29 dicembre 2011

Novità in materia di processo previdenziale

Il Decreto legge 98/2011, convertito nella legge 111/2011, contiene una decisiva novità in materia di processo previdenziale. La nuova disciplina ha vigore a partire dal 1° gennaio del 2012.
L'articolo 38 del decreto legge n. 98/2011 introduce un nuovo articolo 445 bis del codice di procedura che obbliga le parti, prima di iniziare il procedimento giudiziario ordinario, a svolgere la perizia medica preventiva sulle condizioni sanitarie del soggetto che chiede il riconoscimento di una invalidità civile, della sordità civile, delle proprie condizioni di handicap e disabilità, della pensione di inabilità e dell’assegno di invalidità.
La norma coinvolge le controversie previdenziali, e assistenziali (vengono espressamente menzionate quelle che abbiano ad oggetto invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap, disabilità, insieme a quelle di pensione di inabilità e di assegno di invalidità di cui alla legge n. 222 del 1984). Sembrerebbero incluse, alla luce di una interpretazione sistematica e coerente con la ratio della novella, le controversie aventi ad oggetto l'indennità di accompagnamento.
Si è, dunque, introdotto l’obbligo di chiedere, con ricorso diretto al Tribunale competente, l’esperimento di un accertamento tecnico preventivo ovvero consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis del codice di procedura civile.
L'istanza non deve contenere la mera richiesta dell'accertamento delle condizioni sanitarie dell'interessato, con riferimento alle prestazioni che si intendono domandare nell'eventuale giudizio. La giurisprudenza, pronunciandosi sull’istituto previsto dall’art. 696bis, ha escluso che possa accedersi ad una generalizzata ammissibilità della richiesta CTU preventiva (Tribunale Milano sez. X civ., 13 aprile 2011). Il collegamento funzionale e la strumentalità della CTU preventiva con il successivo (eventuale) giudizio di merito postula che il Giudice ne valuti l’ammissibilità e la rilevanza “in relazione ai presupposti processuali ed alle condizioni dell'azione, nonché a tutti i residui profili che possano rendere di fatto inutile (perché non utilizzabile in alcun giudizio di merito) l'accertamento da effettuare” (Tribunale di Palmi, sent. 25/1/2011).
Dato il richiamo all’art. 696bis c.p.c. anche al nuovo procedimento ex art. 445bis c.p.c., nel ricorso deve essere indicata l’azione che si intende esercitare nell’eventuale giudizio di cognizione, mediante l’esposizione sommaria delle domande o eccezioni alle quali la prova è preordinata (articolo 693 c.p.c).
Questo accertamento consiste nella perizia, eseguita da un consulente medico di fiducia del Tribunale, che verifica le condizioni di invalidità oggetto della contesa.
L’effettivo svolgimento dell’accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità
della causa. L’improcedibilità deve essere eccepita dalla parte convenuta a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.
Il giudice ove rilevi che l’accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, deve assegnare alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell’istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso.
Depositata l'istanza di accertamento tecnico preventivo, il Giudice dovrebbe emettere un decreto con fissazione della data dell’udienza.
La parte dovrebbe notificare il decreto all'ente previdenziale ed al consulente tecnico d'ufficio.
All'udienza di comparizione delle parti e di conferimento dell’incarico peritale il Giudice dovrebbe emettere un'ordinanza la indicazione delle operazioni peritali, della trasmissione alle parti della bozza redatta dal consulente tecnico d'ufficio e del deposito dell’elaborato peritale ex art. 195 codice procedura civile.
La legge prevede che l’avvio della procedura di accertamento preventivo debba essere notificata all’Inps da parte del consulente incaricato direttamente al direttore della sede provinciale competente; una volta effettuata questa notifica (anche in via telematica) (articolo 10 del decreto legge 30 settembre 2005, numero 203, convertito nella legge 2 dicembre 2005 numero 248, comma 6 bis).
Concluse le operazioni peritali, il Consulente Tecnico di Ufficio dovrebbe trasmette alle parti la bozza di relazione, le parti nel termine concesso potrebbero proporre delle osservazioni, il consulente tecnico d'ufficio dovrebbe redigere la relazione tenendo conto delle osservazioni e dovrebbe depositare l'elaborato nel termine assegnato.
Depositata la relazione di consulenza, il Giudice dovrebbe emettere un decreto con cui sollecitare le parti di dichiarare per iscritto, entro un termine perentorio non superiore a trenta giorni, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico. La dichiarazione deve essere resa con atto scritto depositato in cancelleria.
1) Se nessuna delle parti dichiara di opporsi alle conclusioni del perito, il Giudice emana, entro ulteriori trenta giorni, un decreto con il quale omologa l’accertamento del requisito sanitario. Il Giudice dovrebbe provvedere secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del C.T.U.; con il decreto il Giudice deve anche disporre il pagamento delle spese.
Dovrebbe, in tal caso, comunque applicarsi l'art. 152 disp. att. c.p.c. L'art. 38 assoggetta ad un medesimo regime processuale le controversie previdenziali e quelle assistenziali; lo stesso art. 152 nella prima parte fa espresso riferimento ad ambedue le tipologie di controversie. Identica è, dunque, la regolamentazione delle spese, con la conseguenza che, se l'accertamento sia negativo per
la parte istante e versi nelle condizioni per essere dispensata dal pagamento delle spese, dovrà applicarsi il normale di esonero
In ordine all'ultima parte dell'art. 152, che fissa il limite delle spese, competenze ed onorari in misura non superiore al valore della causa, l'art. 38 dispone che a tal fine la parte ricorrente, a pena di inammissibilità del ricorso, deve formulare apposita dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, quantificando l'importo relativo nelle conclusioni dell'atto introduttivo. Per atto introduttivo deve, allora, intendersi anche l'istanza per l'accertamento tecnico preventivo (Ianniruberto Giuseppe, DAL DIFFERIMENTO DELLA DECADENZA NELLA LEGGE "MILLE PROROGHE" ALLE NORME PREVIDENZIALI NELLA LEGGE PER LA STABILIZZAZIONE FINANZIARIA Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, Ottobre 2011).
Mediante l’omologa, le conclusioni del perito diventano inoppugnabili, e non possono essere modificate dal Giudice. Il decreto del Giudice che omologa le conclusioni della perizia devono essere notificate agli enti previdenziali entro 120 giorni. Una volta ricevuta la notifica, gli enti devono pagare la prestazione corrispondente alle condizioni sanitarie accertate. Gli enti, però, dovrebbero verificare che sussistano gli altri requisiti ulteriori rispetto a quello sanitario, e quindi potrebbero rifiutare il pagamento della prestazione.
In questo caso la parte interessata alla prestazione, decorsi i 120 giorni. in caso di mancata erogazione della prestazione, potrebbe proporre un nuovo giudizio dinanzi al Giudice competente per il pagamento della prestazione.
2) Se una delle parti, entro il termine di trenta giorni dal deposito dell'elaborato peritale, dichiara di contestare le conclusioni del C.T.U., la parte che ha reso la dichiarazione di contestazione può avviare la causa ordinaria entro il termine perentorio di trenta giorni dal deposito della dichiarazione di dissenso.
Il ricorso introduttivo del giudizio deve indicare in maniera specifica, a pena di inammissibilità, i motivi per cui si contesta la perizia medica.
L'articolo 445 bis c.p.c. dispone che la richiesta di espletamento dell’accertamento tecnico interrompe la prescrizione.
Nulla il testo normativo indica in ordine alla decadenza. Tale omissione determina una serie di problemi interpretativi ed applicativi.
La domanda finalizzata ad ottenere in sede giudiziaria la prestazione richiesta e negata in via amministrativa può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di sei mesi dalla comunicazione del provvedimento. Si incorrerebbe nel rischio che tale termine possa essere superato nelle more della definizione del procedimento per accertamento tecnico preventivo, con la conseguenza che il successivo ricorso potrebbe essere dichiarato inammissibile.
Il Codice civile prevede che non si possono applicare alla decadenza dalle norme relative all'interruzione della prescrizione, così come quelle che si riferiscono alla sua sospensione, salvo che non sia disposto altrimenti dalla legge o da un contratto (articolo 2964). Secondo l'articolo 2966 del Codice Civile la decadenza non è impedita se non dal compimento dell'atto previsto dalla legge o dal contratto. In questo caso non esiste una fonte contrattuale che attribuisca la facoltà ad una delle parti di compiere un determinato atto che possa impedire il decorso della decadenza.
E' improbabile che le procedure di accertamento tecnico preventivo si concludano in un arco di tempo così breve da determinare da determinare l'omologa del decreto o da consentire il ricorso giudiziario ordinario a seguito di formulazione di dissenso sulle conclusioni della perizia nel volgere di sei mesi dal ricevimento di comunicazione per il rigetto della domanda.
Allo stato sembrerebbe utile depositare, nello stesso momento, sia istanza per accertamento tecnico preventivo sia il ricorso ordinario. In tale ipotesi, dunque, il Giudice dovrà sospendere il processo per consentire l'accertamento tecnico preventivo; la parte, però, non incorrerà in alcun tipo di decadenza dall'azione.
L’art. 27 lett. f della Legge di stabilità n. 183 del 12 novembre 2011 è intervenuto sull’articolo 445-bis e ha ripristinato la disposizione già contenuta dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, poi eliminata in sede di conversione, che stabilisce l’inappellabilità delle sentenze rese a conclusione del giudizio sorto in esito alle contestazioni delle parti rispetto alle conclusioni del consulente tecnico.
Napoli-Caserta, 29-12-2011

Studio Legale Carozza