10 febbraio 2009

CHECK UP MEZZOGIORNO: AUMENTA IL DIVARIO NORD-SUD.


Caserta. Di fronte alle forti difficoltà che la crisi economica e finanziaria sta producendo su scala internazionale, il Mezzogiorno si presenta ancora con il suo pesante fardello di problemi irrisolti. E se fino a qualche tempo fa uno scarso inserimento di questa parte del Paese nell’economia globale la teneva parzialmente al riparo dagli eventi negativi esterni, oggi la “protezione” derivante dall’isolamento è meno attiva e l’intreccio fra perduranti problemi strutturali e la crisi globale rende l’economia meridionale più fragile ed esposta. Questo è il messaggio che emerge dal Check up Mezzogiorno, una “guida” aggiornata alla lettura dei principali indicatori economici e sociali territoriali, curata dal Comitato Mezzogiorno di Confindustria e dall’IPI (Istituto per la Promozione Industriale). Con un ricco corredo di grafici e tabelle sono analizzati i principali indicatori socio-economici su scala territoriale anche attraverso confronti internazionali: dalle principali grandezze macroeconomiche al mercato del lavoro; dalla struttura produttiva all’internazionalizzazione; dalle infrastrutture e ambiente alla formazione e innovazione; dalla qualità della vita agli incentivi erogati attraverso i principali strumenti agevolativi. “La crescita del PIL si è fermata – osserva Cristiana Coppola, Vice Presidente di Confindustria – e con essa si assiste alla fine del lento processo di convergenza che aveva caratterizzato il Mezzogiorno nella seconda metà degli anni Novanta. Rallenta inoltre il processo di accumulazione, fino ad annullarsi per la componente più “industriale” degli investimenti in macchine ed attrezzature e, contemporaneamente, anche la domanda delle famiglie presenta una dinamica molto più contenuta rispetto al resto del Paese”. In effetti il divario, misurato in termini di PIL pro-capite rispetto al Centro-Nord, oltrepassa oggi i 42 punti percentuali e nel confronto con gli altri paesi europei il reddito per abitante del Sud è superato ormai non solamente da Spagna, Grecia e Portogallo, ma anche da alcuni Paesi di nuova adesione come Repubblica Ceca, Slovenia, Malta e Cipro. E, ancora: rimane forte il flusso migratorio del Mezzogiorno (annualmente, il 2 per mille della popolazione) e gli investimenti esteri non solo non crescono, ma sono addirittura in calo, facendo registrare una riduzione di circa 7 mila occupati nelle imprese a partecipazione estera. Infine, resta invariato il divario infrastrutturale, fermo a 25 punti al disotto della media nazionale, esattamente come avveniva all’inizio di questo decennio. Vi sono tuttavia significativi segnali positivi provenienti dal mondo delle imprese meridionali. Le medie imprese mostrano nel periodo 1996-2005 indici di sviluppo nettamente più favorevoli per quanto riguarda fatturato, export e occupazione rispetto a quelle del Centro Nord; le imprese medio-grandi (con più di 250 addetti), fanno registrare una redditività non dissimile da quella delle imprese centro-settentrionali delle stesse dimensioni. Risultati altrettanto positivi sono riscontrabili nel gruppo di aziende che esporta verso l’Africa settentrionale, tra le quali per la prima volta quelle meridionali sopravanzano quelle del Centro Nord; e nelle imprese connesse mediante collegamento a banda larga, che rappresentano ormai il 70% del totale (erano il 25% solo quattro anni fa). “Questi dati dimostrano – commenta Cristiana Coppola - che il tessuto produttivo meridionale, pur tra tante difficoltà, è vivo e vitale, a dispetto di un contesto che politiche scarsamente incisive non riescono a rendere elemento d’impulso per le attività di mercato, e di una pubblica amministrazione che occorre trasformare da fattore di “intermediazione impropria” ad efficiente realizzatore di programmi ed oculato gestore di risorse nazionali ed europee. E’ su questa vitalità e sulle forze migliori del Mezzogiorno che si deve far leva se si vuole portare il Sud Italia e l’intero Paese fuori dalle secche della crisi economica e consentirgli di vincere con le sue forze la sfida della competizione”.

Fonte: Confindustria Caserta