L’Avv.
Cristina Cafferata (nella foto), Vice Presidente, per la Regione Liguria,
dell'associazione Lega Consumatori, espone le proprie considerazioni in relazione
all'app "Immuni" di cui all'art. 6 del D.L 28/2020 e
alle sue criticità, osservazioni effettuate sulla base della poca
documentazione ufficiale reperita.
1) Sul
tracciamento dei contatti
Occorre,
innanzitutto, soffermarsi sulla definizione di "contact tracing" e
sulle problematiche che potrebbero derivare dall'utilizzo del sistema Bluetooth
nel tracciamento dei contatti. Buona parte della popolazione, soprattutto
anziana, non possiede uno smartphone. Per tali soggetti, che sono risultati i
più colpiti dal Covid-19, risulterebbe necessario predisporre e testare
dispositivi alternativi, su base volontaria, nel più breve tempo possibile
vista la loro posizione di soggetti deboli, in modo che il servizio nazionale sanitario,
se necessario, possa intervenire in modo rapido e mirato. Si ci pone il dubbio,
inoltre, se l'uso del dispositivo suddetto possa far entrare in
"contatto" due vicini di casa separati da un muro, avendo il
Bluethoot su vari "dispositivi base" un raggio di circa 10 metri. In
caso di risposta affermativa appare evidente la difficile differenziazione tra
i "falsi contatti" e i "contatti potenzialmente
contagiosi", creando confusione ed allarmismo non fondato in una situazione
in cui non è facile prevedere la possibile evoluzione.
2)
Sull'accesso e sulla divulgazione dei dati
Devono
essere, poi, valutate le regole per l'accesso e la divulgazione dei dati e la
loro incisività (potenziale e pratica) sulla sfera personale del soggetto in
quanto sono molteplici sia i passaggi formali dei dati indicati sul D.L. che i
soggetti coinvolti nella raccolta delle informazioni. Tre gli aspetti da
evidenziare: occorre definire con precisione le casistiche di divulgazione dei
dati, la conservazione degli stessi e la finalità della raccolta pratica delle
informazioni in base ai differenti dati reperiti.
3)
Sulla profilassi in caso di "contatto" con soggetto risultato in
seguito positivo
La
potenziale positività segnalata all'utente dovrebbe essere prima accertata e
confermata per poi essere segnalata. Ma a chi? Agli altri soggetti che hanno
scaricato l'App? O al titolare del trattamento dati o ai vari organi d
controllo e consultazione? Sul sito del Ministero della salute si legge che
"Qualora il soggetto risulti positivo a seguito di un test,
l'operatore medico autorizzato dal cittadino positivo, attraverso
l'identificativo anonimo dello stesso, fa inviare un imput/messaggio di
alert per informare tutti quegli utenti identificati in modo anonimo che
sono entrati in contatto con lui". Tale passaggio risulta poco chiaro
mentre molte sono le incognite, compresa l'autorizzazione, da parte del
soggetto risultato positivo, al personale medico di divulgazione dei dati. Il
soggetto può rifiutarsi di fornire l'autorizzazione? Se questi elimina l'App, i
dati rimangono nel sistema? L'informativa iniziale privacy dovrebbe già
contenere l'autorizzazione suddetta senza che sia necessaria una successiva autorizzazione
in caso di positività di un soggetto al virus. Potrebbe esservi un problema
"vero" di privacy non essendo ben chiaro chi gestisca effettivamente la
raccolta e diffusione dei dati in considerazione dei molteplici passaggi
formali riportati nello stesso Decreto e se i dati stessi restino
effettivamente anonimi. Tale sistema risulterebbe, comunque, inefficacie senza
l'utilizzo di tamponi "attendibili" che dovrebbero essere previsti
anche come incentivo all'uso dell'applicazione "Immuni". I soggetti
che sono stati a "contatto" con utenti risultati positivi
risulterebbero danneggiati dalla stessa app scaricata volontariamente se gli
fosse imposto un periodo di autoquarantena (di cui dovrebbe essere stabilita la
durata) senza avere alcuna conferma del loro reale stato di salute e solo sulla
base di un "contatto" avvenuto tramite un'App. Si pensi alle grandi
città dove circolano migliaia di persone. Senza una determinazione specifica su
come affrontare le varie casistiche (sia a livello sanitario che per le
persone) si creano casi limite. Si pensi a cosa accadrebbe se, una volta finita
la quarantena senza che al soggetto sia stato fatto il tampone, questi uscisse
e ricevesse nuovamente la notifica di un "contatto" con soggetto
positivo al Covid-19. L'utente dovrebbe, nuovamente, sottoporsi ad un periodo
di quarantena con tutte le conseguenze lavorative e familiari che ne derivano e
così via per un numero illimitato e non quantificabile di casi e senza aver mai
saputo veramente se lo stesso sia "positivo" o meno. Ci si deve porre
un ulteriore quesito. Colui che ha avuto un "contatto" con esito
"positivo" al virus ma a cui non è stato ancora effettuato il tampone
e, pertanto, vi è incertezza sulla sua condizione di salute, deve informare a
sua volta gli utenti che hanno avuto un "contatto" con lui, creando
in questo modo una fitta rete di "contatti" di contagi non fondati? Quali
tutele vengono infatti disposte per coloro che scaricano volontariamente l'App
Immuni? Le persone devono essere invogliate a prevenire il contagio anche
attraverso l'uso della tecnologia e ciò può avvenire solamente se il Governo
dispone il tampone obbligatorio per coloro che sono risultati a
"contatto" con soggetti positivi. Cosa avverrebbe, poi, se colui che
riceve la notifica del "contatto" con soggetto positivo non rispettasse
la quarantena essendo un'app scaricabile volontariamente e anonima? Se si
effettuassero controlli "a tappeto" sui cellulari delle persone vi
sarebbe una loro violazione della privacy ma senza alcun tipo di controllo si
azzera l'utilità. Si pensi al caso (in questi mesi all'ordine del giorno) di
soggetti positivi che incuranti di tutto hanno continuato a circolare. Nel caso
in cui un soggetto positivo disinstallasse l'applicazione sarebbe possibile
risalire ai suoi dati per la tutela e prevenzione sociale? L'informativa
iniziale privacy dovrebbe contemplare con la doppia sottoscrizione
autorizzativa, la conservazione dei dati per le finalità ministeriali oggetto
di esame. L'App Immuni, per essere scaricata da un sufficiente numero di
persone al fine di ottenere il
risultato
richesto (non ritengo sufficiente il 60% indicato su svariati articoli online),
devono essere dati o resi disponibili ulteriori vantaggi alla comunità.
4) Sui
vantaggi dell'App "Immuni"
Alla
domanda quali sono i vantaggi di scaricare l'applicazione "Immuni" si
trova una difficile risposta in considerazione di quanto sopra, della
genericità del Decreto e della evidente mancanza di trasparenza sull'App.
Immuni. Le persone potrebbero essere invogliate a scaricare l'App in oggetto
se, ad esempio, questa fosse uno strumento utile di "salta fila" o
"corsia preferenziale" negli uffici pubblici o garantisse di effettuare
il tampone, oppure, a titolo esemplificativo, un bonus "per la spesa"
e/o buoni per "musei" o di interesse culturale. Si ritiene, infine,
di evidenziare la criticità della App "Immuni" dal punto di vista
costi-benefici: vista l'importante soglia monetaria stabilita per
l'implementazione della piattaforma (investimento iniziale di € 1.500.00,00) in
un periodo emergenziale e di instabilità economica a livello non solo nazionale
ma mondiale, è necessario che il Governo si impegni affinchè ne venga fatto un
uso ampio, soddisfacente ed utile per i fini designati quali il controllo del
contagio e la sua diffusione: senza incentivi all'utilizzo dell'App
"Immuni" ed un corretto sistema logico di applicazione e verifica dei
dati, si avrebbero talmente tanti dati fini a se stessi, neppure utili a fini
statistici. Si ritiene opportuna, infine, nella stessa app la misurazione dello
stato febbrile (ad esempio tramite infrarossi) per tutti i soggetti prima di
salire sui mezzi pubblici, di entrare nei negozi e nei posti di lavoro. Infine,
si segnala l'estrema genericità dell'art. 6 del D.L 28/2020 ritenuto dalla
scrivente lacunoso, soggetto a più interpretazioni, astratto ma con lo sforzo
di tutti noi, migliorabile.
Pietro
Rossi