27 maggio 2009

La “filiera” del pane chiede un più puntuale impegno al Governo.


Crisi economica, calo del consumo del pane di qualità, permanente incertezza del prezzo del
grano. Questi i punti critici della “filiera del pane” evidenziati da di Maurizio Marchetti,
Presidente dell’Associazione che riunisce in una rete nazionale i paesi e le città che trovano nel
pane tipico un punto di forza della propria tradizione, cultura e attività Per superare la crisi
globale in atto, l’Associazione Città del Pane invoca una politica complessiva chiara e coerente,
proponendo al Governo di:
- emanare in tempi brevi il regolamento per il riconoscimento e la tutela del pane fresco
previsto espressamente dalla legge n. 248/2006 di conversione del «decreto Bersani»;
- emanare nuovi schemi di qualità certificata riconosciuti a livello nazionale e compatibili con
la normativa comunitaria per offrire - al fianco delle Dop, Igp e Stg - uno strumento di tutela
e sviluppo anche per le altre produzioni agroalimentari italiane di qualità, come la Francia con
il label rouge;
- garantire per i pani tradizionali la “filiera produttiva”, con un’attenzione particolare alle
condizioni della produzione dei grani e delle strutture produttive sia della molitura che della
panificazione, con l’obiettivo di pervenire ad un contratto di filiera che garantisca a tutti i
componenti soglie adeguate di redditività.
“Il drastico calo dei consumi di pane fresco artigianale dovuto alla crisi” - avverte Luca
Vecchiato, presidente della FIPPA (Federazione Italiana Panificatori) - “è rafforzato dallo stato
di incertezza dei consumatori, impossibilitati a distinguere il pane presurgelato venduto nella
Gdo da quello fresco proprio per la mancata emanazione di un regolamento che definisca la
differenza tra pane fresco e gli altri tipi di pane”. Il presidente della Cia, Giuseppe Politi,
segnala la nuova crisi cerealicola, dovuta agli aumenti vertiginosi dei costi dei fattori di
produzione (soprattutto i concimi rincarati del 60% nei primi mesi di quest'anno), mentre i
prezzi di mercato si registra una caduta libera, anche del 40-50% rispetto al 2008. Le semine
sono ai minimi storici e si assiste ad un vera e propria invasione di prodotti stranieri con
quotazioni molto basse, ma anche di qualità inferiore. “Vi è il rischio concreto” - prosegue Politi
- “che per molti pani tradizionali, in particolare quelli certificati, non si trovino, in quantità
sufficiente, le farine specifiche indicate dai rispettivi disciplinari di produzione”.
L’estate scorsa l’Associazione Città del Pane si è assunta l’iniziativa per un incontro, insieme
alle Associazioni nazionali panificatori, con il Ministro delle politiche agricole e forestali e
ritenendolo - essendo un agricoltore - vicino ai problemi della filiera e competente per le
conseguenti soluzioni, capace di mettere mano alla materia ed avviare rapidamente a
soluzione i problemi sul tappeto, anche quelli residuali di competenza del Ministero
dell’Economia. Ma la sensazione, ad anno di distanza, è che in tale Ministero si continui a
ritenere meritevoli di interesse solo le grandi, poche, produzioni dell’agroindustria, confinando
in un limbo di incertezza tutte le altre numerose produzioni che rappresentano invece
un’occasione vera di sviluppo per le realtà rurali e montane del Paese.