SAN PIETRO INFINE. Gli occhi azzurro pallido di Herman Zerger hanno già visto tutto: dall’alto dei suoi 87 anni suonati il reduce della campagna d’Italia del 1943/44 può permettersi di incarnare la Storia vera, quella degli uomini che hanno, per sua bocca “combattuto per la libertà, non per gli Stati Uniti”. Veterano arzillo, con la sua inseparabile mimetica su cui campeggia orgogliosa la “T” della 36ma Divisione Texas, a cui era in forze presso il 141mo Reggimento, I Compagnia, l’uomo che fu soldato di libertà porta scavate in faccia le rughe di chi ha visto e dato la morte. Zerger è stato ospite per due giorni, in una sorta di tour turistico della memoria bellica, presso il Parco Museo della Memoria Storica di San Pietro Infine, piccolo centro in provincia di Caserta. Dire che la sua presenza, prima di partire alla volta di Anzio, dove pure ebbe modo di imbracciare il mitra Thompson e calpestare una terra impastata di fango, sangue e paura, ha dato forse il momento di più alto lustro per la Fondazione che a San Pietro Infine sta facendo della Storia un’occasione didattica unica, è poco. Sergente fuciliere con nerbo d’acciaio e tutte le paure che solo un coraggio immenso ti sanno dare, Zerger, appoggiato ad un bastone che pare puntellare il peso di ricordi troppo orribili da
sopportare solo con le gambe, è sceso dal resort “La terrazza sulla Storia” con il suo seguito, fra cui il signor Silvano, ex direttore del Museo Bellico di Anzio-Nettuno, col passo malfermo del vecchio e la baldanza tenerissima di chi, da queste parti, ha visto “piovere bombe che tranciavano gli arti all’altezza del ginocchio”. Si siede ad un tavolino, mi guarda negli occhi e mi dà una pacca sulla spalla degna del più vigoroso dei mandriani… salvo poi lasciar rotolare una lacrima quando, un po’ Caino, gli chiedo se ricorda di aver ucciso in battaglia dei tedeschi. Il rimorso ed il dovere in un unico, affatto sfocato, tremendo matrimonio, nozze da incubo che non potranno mai essere sciolte. Il veterano ha partecipato allo sbarco di Salerno (operazione Avalanche), per poi combattere come un forsennato a Montelungo e, nei giorni tremendi che andarono dall’8 al 17 dicembre 1943, rintuzzare casa per casa, forra per forra, le truppe della 36ma Hermann Goering che si apprestavano ad abbandonare San Pietro Infine dopo un olocausto che solo il popolo locale può ricordare… e il Museo preservare. Accolto dall’architetto Paolo Vacca, dalla direttrice del Museo Maria Antonietta Di Florio, dal presidente della Fondazione Fabio Vecchiarino e da un folto gruppo di cittadini e lavoranti del Parco-Museo, Zerger, che è stato insignito di numerosissime onorificenze militari e che è stato ricevuto da personaggi del calibro dei Presidenti Usa Clinton ed Obama, è stato poi accompagnato, con l’architetto Vacca a fare da eruditissimo Cicerone, nel Museo voluto, pensato da Carlo Rambaldi proprio per “santificare” l’equazione che passa per le emozioni e non per la didascalica enunciazione di questo o quel dato fatto bellico. E in un luogo di emozioni ricostruite lui, il veterano con gli occhi slavati che hanno un azzurro saggio e un po’ triste, si è sentito molto meno fenomeno da baraccone e molto più soldato che ha combattuto per rendere libero l’uomo. Le immagini evocative, i suoni, le scenografie fatte per smuovere l’anima e proiettarla verso luoghi che per molti di noi sanno di storia studiata e non di storia vissuta, hanno creato anche stavolta la magica alchimia del ricordo didattico, di quel monito affinché di guerre non ce ne siano più, mai più. “Qui a San Pietro Infine ricordo la gioia nel dare ai bambini chewing gum e cioccolata, ma anche il dolore di una popolazione distrutta nell’animo”– narra l’anziano ex combattente Usa del 141mo – i tedeschi li avevamo via via cacciati – incalza sulla balaustra della piazza che domina la stretta di Montelungo, il carnaio dove si immolarono più di 5000, fra tutti i combattenti . “Sul fiume Rapido – mi raccontava poco prima sotto il sole ancora clemente del mattino – è stato un massacro, abbiamo perso 2000 uomini”. Durante il tentativo di attraversamento del fiume cassinate all’altezza di Sant’Angelo in Theodice infatti, la 36ma divisione Texas perse quasi tutti gli effettivi cercando di guadare il fiume con dei barchini presi di mira dal maltempo e dai nidi delle mitragliatrici MG 42 delle truppe germaniche. Fu un vero massacro, un massacro che l’iride cerulea di Zerger conserva impressa come le foto di una volta, quelle dove il nitrato di argento fissa la scena… solo che quelle scene furono fissate da piombo laceratore di carni. “Ogni anno – ci racconta il veterano – teniamo due riunioni dei reduci della 36ma, ma siamo sempre di meno”. Il rammarico per l’incedere inflessibile di Padre tempo fa il paio, sotto quel petto ossuto con un cuore grande con la consapevolezza che, forse, l’unica vera forma di resurrezione è il ricordo delle nostre azioni. E qui, a San Pietro Infine, presso il Parco Museo della Memoria Storica, Zerger, che ha voluto fare anche un breve giro lungo le forre del vecchio centro dopo aver ricevuto dei fiori, immortale, lo è diventato per tutti noi, così come immortale è l’idea di pace quando essa viene innaffiata col sangue degli eroi.
Giampiero Casoni