08 aprile 2011

LETTERA APERTA DEL PROF. FUSCO AL PREFETTO DI CASERTA E AI VESCOVI CAMPANI PER PROPORRE L’ACCOGLIENZA DEGLI IMMIGRATI NEI PICCOLI COMUNI.


PIEDIMONTE MATESE. Il Prof. Marco Fusco (nella foto)ex presidente del consiglio generale della Comunità Montana del Matese, ha scritto una lettera aperta al Prefetto di Caserta e alla Conferenza Episcopale Campana proponendo di accogliere gli immigrati nei piccoli comuni. Santa Maria Capua Vetere, il campo dei disperati. Proprio così. Ai Vescovi della Conferenza Episcopale Campana(CEC) mi rivolgo, ribadisce il Prof. Fusco, perché facciano propria la proposta del presidente della Commissione episcopale per la giustizia, i problemi sociali e il lavoro, monsignor Giancarlo Maria Bregantini:”Creare dei luoghi di accoglienza nei piccoli paesi rurali per distribuire piccoli gruppi di immigrati. Ripopolerebbero i nostri paesi come è accaduto nel cinquecento e nel seicento. Potrebbe essere la linea vincente anche se di complicata applicazione, ma è l’unica soluzione che vedo.” Ancora il presule oggi vescovo di Campobasso, ha sottolineato che non bisogna “buttare indietro gli immigrati, né dare la colpa indiscriminatamente alle popolazioni dei luoghi di approdo”. Bisogna rivedere la legge sul lavoro, oltre che assicurare permessi temporanei. Mi rivolgo anche al signor prefetto di Caserta perché istituisca un tavolo istituzionale per affrontare questa emergenza che riguarda Caserta e dintorni. Il prefetto, ribadisce Marco Fusco, cominci a valutare l’ipotesi suggerita da monsignor Bregantini, anche perché la presenza di immigrati nella sola città di Caserta è consistente e necessita di azioni solidali. Tanti sono i centri in via di estinzione nelle province di Caserta, Benevento e Avellino. La storia corre in aiuto. Il duca Romualdo(di Benevento) li accolse con gioia, assegnò loro per abitarvi vaste zone che fino a quel momento erano state abbandonate cioè città del beneventano, dell’isernino ed altre ancora con i loro territori ed ordinò che il loro condottiero Altzec, da duca diventasse gastaldo. Nella “Storia dei Longobardi” Paolo Diacono descrive così l’insediamento dei Bulgari in quella parte del Sannio, devastata da guerre e pestilenze. Vi erano stati inviati da Grimoaldo, re dell’Italia longobarda con trono a Pavia e padre di Romualdo. Non a caso, in quelle zone fu scoperta occasionalmente una necropoli, risalente a tredici secoli fa, che conferma la presenza di quella comunità slava, accolta a braccia aperte dall’Italia “longobardiana”. Dopo 1350 anni potrebbe ripetersi questa bella storia, non lontano da quel sito, sono già giunti in questi giorni oltre 200 tunisini( oggi territorio molisano), in fuga dalla loro terra, squassata dalle turbolenze addensatesi nelle scorse settimane sulla sponda africana dell’antico “mare nostro”. Nella tendopoli sono un piccolo numero, rispetto ai grandi numeri che formano il popolo dei disperati della Terra, senza un oggi e senza un domani. Certo la Campania dimostra d’essere sensibile all’accoglienza e, in modo particolare, Caserta città è abituata all’accoglienza anche grazie all’opera profetica dell’ex vescovo monsignor Nogaro. Ma a Santa Maria Capua Vetere è pur sempre un campo di disperati. Bisogna dire che la regione Toscana ha organizzato l’offerta migliore frazionando i 300 profughi in 10 siti, ha minimizzato la loro segregazione e razionalizzato la paura, per attenuare l’emergenza . Ma si avverte ovunque un bisogno, conclude il Prof. Fusco, che l’arcivescovo di Pisa, monsignor Benotto, sintetizza così:” un forte sussulto di solidarietà internazionale, perché in certe situazioni nessuno può pensare di essere al sicuro, mentre altri si trovano nell’emergenza della prima linea.” Ecco cari vescovi della Campania, caro vescovo di Caserta monsignor Pietro Farina, caro prefetto di Caserta, sposate la proposta Bregantini, ascoltate i primi cittadini dei comuni spopolati, ascoltate soprattutto il grido di dolore che si alza dal “campo dei disperati”.

Pietro Rossi