quali la regione, la provincia e i comuni. La scelta dei siti da destinare a discarica o ad altri impianti collegati al ciclo dei rifiuti non deve essere più frutto di un imposizione “legislativa” calata dall’alto e priva di concreti elementi di verifica sulla idoneità tecnica dei siti destinati ad ospitare un impianto di rilevante impatto sulle popolazioni interessate, anche perché se organi dello Stato accertano la inidoneità di una zona, fino a inserirla tra i “siti di interesse nazionale” da bonificare, non è possibile che altri organi (o addirittura in alcuni casi gli stessi in tempi diversi) continuino a prevedere in quelle stesse zone altri e nuovi siti di raccolta e deposito rifiuti, come è successo per Lo Uttaro e per la Cava Mastroianni. Le associazioni ambientaliste non intendono perpetuare la logica del “NIMBY” (non nel mio giardino), ma farsi promotore di una corretta logica ambientale, che va dalla diminuzione della produzione e del consumo del materiale non riciclabile, all’accelerazione di una spinta raccolta differenziata, per evitare i possibili rischi alla salute derivanti dall’utilizzo di discariche non controllate ed abusive, come ne esistono a migliaia in questa regione, e dall’incenerimento come unica conclusione del ciclo dei rifiuti. E’ stata quindi sollecitata la Commissione parlamentare non solo a verificare l'attuazione delle normative vigenti in materia di rifiuti, ma anche ad analizzare i comportamenti della pubblica amministrazione e le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali, nonché ad indagare sul rapporto tra il ciclo dei rifiuti e le organizzazioni criminali, che come è stato evidenziato dalle ultime indagini della magistratura campana, spesso è intervenuta non solo nella gestione degli impianti, ma anche ed addirittura nell’individuazione dei siti in cui impiantare i siti di stoccaggio, le discariche o gli stessi inceneritori, e tutto ciò ovviamente contribuisce a minare la credibilità delle istituzioni da parte della collettività. E’ stato poi chiesto una modifica della legislazione sia in termini di ripristino di una normale logica partecipativa, come richiesto dalle normative comunitarie, sia in termini di cancellazione della Cava Mastroianni dall’elenco delle discariche da aprirsi, e ciò a seguito di un accurato esame, pure consegnato alla Commissione, da cui si deduce che l’impiantistica già in essere in Campania, ed in particolare nella Provincia di Caserta, è ampiamente sufficiente per contenere rifiuti indifferenziati, e rifiuti di altro genere, nonostante la limitata percentuale di raccolta differenziata ancora raggiunta in Campania. E’ questo comunque ancora lo snodo fondamentale da cui partire per evitare ulteriori crisi emergenziali: far rispettare le leggi non solo, per la costruzione di discariche e bruciatori, ma anche e soprattutto per imporre più alte percentuali di raccolta differenziata. Nella relazione si è infine accennato al problema delle cave e dei cementifici che circondano in particolare la città di Caserta, che, seppure sottoposte a vincoli legislativi ambientali e paesaggistici, continuano ad essere interessate ad attività estrattive incontrollate ed addirittura di incenerimento, e rischiano così di produrre ulteriori elementi di inquinamento del territorio, che interessano gran parte della popolazione di Caserta e delle zone limitrofe». L’agronomo Giuseppe Messina, il pluriacclamato cofondatore del ComER nonché responsabile di Legambiente Caserta, noto anche per diverse pubblicazioni sul “fenomeno” rifiuti in Campania, ha, ovviamente, portato a corredo del suo intervento una serie di documenti che, spiegando dettagliatamente, come suo solito, tutti gli aspetti della vicenda rifiuti nella nostra regione, specialmente in Terra di Lavoro, sfociano in proposte concrete che sarebbe un delitto trascurare.«Sento la necessità di considerare che ci troviamo di fronte a due Italie che non si conoscono e non si capiscono», dice Messina rivolgendosi ai membri della commissione bicamerale di inchiesta in una mail, successiva all’incontro, in cui annuncia l’invio degli atti completi dell'audizione e delle proposte del Comitato. «La questione principale da noi è la malavita organizzata (abbiamo un unico datore di lavoro che è la camorra) che abita con noi e non risparmia con la sua presenza nessun Palazzo, così come l'informazione. Se volete fare subito qualcosa, proponete al parlamento di approvare una legge nella quale si stabilisca che se una persona è riconosciuta come mafiosa, bisogna togliergli automaticamente la patria potestà (la famiglia è la loro forza) e allontanare i figli e affidarli a famiglie sconosciute e lontane. Nel Gattopardo, ad un certo punto il Principe Salina disse a proposito del cambiamento dei siciliani che già ad undici anni era troppo tardi. Togliere la patria potestà ha la stessa valenza che togliergli i soldi. Sulla scia dell'operato di Falcone e Borsellino ritengo questa legge essenziale. Sono convinto, tuttavia, che per la così grande e articolata partecipazione e consenso sociale che viene attribuito alle mafie, non si potrà sconfiggerla con i soli sistemi che il metodo democratico ci impone. Dovete capire che qui siamo in guerra. Una vera guerra e chi è sconfitto paga con la vita».
(Nella foto:Giuseppe Messina, Giovanna Maietta e Antonio Roano)
Fonte:www.corrieredisannicola.it