COMA, una condizione che colpisce numerose persone e coinvolge le famiglie, che
spesso sono impreparate a gestire le problematiche legate al prendersi cura di
un soggetto in stato vegetativo. Per essere vicini proprio a loro, ai
caregiver, ovvero coloro che si prendono cura del malato, l'
Associazione “Gli amici di Eleonora Onlus” (www.gliamicidieleonora.it) e Neuromed (www.neuromed.it) firmano e
presentano, lunedì 10 febbraio dalle
ore 10.00 alle ore 13.00 presso la Sala Multimediale al IV piano della Clinica
sita in via Atinense, 18, un protocollo d’intesa.
Primo step
di questo protocollo è l’attivazione di un Punto Coma, sportello
informativo messo a disposizione delle famiglie dei pazienti in stato vegetativo e di minima
coscienza per ricevere :
- assistenza sanitaria, informazioni su
ospedalizzazione e accoglienza pazienti;
- informazioni circa le associazioni dei familiari
e iniziative di volontariato;
- fornire una guida ai diritti di INVALIDITÀ
CIVILE E HANDICAP;
- attivare l’ assistenza domiciliare, ausili
tecnici, permessi per mobilità,
- ottenere agevolazioni fiscali, consigli
circa le buone pratiche di riabilitazione.
Lo sportello avrà un
numero verde dedicato 800 123 973 a
cui sarà possibile chiamare dalle ore 8:00 alle ore 20:00 e una casella e-mail info@gliamicidieleonora.it
a cui tutti potranno rivolgersi. “Per
la nostra Associazione, inaugurare il Punto Coma presso l’IRCCS Neuromed di
Pozzilli è motivo di grande soddisfazione – afferma il Presidente
dell’Associazione “Gli amici di Eleonora” Margherita Rocco - soprattutto
all’indomani del 4° Anniversario della Giornata
Nazionale degli Stati Vegetativi.
La firma del protocollo d’intesa tra la nostra Associazione e il
prestigioso IRCCS Neuromed, unico vero Centro d’eccellenza per la cura delle
gravi cerebrolesioni dell’Italia Centro-meridionale, ci permette di fare quel
salto di qualità nell’assistenza alle persone in Stato Vegetativo e alle loro
famiglie, da sempre auspicato ma fino ad oggi materialmente non realizzato, se
non in poche realtà del Nord. Questo passaggio è fondamentale per dare una
concreta speranza alle famiglie che spesso si sentono abbandonate al loro
destino dalla comunità.”
“ Sono pazienti che
richiedono una presa in carico globale. Non ci si deve focalizzare solo sulle
prestazioni da ricevere nella fase di ricovero – afferma il Dr. Michelangelo
Bartolo, Responsabile della U.O. C.
Neuroriabilitazione IRCCS Neuromed –
In questi casi bisogna aiutare e
supportare non solo il paziente ma andare incontro alle esigenze dell’individuo
e della famiglia. Una sinergia tra strutture sanitarie e associazioni è doverosa.
Soprattutto in un periodo in cui dilaga la crisi economica, questa
partnership può essere utile per trovare dei percorsi che possano riempire dei
gap importanti nella presa in carico del paziente in stato vegetativo. Possiamo
individuare percorsi e alleanze che abbiano come risultato finale quello di
assicurare una continuità di cura soprattutto nella fase di post
ospedalizzazione del paziente e individuare percorsi di assistenza domiciliare
mirati al trattamento, specifici per questa
tipologia di pazienti. È auspicabile che
nella riorganizzazione del Sistema Sanitario Nazionale ci sia anche una
concreta organizzazione del percorso riabilitativo”. Parteciperanno
all’evento numerosi esponenti dell’ Ital Uil
e fisioterapisti e gli studenti di fisioterapia del Neuromed. Per
comprendere quanto sarà importante il punto coma per le famiglie riproponiamo
un bellissimo intervento che è giunto alla pagina FACEBOOK dell’ ISTITUTO
NEUROLOGICO MEDITERRANEO NEUROMED):
“Tutto ciò che non si conosce rende ogni
comportamento più difficile nelle scelte. La vita vegetativa è una nuova forma
di vita che poche, anzi pochissime, persone conoscono anche fra i normali
“addetti” ai lavori che sono i rianimatori, i medici, gli infermieri, i
terapisti – afferma un’ utente di Facebook commentando il social Network
dell’Istituto Neuromed - Vengono date informazioni alle volte sbagliate,
non chiare, confuse che spesso aumentano il disorientamento e la disperazione.
Se, al contrario, si hanno delle buone conoscenze è più facile capire, fare
delle scelte giuste, trovare maggiore conforto e sicurezza e soprattutto
costruirsi delle ragioni, delle spiegazioni che aiutino a superare un momento
così difficile. Infine si riducono notevolmente l’ansia, la paura che si
provano davanti a tutto ciò che appare misterioso;
il rapporto tra il familiare e l’équipe, che ha preso in cura il paziente deve essere il migliore possibile se si vuole ottenere il risultato di collaborare attivamente al recupero del paziente. Molto spesso questo rapporto è difficile, non solo perché i medici, gli infermieri ed i terapisti danno delle risposte che non soddisfano, ma anche, e soprattutto, perché i familiari non sanno fare le domande giuste e assumono atteggiamenti di poca fiducia, di sospetti, che rendono l’attesa ancora più angosciosa per tutti e che nascono dalla confusione e dalla disperazione nelle quali vengono a trovarsi, specialmente quando le cure sono lunghe e passano molti mesi senza una luce. In questi casi trovare un’ equipe che stabilisce un clima di serenità e di fiducia nei confronti del paziente e del familiare è fondamentale. La grave preoccupazione per la vita del loro caro, dopo molte settimane e mesi di malattia con aspetti misteriosi, induce molto spesso sconforto, disperazione e insopportabile dolore che non trova conforto in niente, salvo i casi delle persone che hanno una grande fede religiosa e sono abituate a professarla da sempre e non solo in caso di necessità. I medici sono impegnati a curare i pazienti e non hanno non solo il tempo necessario, ma molto spesso neanche la capacità professionale, per farsi carico del dolore dei familiari. Secondo me possono farlo solo parzialmente, perché sono impegnati nell’ottenere il recupero della coscienza di chi gli è stato affidato e ha perso il bene più prezioso: la personalità. Non sempre sono disponibili supporti psicologici di sostegno, anche perché la vita vegetativa presenta veramente aspetti ancora oscuri, e personale specializzato in questo senso si sta formando negli ultimi tempi e poi è molto difficile trovare conforto nelle parole di estranei, specialmente quando sono frutto di un approccio che usa modalità e regole che vengono dal cervello e non dal cuore di chi vuole aiutarli. Siamo ben coscienti che le nostre capacità si applicano solo alle cure del corpo, ma in 10 anni di esperienza ho sentito una moltitudine di madri, padri, fratelli sorelle, mogli, mariti, fidanzati e amici che hanno cercato una strada per capire, sopportare, accettare una simile prova. Alcuni di loro sono stati così bravi da aiutare non solo se stessi, ma anche noi, facendoci crescere molto nel nostro valore umano e non solo professionale. Questi grandi, rarissimi valori non devono rimanere patrimonio di poche persone capaci di splendide risorse umane, ma possono essere di grande aiuto a tantissimi altri che devono fare lo stesso percorso in questa spinosa via che conduce a dover conoscere una realtà nuova: la vita vegetativa.”
il rapporto tra il familiare e l’équipe, che ha preso in cura il paziente deve essere il migliore possibile se si vuole ottenere il risultato di collaborare attivamente al recupero del paziente. Molto spesso questo rapporto è difficile, non solo perché i medici, gli infermieri ed i terapisti danno delle risposte che non soddisfano, ma anche, e soprattutto, perché i familiari non sanno fare le domande giuste e assumono atteggiamenti di poca fiducia, di sospetti, che rendono l’attesa ancora più angosciosa per tutti e che nascono dalla confusione e dalla disperazione nelle quali vengono a trovarsi, specialmente quando le cure sono lunghe e passano molti mesi senza una luce. In questi casi trovare un’ equipe che stabilisce un clima di serenità e di fiducia nei confronti del paziente e del familiare è fondamentale. La grave preoccupazione per la vita del loro caro, dopo molte settimane e mesi di malattia con aspetti misteriosi, induce molto spesso sconforto, disperazione e insopportabile dolore che non trova conforto in niente, salvo i casi delle persone che hanno una grande fede religiosa e sono abituate a professarla da sempre e non solo in caso di necessità. I medici sono impegnati a curare i pazienti e non hanno non solo il tempo necessario, ma molto spesso neanche la capacità professionale, per farsi carico del dolore dei familiari. Secondo me possono farlo solo parzialmente, perché sono impegnati nell’ottenere il recupero della coscienza di chi gli è stato affidato e ha perso il bene più prezioso: la personalità. Non sempre sono disponibili supporti psicologici di sostegno, anche perché la vita vegetativa presenta veramente aspetti ancora oscuri, e personale specializzato in questo senso si sta formando negli ultimi tempi e poi è molto difficile trovare conforto nelle parole di estranei, specialmente quando sono frutto di un approccio che usa modalità e regole che vengono dal cervello e non dal cuore di chi vuole aiutarli. Siamo ben coscienti che le nostre capacità si applicano solo alle cure del corpo, ma in 10 anni di esperienza ho sentito una moltitudine di madri, padri, fratelli sorelle, mogli, mariti, fidanzati e amici che hanno cercato una strada per capire, sopportare, accettare una simile prova. Alcuni di loro sono stati così bravi da aiutare non solo se stessi, ma anche noi, facendoci crescere molto nel nostro valore umano e non solo professionale. Questi grandi, rarissimi valori non devono rimanere patrimonio di poche persone capaci di splendide risorse umane, ma possono essere di grande aiuto a tantissimi altri che devono fare lo stesso percorso in questa spinosa via che conduce a dover conoscere una realtà nuova: la vita vegetativa.”
Uff. Stampa Neuromed